Il Consiglio europeo ritiene che i Paesi più poveri avranno bisogno, per portare avanti
la lotta contro i cambiamenti climatici, di circa 100 miliardi di euro l'anno dal
2020. È quanto si legge nella bozza delle conclusioni del vertice Ue in corso a Bruxelles
che sulle spese per affrontare i cambiamenti climatici sembra aver trovato un accordo
di massima. Sulla base dell'accordo, l'Ue negozierà alla conferenza sul clima di Copenaghen
un pacchetto di aiuti internazionali ai Paesi più poveri di 100 miliardi di euro l'anno
tra il 2013 e il 2020, ma le cifre sulla quota europea saranno precisate solo dopo
che gli altri partner internazionali, in particolare gli Usa, avranno assunto impegni
comparabili. Anche sulla parte di aiuti per il cosiddetto “fast track” per il periodo
2010-2013 c'è un compromesso per i Paesi dell'Est: il contributo previsto (dai 5 ai
7 miliardi di euro l'anno) sarà dato in parte sulla base di un meccanismo volontario.
Ma il clima è solo uno dei temi del vertice: si è discusso di immigrazione e soprattutto
è emerso il via libera della Repubblica Ceca al Trattato di Lisbona, ultimo Paese
a ratificarlo. Si apre dunque davvero l’epoca nuova delle istituzioni riformate per
funzionare efficacemente a 27? Fausta Speranza lo ha chiesto a Andrea Bonanni,
editorialista per le questioni europee del quotidiano La Repubblica:
R. - Si direbbe
proprio di sì. Formalmente c’è ancora un ostacolo che è la decisione della Corte costituzionale
ceca che il 3 novembre dovrà decidere sull’ammissibilità di un ricorso presentato
da un gruppo di senatori del partito di Klaus ma c’è comunque l’impegno del presidente
della Repubblica ceca in base all’accordo che è sopraggiunto ieri di firmare il Trattato.
Quindi io penso che nel giro di pochissimi giorni il Trattato di Lisbona potrà entrare
in vigore.
D. - Tra i punti forti del Trattato di
Lisbona c’è una presidenza permanente, dunque due anni e non sei mesi e poi più poteri
all’Alto rappresentante per la politica estera. Davvero un passo in avanti?
R.
- Sì, sono due cariche, per il momento ancora devono essere riempite di contenuti
ma sicuramente sono un passo avanti. Il presidente del Consiglio dell’Unione Europea
intanto potrà dare continuità al lavoro del Consiglio europeo, cioè della riunione
dei capi di Stato e di governo che presiederà in modo permanente ponendo fine alle
rotazioni e quindi all’incertezza ai continui cambiamenti di priorità che ogni nuova
presidenza imponeva all’Unione Europea. Ancora forse più importante sarà il ruolo
del ministro degli Esteri, il cosiddetto ministro degli Esteri, che in realtà sarà
anche vicepresidente della Commissione quindi unirà i due cappelli della Commissione
del Consiglio europeo nella sua persona e che sarà a capo di un servizio diplomatico
unificato in cui entreranno a far parte sia funzionari europei sia anche diplomatici
nazionali dei vari Paesi e che sarà la macchina che farà funzionare la politica estera
europea.
D. – Andrea Bonanni, per la presidenza si
è tanto parlato di Tony Blair però a questo punto ancora i giochi sono aperti e se
la sente di farci un nome?
R. – Mi sembra difficile
fare un nome in questo momento anche perché il vero king maker di questa nomina, che
è la cancelliera Merkel, non vuole fare nomi finché non ci sarà una firma formale
del Trattato di Lisbona che prevede questa carica. Mi sembra che in corsa, a questo
punto, siano rimasti tre esponenti del Partito popolare europeo: uno è il lussemburghese
Junker che ha già detto apertamente di essere disponibile ma verso cui ci sono delle
perplessità francesi e gli altri due sono Balkenende, il primo ministro olandese,
e Schüssel, ex cancelliere austriaco. Mi sembra che in questo momento la rosa dei
nomi sia questa. Però naturalmente, siccome la decisione non verrà presa adesso, potrebbe
saltar fuori un outsider dell’ultimo momento.
D.
- Tra i punti di questo vertice c’era anche l’immigrazione: davvero sono state soddisfatte
le richieste di Francia e Italia di non essere lasciate sole sul Mediterraneo?
R.
– È molto difficile rispondere. Ci sarà un potenziamento di Frontex, l’agenzia che
dovrebbe controllare i flussi migratori, però questo potenziamento è già stato annunciato
molto volte e poi in realtà è rimasto sostanzialmente sulla carta. Io mi permetto
di dare un giudizio personale, ma resto abbastanza pessimista perché un conto sono
le dichiarazioni sempre un pò formali che ci sono in questi vertici e un conto poi
è la pratica quotidiana e nella pratica quotidiana abbiamo visto che per ora l’Europa
su questo campo rimane assente.