Intervista con Mons. John Olorunfemi Onaiyekan, arcivescovo di Abuja (NIGERIA)
Sui contenuti del Messaggio finale del Sinodo Paolo Ondarza ha intervistato
il presidente della Commissione incaricata di redigere il testo, mons. John Olorunfemi
Onaiyekan, arcivescovo di Abuja in Nigeria:
R. – Il punto
centrale è che non possiamo accettare che la situazione in Africa continui così. Tutta
questa storia della povertà, delle malattie, delle guerre deve cambiare. Secondo,
è possibile cambiare! Per cambiare, però, tutti devono darsi da fare e dobbiamo cominciare
da noi stessi, dalla Chiesa, da come gestiamo le nostre diocesi. C’è poi anche la
responsabilità delle guide politiche dei nostri Paesi: non si può dire continuamente
che abbiamo sofferto la schiavitù, che abbiamo sofferto il colonialismo. Sì, ma sono
già passati 50 anni ed è già abbastanza per superare queste cose. Tanti capi di Stato
africani hanno fatto l’esperienza dei partiti unici e dicevano che questo era il modo
africano per reggere un Paese. Ma siamo nel 2009 e adesso abbiamo imparato che questo
non funziona. Vuol dire che dobbiamo accettare il sistema di democrazia multipartitico.
Ci sono dei Paesi dove c’è una democrazia multipartitica soltanto nel nome. Quando
non c’è una democrazia sincera, le cose non si muovono. Soltanto dopo possiamo parlare
anche delle ingerenze esterne.
D. – Lei dice che bisogna partire dall’Africa,
cioè da un lavoro interno all’Africa...
R. – Gli inglesi dicono “charity begins
at home”, la carità comincia in casa. Questo è un messaggio indirizzato principalmente
all’Africa e a tutti i settori della comunità africana, sia ecclesiale sia sociopolitica,
perché possiamo fare meglio di ciò che stiamo facendo.
D. – E se dovessimo
tracciare un bilancio di questo Sinodo sull’Africa...
R. – Forse il bilancio
dovrebbe essere tratto da quelli che dovranno studiare il lavoro che abbiamo fatto.
Io personalmente dico che abbiamo lavorato molto e credo che abbiamo fatto un buon
lavoro, ma non spetta a me correggere i miei compiti! Saranno altri a farlo.
D.
– Sono emerse delle novità, rispetto anche al primo Sinodo sull’Africa?
R.
– Sì, credo l’aspetto, per esempio, del dialogo con l’islam. Siamo stati più incisivi,
specialmente nei confronti di quei Paesi dove la libertà religiosa non è rispettata
e dove si accetta questa situazione come normale. Adesso abbiamo detto che non è giusto
e che si deve cambiare. Non sappiamo se cambieranno, ma so che quando cominceremo
a guardare quello che succede, specialmente nei Paesi del Maghreb, anche nello stesso
Egitto, si saprà se veramente hanno ascoltato il nostro messaggio.
In
seguito, sollecitato dai giornalisti nella Sala Stampa della Santa Sede, mons. John
Onaiyekan, presidente della Commissione per il Messaggio, ha espresso apprezzamento
per la recente Costituzione Apostolica per gli anglicani che desiderano entrare nella
Chiesa cattolica, approvata da Benedetto XVI. Dal suo canto, mons. Sarraf, vescovo
del Cairo dei Caldei, ha sottolineato come nelle Chiese Orientali, ad esempio in quella
egiziana, si registri una tendenza crescente al celibato sacerdotale. Infine, una
citazione speciale è andata a Julius Nyerere, presidente cattolico della Tanzania,
noto per la sua integrità e morto di leucemia nel 1999. La sua causa di canonizzazione
è già in corso, un atto che i Padri sinodali definiscono “incoraggiante”.