Bioetica e Trattato di Lisbona: intervista con l'eurodeputato Carlo Casini
La difesa del vita umana, dal concepimento fino alla morte naturale, incontra sempre
nuovi ostacoli nell'attuale società. Nuove leggi, nuovi accordi, anche a livello internazionale,
sembrano muoversi in direzione opposta al rispetto del diritto alla vita, in particolare
di chi ancora non ha voce per reclamarlo. E' anche il caso dell'Unione Europea? Per
esempio, in tema di bioetica, il Trattato di Lisbona - in discussione in Europa -
potrà imporre agli Stati dell’Unione scelte politiche non condivise dai Parlamenti
nazionali? Luca Collodi lo ha chiesto all'eurodeputato Carlo Casini,
presidente della Commissione Affari Costituzionali del Parlamento europeo e presidente
del Movimento per la Vita in Italia:
R. – Assolutamente
no. Direi che questa è una questione chiarissima, che emerge proprio anche dallo stesso
Trattato di Lisbona e dalle prime interpretazioni autorevolissime che sono state date
– mi riferisco in particolare ad una sentenza della Corte costituzionale tedesca del
30 giugno scorso –, ma è già scritto nel Trattato di Lisbona ed era scritto anche
nei Trattati precedenti: la competenza dell’Unione Europea risulta solo dalle attribuzioni,
cioè dalle competenze che le vengono attribuite dai Trattati e non può estendersi
oltre a questo. In più, c’è un secondo limite: anche nel campo attribuito dai Trattati,
le materie di attribuzione, l’Unione Europea deve rispettare il principio di sussidiarietà.
Significa cioè che non può intervenire se non quando è assolutamente indispensabile
per realizzare un obiettivo che gli Stati, da soli, non potrebbero realizzare. Direi
quindi che siamo proprio tranquilli sotto questo profilo. Aggiungo che in materia
di diritto alla vita e di famiglia, il Consiglio europeo ha già fatto dichiarazioni
per tranquillizzare l’Irlanda e la Polonia, legate al Trattato di Lisbona, secondo
cui in nessun caso il Trattato con annessa Carta dei diritti fondamentali dell’Unione
può essere intesa come capace di vincolare gli Stati in materia di diritto alla vita
e di famiglia. Sarei quindi abbastanza tranquillo.
D.
– Ci sono però altri che non la pensano in questo modo, che non fanno quest’analisi
sulla Carta di Lisbona…
R. – Sì, ma in tutto il mondo
è in corso quella che Giovanni Paolo II chiamava “la congiura contro la vita”. Si
tratta di una congiura di carattere internazionale, che coinvolge anche organismi
internazionali e in questa ci sono molti aspetti: la propaganda dell’aborto, l’aiuto
ai rifugiati affinché possano abortire e soprattutto il tentativo di cancellare l’idea
che il concepito sia un essere umano e la possibilità di sperimentare sull’embrione,
che - se si allea in particolare con gli interessi economici - porta appunto a dire
che tutto è permesso perché tanto si tratta soltanto di un grumo di cellule. Bisogna
saper resistere a questa congiura, che probabilmente cercherà di sfruttare – e già
ora cerca di farlo - le risoluzioni già approvate al Parlamento europeo, all’Onu,
al Consiglio d’Europa affinché vengano invitati gli Stati a liberalizzare l’aborto,
a togliere qualsiasi limite alla procreazione artificiale, a consentire alla gente
di raggiungere qualunque obiettivo, anche attraverso la distruzione degli embrioni.
Queste però sono solo raccomandazioni, sono documenti che non hanno carattere vincolante
per gli Stati. Secondo me non dobbiamo dedurre da ciò che si deve aver paura dell’Europa;
l’Europa resta un grandioso progetto politico d’ispirazione cristiana, come cristiani
erano Eisenhower, De Gasperi e Schuman. Il problema è che bisogna ricostruire l’idea
di un’Europa che è la patria dei veri diritti umani e il primo diritto umano è il
diritto alla vita.