2009-10-31 15:03:53

Afghanistan. L'avversario di Karzai, Abdullah, minaccia di boicottare il ballottaggio


Si fa sempre più delicata la situazione politica in Afghanistan, in vista del secondo turno delle presidenziali del 7 novembre. Abdullah Abdullah - lo sfidante del presidente uscente, Hamid Karzai - si è detto pronto a boicottare la tornata se entro stasera non verrà azzerata la Commissione elettorale. Sul versante statunitense, consiglio di Guerra ieri alla Casa Bianca per decidere la strategia da adottare nel Paese asiatico. Il servizio di Marco Guerra:RealAudioMP3

Fallito qualsiasi tentativo di creare un governo di unità nazionale, in Afghanistan è ora a rischio il voto per il ballottaggio delle presidenziali, fissato per il prossimo 7 novembre. Abdullah Abdullah è infatti pronto a boicottare il ritorno alle urne nel caso il cui non dovessero essere soddisfatte alcune richieste riguardo al corretto svolgimento delle consultazioni. In particolare, Abdullah ha chiesto a Karzai le dimissioni del direttore della Commissione elettorale e la sospensione di tre ministri. Ma i colloqui tra i due leader si sarebbero interrotti dopo che Karzai ha respinto le richieste del rivale. L’eventuale boicottaggio fa tremare gli Stati Uniti, che attendono proprio l’esito del voto per varare la nuova strategia militare per l’Afghanistan ancora allo studio della Casa Bianca. Il ballottaggio “sarà legittimo anche in caso di boicottaggio di Abdullah”, ha sottolineato oggi il segretario di Stato Usa, Hillary Clinton. Intanto, ieri il presidente Barak Obama ha avuto un incontro con i suoi capi di Stato maggiore, ai quali ha chiesto di fornire diverse opzioni sull'aumento delle truppe, oltre a quella di 44 mila uomini avanzata dal generale Stanley McChrystal, comandante delle forze Nato e statunitensi nel Paese asiatico. Secondo la stampa americana, Obama è alla ricerca di un compromesso fra le proposte dei consiglieri civili e militari e potrebbe decidere l'invio di almeno 10 mila uomini.
 
Pakistan
Non si ferma la violenza nelle aree tribali del Pakistan. Almeno sette uomini delle forze di sicurezza di Islamabad sono stati uccisi e 11 feriti nell’attacco lanciato stamani nel distretto di Khyber, considerato una roccaforte dei talebani pakistani.

Iran
Ancora nulla di fatto sul nucleare iraniano. Teheran ha chiesto altro tempo per riflettere sul “progetto di accordo” dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica sull’arricchimento di uranio all’estero. L’agenzia iraniana Irna spiega infatti che quanto comunicato giovedì all'Aiea non è ancora la "risposta" definitiva. Lo stesso presidente Ahmadinejad ha auspicato oggi una proseguimento delle trattative con le grandi potenze, affermando che ciò “fa arrabbiare” Israele. La Casa Bianca - dal canto suo - ha risposto con prudenza, spiegando di non conoscere i dettagli della posizione iraniana, ma ricordando che la pazienza della comunità internazionale e del presidente Barack Obama non “è illimitata”.

Medio Oriente
Al via la missione del segretario di Stato Usa, Hillary Clinton, per rilanciare il processo di pace in Medio Oriente. Questa mattina, il capo della diplomazia statunitense ha incontrato ad Abu Dhabi il presidente dell'Autorità nazionale palestinese (Anp), Abu Mazen, il quale ha rifiutato la proposta americana per una ripresa dei negoziati di pace senza che ci sia il totale congelamento delle colonie israeliane. In serata, la Clinton si sposterà in Israele per incontrare il premier, Benyamin Netanyahu, il ministro degli Esteri, Avigdor Lieberman, e quello della Difesa, Ehud Barak. “Il fatto di essere qui, conferma la serietà con la quale stiamo affrontando il nostro progetto per far iniziare alle parti un negoziato che possa portare alla soluzione dei due Stati”, ha detto il segretario di Stato Usa alla Bbc.

Somalia
Non si arrestano gli assalti dei pirati nel Golfo di Aden, davanti alle coste della Somalia. Oggi è stato sequestato un vascello yemenita, dopo un duro scontro a fuoco che avrebbe causato la morte di almeno uno degli assalitori. Intanto, è di 7 milioni di dollari il riscatto chiesto per la liberazione di una coppia di coniugi britannici, rapiti venerdì scorso a bordo del loro yacht mentre viaggiavano dalle Seychelles verso la Tanzania. La comunità internazionale ha intensificato il pattugliamento delle acque somale, dove transitano circa 20 mila navi ogni anno. Massimiliano Menichetti ha raccolto il commento di Nicolò Carnimeo, docente di Diritto della navigazione e dei trasporti presso la Facoltà di Economia dell'Università degli Studi di Bari e autore del libro edito da Longanesi, ”Nei mari dei pirati”:RealAudioMP3

R. - Quest’anno, rispetto al 2008, c’è stato un aumento degli attacchi e dei tentativi di attacco - questo secondo dati dell’International Maritime Bureau - del 30 per cento. Il motivo per il quale oggi ne stiamo parlando, mentre quest’estate sembrava che il fenomeno stesse scemando, è perché questo tipo di pirateria è legata anche a fenomeni climatici: quando cala il monsone estivo, il mare rimane calmo per circa un mese ed è quello il momento nel quale i pirati somali portano il maggior numero degli attacchi. Direi che per altri 15-20 giorni si ripeteranno in maniera diffusa.

D. - La comunità internazionale interviene: da una parte la Nato, l’Unione Europea ma non solo, per cercare di pattugliare le acque del Golfo di Aden. E’ una strategia risolutiva?
 
