Denuncia di mons. Migliore: i cristiani, la comunità più discriminata al mondo
La libertà religiosa continua ad essere ampiamente violata nel mondo: la denuncia
di mons. Celestino Migliore, osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni
Unite, intervenuto all’Assemblea generale dell’Onu, in corso nel Palazzo di Vetro
a New York. Il servizio di Roberta Gisotti.
A dispetto
di quanto “ripetutamente proclamato dalla comunità internazionale e specificato negli
strumenti legislativi internazionali, così come nella Costituzione di molti Stati”,
il diritto alla libertà religiosa “continua oggi ad essere ampiamente violato”, si
è rammaricato l’arcivescovo Migliore. Non c’è religione sul Pianeta “che sia libera
da discriminazione”. Atti d’intolleranza religiosa, sono “perpetratri in molte forme”
e innumerevoli sono i casi portati all’attenzione delle Corti e degli organismi che
si occupano di diritti umani. E se l’intolleranza religiosa aumenta nel mondo, i cristiani
sono il gruppo religioso maggiormente colpito – ha riferito il rappresentante vaticano
- tanto che sarebbero più di 200 milioni le persone, di diverse confessioni cristiane,
che subiscono discriminazioni sul piano legale e culturale. Ha
ricordato l’arcivescovo Migliore, i ripetuti attacchi registrati nei mesi scorsi in
alcuni Paesi asiatici e del Medio Oriente contro le comunità cristiane, che hanno
provocato morti e feriti, e visto bruciare chiese e case. Azioni “commesse – ha spiegato
il presule – da estremisti “in risposta ad accuse contro individui ritenuti - secondo
le leggi antiblasfemia - in qualche modo irrispettosi del credo altrui”. E, in questo
contesto la Santa Sede accoglie con favore “la promessa del governo del Pakistan di
rivedere ed emendare tali leggi”, che troppo facilmente danno opportunità agli estremisti
di perseguitare chi liberamente sceglie di seguire una diversa tradizione di fede.
Leggi che hanno favorito “ingiustizia, violenza settaria e violenza tra religioni”.
I Governi – ha chiesto l’osservatore vaticano - devono abrogare queste “leggi che
servono come strumenti di abuso.” Così anche “gli Stati dovrebbero astenersi dall’adottare
restrizioni alla libertà d’espressione”, che hanno spesso condotto le autorità a tacitare
“le voci dissidenti, specie quelle di individui appartenenti a minoranze etniche e
religiose”. Al contrario “l’autentica libertà d’espressione può contribuire ad un
più grande rispetto per tutti i popoli, così anche dare l’opportunità di denunciare
violazioni come intolleranza religiosa o razzismo e promuovere eguale dignità di tutte
le persone”. “Per questa ragione è imperativo – ha concluso il presule – che i popoli
di varie fedi religiose lavorino insieme per crescere nella mutua comprensione”. E,
qui ci vuole “un autentico cambiamento delle menti e dei cuori”.