Dopo la drammatica giornata di ieri a Baghdad, con il doppio attentato che ha colpito
la "zona verde" della capitale, provocando oltre 160 morti e circa 500 feriti, oggi
in Iraq è la giornata del dolore. Stamani sono stati celebrati i funerali delle vittime,
durante i quali forti contestazioni sono state indirizzate contro l’operato del premier
Nuri Al Maliki, al quale la popolazione ha chiesto maggiore sicurezza. Da parte sua,
il presidente iracheno Jalal Talabani ha convocato oggi una riunione allargata straordinaria
di sicurezza. Sulla situazione nel Paese del Golfo, Giancarlo La Vella ha intervistato
l'inviato speciale de "Il Sole 24-ore", Alberto Negri:
R. - Questo
episodio sanguinosissimo sottolinea una situazione: l’Iraq è tutt’altro che un problema
risolto, tutt’altro che un Paese stabile. Certo abbiamo "voltato la testa" da qualche
altra parte, verso l’Afghanistan, verso l’Iran, ma l’Iraq costituisce ancora un problema
per l’Iraq stesso e per tutta la comunità internazionale, anche se poi sul terreno
ci sono ancora 120 mila soldati americani che si sono ritirati a giugno dalle città
ma non da tutte. Questa situazione, cioè quella di uno Stato nazionale che continua
comunque a essere dilaniato da divisioni etniche e settarie, è una questione che non
riguarda soltanto l’Iraq ma riguarda molti altri Paesi della regione, dal Libano allo
Yemen anch’esso oggi devastato da una sorta di guerra civile che potrebbe diventare
un problema anche in futuro per Paesi multietnici come l’Iran. Insomma, si allunga
fino all’Afghanistan questo problema del mondo arabo e musulmano che non ha ancora
trovato una sua stabilità e una sua costituzione statale. D.
– Riuscire a mettere insieme le diverse anime irachene: è un problema che passa solo
attraverso una divisione dei poteri istituzionali ed economici? R.
– Secondo me, è un problema destinato a durare per molto altro tempo e lo vedremo
anche in occasione delle elezioni generali politiche previste il 16 gennaio, se non
verranno rinviate. Abbiamo capito che c’è la questione della divisione delle risorse,
ma anche dell’equilibrio tra gli sciiti a sud e i sunniti al centro e c’è oltre a
questo una divisione che ormai diventa sempre più profonda. Il mondo sunnita stesso
è molto frammentato, Al Qaeda comunque non è scomparsa, il radicalismo islamico ha
fatto proseliti. Non è semplice rimettere insieme i pezzi di questo Paese.