2009-10-23 16:05:37

Nuovo no dei vescovi del Perù alla depenalizzazione dell’aborto


In una breve dichiarazione l’episcopato del Perù, ieri, ha lamentato che la Commissione del Congresso nazionale che si occupa delle riforme da introdurre al Codice penale abbia dato il via libera alla discussione sulla depenalizzazione dell’aborto. “Riteniamo, scrivono i vescovi, che questa decisione sia già di per sé una minaccia, seppure latente, al diritto alla vita di persone indifese e innocenti”. I presuli rivolgono a “tutti cittadini che devono prendere decisioni su questo tema” un appello per “misurare le terribili conseguenze” delle loro azioni e delle loro scelte. D’altra parte ricordano al Congresso e a tutte le autorità pubbliche, che questa decisione - che apre la strada alla legalizzazione dell’aborto seppure in condizioni particolari - “non riflette il sentimento del popolo peruviano, chiaramente schierato in favore della vita”. In considerazione di questi nuovi fatti, i presuli indirizzano a “tutte le persone di buona volontà” un’esortazione a “mantenersi in uno stato di allerta per difendere la vita di ognuno e di tutti dal suo concepimento fino alla morte naturale”. Lo scorso 13 ottobre, mons. Hector Miguel Cabrejos Vidarte, arcivescovo di Trujillo e Presidente della conferenza episcopale peruviana in una nota aveva già sottolineato che "il primo diritto di una persona è quello di vivere; a nessuno compete attribuirlo ad alcuni e privarlo ad altri”. “Se in Perù non c'è la pena di morte per i peggiori criminali – si chiedeva il presule - come è possibile che siamo in grado di accettare la pena di morte per un embrione che non ha nemmeno il tempo di commettere errori e non può neanche difendersi? È giusto tutto questo? È umano?”. Inoltre – affermava la nota di mons. Cabrejos Vidarte - “non è il riconoscimento da parte di altri a stabilire” chi gode del diritto di vivere e chi no, “ma qualcosa di precedente”: negare questo diritto è dunque una discriminazione, una vera e propria “ingiustizia”. La Costituzione peruviana – si legge nella nota - riconosce che la vita umana inizia dal concepimento, e sottolinea che il concepito è un soggetto di diritto a tutti gli effetti. E il più grande di questi diritti è proprio quello alla vita”. Quindi “nessun motivo può conferire oggettivamente il diritto di disporre della vita degli altri, anche nella sua fase iniziale”. “Anche il cosiddetto aborto terapeutico – rilevava il presidente dei vescovi del Perù - è la via ad una pianificazione sistematica eugenetica delle nascite” e “sta aprendo la strada ad una cultura dell’eutanasia” secondo la quale in determinate circostanze la vita “non è considerata degna di essere vissuta”. Anche nel caso tragico dello stupro – spiega - abortire significa considerare che “la vita della madre vale più di quella del bambino”. Invece “tutti gli esseri umani hanno la stessa dignità e uguale valore”. (L.B.)







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