Migliaia di giovani a Roma per gli Stati generali dell'Antimafia
La mafia può essere battuta tenendo insieme la mobilitazione della società civile,
il risveglio delle coscienze e l'azione dello Stato. Lo ha detto il presidente della
Repubblica Giorgio Napolitano intervenendo ieri pomeriggio agli “Stati generali dell’Antimafia”,
organizzati a Roma dall’associazione Libera di don Luigi Ciotti. Sono arrivati in
migliaia nella capitale, soprattutto giovani, per partecipare a questo evento pensato
anche per rafforzare le strategie contro la criminalità organizzata. Alessandro
Guarasci:
Il presidente
Napolitano ha fiducia nel futuro. Il capo dello Stato fa notare che “la mafia ha trovato
il modo di crescere e svilupparsi, mentre contemporaneamente è molto cresciuta la
mobilitazione, la coscienza civile e l’azione dello Stato. Se teniamo insieme in sinergia
questi elementi penso che vinceremo”. D’accordo don Luigi Ciotti:
“E’ un momento complesso e difficile nel contrasto alle varie
forme di illegalità, di corruzione, alle mafie. E’ un momento in cui dobbiamo riconoscere
i passi fatti in avanti nell’arco di questi anni, il grande fermento di una società
civile responsabile, però il morso del più deve veramente oggi più che mai appartenerci
a tutti”.
Tra le testimonianze di ieri pomeriggio, quella di Stefania
Grasso che rappresenta i Familiari Vittime della Mafia. Eccola al microfono
di Giuseppe Petrocelli:
R. – La mia è una storia
semplice e non è tanto la mia storia, quanto la storia della mia famiglia, la storia
di mio padre, che viveva e ci ha educato a vivere nel rispetto di quei principi di
cui oggi io, grazie a Dio, sono ancora testimone: rispettare le regole, comportarsi
bene. Lui ci ha sempre insegnato che questo ci faceva vivere felici. La storia di
mio padre purtroppo non ha un lieto fine, perché è stato assassinato nel marzo dell’’89
sotto casa in maniera brutale. E noi siamo stati, purtroppo, in qualche maniera testimoni
di quello che succedeva, perché lui non ci ha mai nascosto che aveva delle richieste
estorsive, come non ci ha mai detto che i colpi che sparavano contro le vetrine del
nostro negozio erano dei botti di Natale. D. – Come si fa a
trasformare il dolore in impegno? R. – Questo è un merito che
ha avuto don Luigi, quando ha deciso di raccogliere tutti i familiari di vittime innocenti.
Ci troviamo e avvertiamo la necessità che quello che c’è successo non sia fine soltanto
alla nostra vita, ma che possa continuare anche ad esistere dopo che non avremo più
la forza di raccontarlo. D. – Cosa ti senti di dire a chi, soprattutto
giovane, pensa che la mafia sia una cosa lontana, che non ci riguardi... R.
– Lo pensavo anch’io e vivevo a Locri. Invece, tocca tutti e bisogna tenere gli occhi
aperti. La cosa più importante è di non farsi coinvolgere dalla mentalità della mafia,
non tanto dalla mafia come associazione a delinquere, ma da quella mentalità che ti
fa scambiare il diritto come favore. Tanti i giovani arrivati a Roma per
questo evento, e non tutti dalle regioni meridionali. Segno che la lotta alla mafia
è una questione nazionale. Sentiamoli: “Vogliamo costruire insieme una
comunità alternativa alle mafie e al malaffare”. “Testimoniamo una realtà
che non si può capire se si vive in altri posti, in altri contesti”. “Siamo
qui per cercare di cambiare qualcosa che per noi non è giusto”.
L’educazione,
la scuola, l’università, ribadisce don Ciotti, hanno un ruolo fondamentale nel formare
le coscienze.