India: gruppi estremisti riconvertono seimila cristiani all'induismo
Almeno 6.000 cristiani sono stati riconvertiti all'induismo per l'opera del gruppo
dello Swami Narendra Maharaj. La cerimonia è avvenuta ieri a Thane, ad una cinquantina
di km da Mumbai (Maharashtra). Già nel recente passato il gruppo ha celebrato il ritorno
all’induismo di migliaia di neo-convertiti al cristianesimo. La riconversione all'induismo
è la missione specifica del gruppo guidato dal guru Narendra Maharaj. Due volte l’anno
essi organizzano cerimonie in grande stile per il ritorno alla religione tradizionale
dell’India. Il portavoce del gruppo afferma che con gli ultimi 6mila casi il numero
totale dei riconvertiti è giunto ormai a 94mila. Il fenomeno è molto diffuso nella
zona suburbana di Mumbai e i seguaci di Narendra Maharaj sono aiutati da diverse organizzazioni
nel lavoro di identificazione delle persone da riconvertire. Molti gruppi radicali
indù accusano le Chiese cristiane di operare conversioni forzate, attraverso favori
economici o lavaggio del cervello. Ma finora non è mai stato presentato davanti alla
legge alcun fatto concreto. Tali accuse servono però a giustificare cerimonie come
quella di Thana e le violenze che i cristiani continuano a subire. Sajan George, presidente
del Global Council of Indian Christians (Gcic), manifesta ad AsiaNews profondo disappunto
per la cerimonia di riconversione. Essa “mira a sconvolgere l’armonia” e “non solo
viene organizzata come uno spettacolo pubblico, ma viene anche annunciata con largo
anticipo”. Sajan George ricorda che “i cristiani vengono arrestati anche quando si
ritrovano a pregare nel privato delle loro case, o se solo distribuiscono letteratura
di contenuto religioso, nonostante questi siano diritti garantiti dalla Costituzione”.
La polizia agisce sulla base degli articoli 153a e 295a del Codice penale indiano.
Il primo punisce “la promozione di ostilità tra gruppi differenti sulla base della
religione” e “le azioni che pregiudicano il mantenimento dell’armonia”. Il secondo
articolo riguarda invece “atti deliberati e ostili che oltraggiano il sentimento religioso”.
George afferma che solo un intento discriminatorio può spiegare il comportamento dell’autorità
statale: zelante nell’impugnare queste leggi contro i cristiani e “muta spettatrice
quando viene sbandierata una riconversione all’induismo di 6mila persone”. Il presidente
del Gcic ricorda che le violenze degli estremisti indù contro i cristiani non si fermano.
Il 25 ottobre nel Madyha Prdaesh un pastore protestante è stato assalito da 11 estremisti
subito dopo le celebrazioni domenicali. Nello stesso giorno, 50 radicali indù hanno
fatto irruzione in un assemblea di fedeli nel Karnataka picchiando il pastore, bruciando
bibbie e minacciando tutti i fedeli. Nel 2009 il Gcic ha registrato centinaia di casi
di violenze contro i cristiani sparsi tra Karnataka, Andhra Pradesh, Madhya Pradesh
e Orissa. Questi ultimi due Stati, insieme a Chhattisgarh, Himachal Pradesh e Gujarat,
hanno in vigore una legge anti-conversione che obbliga le persone che intendono cambiare
religione a presentarsi presso le autorità pubbliche, motivare la loro scelta e provare
di non essere state costrette a cambiare fede. Nel caso del passaggio dall’induismo
al cristianesimo questa procedura è fatta rispettare alla lettera e talvolta utilizzata
per ostacolare la conversione. Quando il cambio di religione riguarda invece la scelta
o il ritorno all’induismo la procedura è aggirata e l’autorità pubblica non interviene
per farla rispettare. (R.P.)