Rispettare senza ritardi e scuse gli impegni per lo sviluppo: così mons. Migliore
all’Onu
La disoccupazione nei Paesi industrializzati è cresciuta negli ultimi 12 mesi tanto
da essere paragonabile al livello degli Anni ‘30. Lo ha ricordato mons. Celestino
Migliore, osservatore permanente della Santa Sede presso l’Onu, intervenendo alla
64.ma Sessione dell’Assemblea generale nell’ambito del dibattito sullo “sradicamento
della povertà e altre questioni di sviluppo”. Il servizio di Fausta Speranza:
Per
quanti hanno perso il lavoro la crisi non è certo superata: il suo costo sociale e
umano persiste. Mentre si plaude all’inizio di una ripresa dell’economia a livello
globale, mons. Migliore ricorda “l’acuirsi della povertà in un mondo già tenuto in
ostaggio da un’intollerabile miseria”. Lo fa sottolineando anche che la ripresa si
presenta molto lenta e senza garanzie che non ci siano ulteriori battute d’arresto
o contraccolpi. Mons. Migliore guarda agli ultimi decenni e denuncia “un declino dell’aiuto
allo sviluppo già prima dell’emergere della crisi economica” e “una mancanza di solidarietà
e responsabilità per gli effetti a lungo termine delle misure economiche”. Mons. Migliore
chiarisce il punto centrale del suo intervento: gli impegni sul piano internazionale
per lo sviluppo devono essere rispettati “senza ritardi e senza scuse”. Bisogna sradicare
le principali e strutturali cause della povertà. E cita diverse dichiarazioni ufficiali
di intenti degli ultimi anni, tra i quali quelli espressi a Copenaghen nel 1995, al
G8 del 2005 e anche il G20 di Londra a marzo scorso. Soltanto un investimento su tutti
gli uomini e le donne del mondo, a partire da un più vasto accesso all’istruzione,
potrà assicurare un minimo di stabilità economica e politica necessaria per il bene
comune di tutti. “Non può bastare – aggiunge mons. Migliore - il rilancio dell’economia
globale o l’istituzione di nuove regole e controlli che assicurino meno traumi nel
settore finanziario”. Piuttosto – spiega mons. Migliore - “è necessario ora più che
mai lavorare per un cambiamento nella gestione degli affari internazionali”.