R. - Il pattugliamento, pure se funziona nella situazione di emergenza, non può però mai essere risolutivo. Lei pensi che lo scenario è enorme, nel Golfo di Aden: si parla di 600 mila miglia quadrate. Oggi, a pattugliarlo, ci sono gli americani con la task force 151, c’è la flotta Atalanta, ma abbiamo solamente 50 navi. Per pattugliarlo tutto, efficacemente, ce ne vorrebbero 500. Poi, oggi i pirati hanno allargato ancora di più lo scenario, e quindi dal Golfo di Aden si sono spostati più a sud, al traverso delle Seychelles, dove oggi - anche se la stampa non lo riporta - è in corso una vera e propria guerra, poiché francesi e spagnoli hanno cominciato a piazzare uomini armati sui loro pescherecci. Altri episodi di pirateria si sono verificati verso il Mare Arabico. Quindi è evidente che lo scenario è diventato molto, molto vasto. Dobbiamo invece di fare degli accordi di cooperazione, in Somalia.
 
D. - Ma il governo federale di transizione in Somalia ha a che fare con una situazione sul territorio tutt’altro che stabile…
 
R. - Il potere, in Somalia, è assolutamente frammentato. Ci sono tutta una serie di micro-poteri ed è in mano - di fatto - a questi “signori della guerra”, che hanno anche la pirateria tra le loro attività economiche illecite. Controllano entità statali come il Puntland o il Somaliland, che sono regioni autoproclamatesi Stato ma che in realtà non lo sono: sono regioni autonome. Quello che bisogna fare è cercare di creare accordi con le forze sane del Paese. Mi auguro semplicemente che, soprattutto oggi, in Somalia venga fatto rispettare l’embargo sul commercio di armi, perché è da lì che poi parte tutto.
 
Darfur
Almeno 20 persone, fra le quali sei bambini e cinque donne, hanno perso la vita negli scontri tra tribù rivali nel nord della regione sudanese del Darfur. Lo ha reso noto il portavoce della forza mista di pace Onu-Unione africana nel Paese, Noureddine Mezne, precisando che i funzionari dell’Unamid si sono recati sul luogo degli scontri ed hanno incontrato i rappresentanti delle due tribù per avviare la riconciliazione.

Italia
Francesco Rutelli lascia il Partito democratico, del quale è stato uno dei fondatori. La decisione, maturata da tempo, è stata ufficializzata a seguito delle primarie che hanno eletto segretario del Pd Pier Luigi Bersani . In una intervista al Corriere della Sera, Rutelli definisce l’Udc di Casini interlocutore essenziale per il nuovo partito di centro. Il servizio di Giampiero Guadagni:RealAudioMP3

Quali fossero le sue intenzioni, Rutelli lo aveva scritto nel libro appena pubblicato dal significativo titolo “La svolta”. Oggi l’annuncio definitivo: “Lascio il Pd subito, con grande dolore”. Del Pd Rutelli è stato uno dei fondatori, avendo sciolto la Margherita di cui era leader. Ma il Pd che sognavamo, spiega, non è mai nato. Doveva essere un partito nuovo e invece è un ceppo del Pds; doveva riconquistare il centro della società italiana e invece approda nel socialismo europeo. Scelte legittime ma nelle quali non mi riconosco, aggiunge Rutelli. Che guarda ora a Casini. Lo definisce un interlocutore essenziale con il quale unire le forze democratiche, liberali e popolari, sino a creare in alcuni anni il primo partito italiano. Il percorso è lungo. Casini lavora alle prossime elezioni politiche, in agenda tra tre anni e mezzo: insieme a Rutelli, afferma il leader Udc, potremmo prendere 5 milioni di voti, vale a dire il 14%. Oggi, in un convegno a Roma, la prima uscita pubblica comune. E comune è anche la volontà di contrapporsi a populismo e xenofobia di destra; e a radicalismo e giustizialismo di sinistra. Con il Partito democratico, Rutelli intende dunque collaborare ma da postazioni diverse. Fassino esprime rammarico, convinto che nel Pd c’è spazio per le idee espresse da Rutelli. E’ quanto gli ha inutilmente assicurato anche D’Alema in un incontro di qualche giorno fa, nel quale i due ormai ex colleghi di partito hanno parlato anche della candidatura alla guida della politica estera europea dello stesso D’Alema. Il quale sul punto ieri ha manifestato gratitudine per l’appoggio annunciato dal governo Berlusconi, ma oggi osserva: è una partita complicata che riguarda tutti i 27 Paesi membri, non una questione che si risolva in Italia.
 
Daghestan
Nuove violenze nel Caucaso russo. In Daghestan, quattro ribelli sono rimasti uccisi questa mattina in uno scontro a fuoco con le forze dell’ordine. Secondo un responsabile della polizia locale, i miliziani avrebbero aperto il fuoco contro i poliziotti dopo essere stati fermati per un controllo dell’identità.

Filippine: quarto tifone in un mese
Nelle Filippine, sono almeno cinque i morti per il tifone Mirnae che ha investito la provincia orientale di Quezon, nell'area metropolitana di Manila. Oltre 100 mila persone sono state costrette ad abbandonare le loro case. Il nuovo tifone, il quarto in poco più di un mese, si è esteso fino alla periferia della capitale, e si muove ora verso il Vietnam. I voli internazionali da e per Manila sono bloccati, e in molte zone della provincia le linee elettriche sono saltate a causa della caduta di alberi e piloni. Una ricerca condotta dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) afferma che in questo mese 175 persone sono morte nella sola Manila a causa d’infezioni ed epidemie e che circa 1,4 milioni sarebbero a rischio contagio. I danni alle infrastrutture ammontano a 300 milioni di euro. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra)
 
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 304
 
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