2009-10-31 14:16:24

Dieci anni fa la Dichiarazione cattolica-luterana sulla giustificazione. Il cardinale Kasper: Dio è e vuole unità


Una pietra miliare nel cammino verso l’unità dei cristiani: si celebra oggi ad Augusta, in Germania, il 10.mo anniversario della Dichiarazione congiunta della Chiesa cattolica e della Federazione luterana mondiale sulla dottrina della giustificazione. All’evento ecumenico partecipa anche il cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per l’Unità dei Cristiani. Il porporato pronuncerà un discorso, oggi pomeriggio, ai Vespri nella Cattedrale di Augusta. Intervento che è stato anticipato alla Radio Vaticana. Il servizio di Alessandro Gisotti:RealAudioMP3
“Dio è e vuole unità”, “vuole una sola Chiesa come strumento e segno dell’unità dell’umanità”: lo ribadisce con forza il cardinale Walter Kasper che denuncia: “la separazione delle nostre Chiese” è “una contro testimonianza del Vangelo”, “uno scandalo”. Il porporato tedesco rileva dunque il ruolo straordinario del movimento ecumenico, che, afferma, “non è opera dello spirito del liberalismo e dell’indifferentismo”, ma è “impulso dello Spirito di Gesù Cristo, dello Spirito Santo”. Per questo, è il suo richiamo, “dobbiamo rimanere fedeli all’opzione ecumenica; non vi sono alternative”. Opera dello Spirito Santo, sottolinea il cardinale Kasper, è anche la firma della Dichiarazione comune di Augusta che ha messo fine ad un contrasto durato quasi 500 anni. “Le critiche dissacranti in merito ad un apparente arresto nell’ecumenismo – avverte il porporato – e il miserevole disfattismo, che in termini ipocriti rilevano soltanto quanto ancora non è stato raggiunto, dimenticando quanto ancora negli ultimi anni ci è stato donato, è veramente nuda e cruda ingratitudine”. Bisogna, dunque, ringraziare di cuore Dio in questa celebrazione e ripetere quanto detto 10 anni fa in occasione della firma: “Ci siamo porti la mano ed ora non la lasciamo, non ci lasciamo più”.
 
D’altro canto, riconosce il capo dicastero vaticano, bisogna “essere realistici” e consapevoli che “la strada per raccogliere il popolo di Dio non è ancora terminata” ed anzi sulla via ci sono a volte anche dei macigni. “Fare finta di non vederli – aggiunge – non sarebbe soltanto irresponsabilmente incosciente”, ma sarebbe anche un “pericolo mortale” dagli effetti controproducenti. Cosa fare dunque? Il cardinale Kasper mette l’accento sulla “conversione del cuore” senza la quale “non esiste ecumenismo”. E invoca una “nuova Pentecoste”, “un nuovo slancio, un nuovo entusiasmo ed un profondo rinnovamento spirituale”. Per questo, auspica che “l’ecumenismo sia anzitutto e soprattutto un ecumenismo della preghiera”. L’unità, ripete ancora una volta, “è un dono dello Spirito Santo e frutto della preghiera” che significa anche un ecumenismo della meditazione orante comune della Bibbia. Ecumenismo spirituale, afferma ancora, significa “ecumenismo dell’amore fattivo”, nella consapevolezza che “l’ecumenismo non è fine a se stesso; va oltre se stesso verso la riconciliazione, l’unità e la pace nel mondo”.

Per una riflessione sull’importanza della Dottrina della giustificazione e della Dichiarazione congiunta, Alessandro Gisotti ha intervistato don Angelo Maffeis, consultore del Pontificio Consiglio per la promozione dell’Unità dei Cristiani e membro della Commissione Internazionale per il dialogo cattolico-luterano:RealAudioMP3

R. – L’essenza di questa Dottrina si trova nella riflessione dell’Apostolo Paolo, che quando parla della Salvezza cristiana si serve appunto di questo concetto di giustizia per indicare che, nonostante il peccato, Dio salva l’umanità, la rende giusta. Quindi, l’accoglienza di questo dono di Dio attraverso la fede consente di accedere alla giustizia. Nel XVI secolo, proprio sull’interpretazione di questa dottrina di Paolo, si è manifestata una profonda divergenza che poi ha portato alle scomuniche reciproche. Il dissenso verteva sostanzialmente sulla comprensione di questa azione di Dio: e cioè se questa creatura rimane peccatrice oppure, come sosteneva la dottrina cattolica, questa creatura venga sostanzialmente rinnovata e, quindi, la grazia la trasforma e la rende una nuova creatura.
 
D. – Dunque, quali sono i punti salienti della Dichiarazione congiunta, firmata dieci anni fa ad Augusta, che davvero volta una pagina storica...
 
R. – Il punto fondamentale è in fondo un ritorno a leggere Paolo, la sua dottrina della Salvezza cristiana della giustificazione, insieme. E’ interessante la struttura di questo accordo, sottoscritto dieci anni fa, tra la Chiesa cattolica e le Chiese luterane, proprio perché al fondamento si pone una comune professione di fede, che riconosce come la Salvezza sia dono gratuito, totalmente dipendente dall’iniziativa divina e, al tempo stesso, sia una realtà che porta frutto nell’esistenza umana e quindi rinnova questa esistenza e impone una fedeltà appunto al dono ricevuto. In qualche misura quello che nel XVI secolo si è visto come alternativa, si è potuto vedere in termini complementari, come aspetti che non necessariamente devono essere visti in alternativa. E’ uno schema triangolare quello dell’accordo che viene formulato nella Dichiarazione congiunta. Al vertice superiore sta la comune affermazione di fede e poi nei due vertici inferiori c’è l’affermazione luterana e l’affermazione cattolica: un modello che riesce a far valere la comune professione di fede e insieme la possibilità di espressioni teologiche con categorie che sono diverse e che rispecchiano le due tradizioni.
 
D. – Si può, dunque, affermare che è stato rimosso l’elemento più significativo, se vogliamo proprio la fonte della separazione tra cattolici e luterani?
 
R. – Certamente, questo si può dire per una duplice ragione: primo, perché in fondo qui si tratta dell’annuncio cristiano della Salvezza, anche se forse la terminologia della giustificazione al credente medio oggi non dice più molto. La realtà di cui parla è la Salvezza cristiana e quindi il fondamento stesso della fede. Ed è un punto importante anche per il valore simbolico che ha avuto all’inizio dell’epoca della Riforma, perché nella tradizione luterana viene considerato l’articolo di fede su cui la Chiesa “sta o cade”. E proprio su questo si è raggiunto un accordo.







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