I Venerdì di Propaganda della Lev: Svidercoschi presenta il suo libro su Giovanni
Paolo II
Questo pomeriggio alle 17.30, a Roma, nell’ambito dei “Venerdì di Propaganda” promossi
dalla Libreria Editrice Vaticana, si svolgerà l’incontro con il giornalista e scrittore
Gian Franco Svidercoschi sul suo ultimo libro intitolato “Un Papa che non muore
- L’eredità di Giovanni Paolo II”, Edizioni San Paolo. L’appuntamento è presso la
Libreria Internazionale Paolo VI in Via di Propaganda 4. Su quest’opera ascoltiamo
lo stesso Svidercoschi al microfono di Luca Collodi e Rosario Tronnolone:
R.
– E’ diviso in tre parti. La prima parte riguarda l’elezione, il senso della specificità
del suo essere polacco, la sua diversità come Papa. Nella seconda parte tratto quei
cinque punti che, a parer mio, sono state le linee forza della sua missione. La terza
è l’eredità propria che lui ha lasciato, la testimonianza che ha dato con la sua vita
e poi la santità che ha vissuto giorno per giorno. E poi – ecco la novità, forse,
del libro – parlo della folla: del popolo di Dio che ha attraversato tutto il suo
Pontificato, accompagnandolo, e adesso continua ancora ad accompagnarlo visitando
la sua tomba, ogni giorno. E lì, io in qualche modo ho trovato il vero segreto di
Giovanni Paolo II, cioè quello di un Papa che ha fatto riscoprire all’uomo di oggi
il volto umano di Dio; che ha fatto capire che il primo rapporto tra l’uomo e Dio,
fra l’azione umana e la risposta di Dio avviene su questa terra. Allora, c’è questa
grande folla che accompagna la rilettura del Pontificato di Giovanni Paolo II.
D.
- Svidercoschi, volevo richiamare la sua attenzione sui viaggi di Giovanni Paolo II.
Lei ad un certo punto del libro racconta che Giovanni Paolo II aveva un atlante nel
suo appartamento...
R. – Lui aveva un atlante e
diceva che ogni giorno faceva un viaggio spirituale e dove andava poi a vedere, nell’atlante,
la diocesi, la città del vescovo o dei vescovi che lui il giorno dopo avrebbe ricevuto
in udienza. Lui era il Vicario di Cristo, era Pietro, ma nello stesso tempo era Paolo,
il grande viaggiatore. Era uno che aveva viaggiato prima, aveva sentito il bisogno
di viaggiare o – come lui diceva: non bisogna aspettare che i fedeli vengano in Piazza
San Pietro … Aveva bisogno proprio di questo rapporto fisico con la gente, lui aveva
bisogno di andare a vedere gli uomini, conoscere gli uomini - come disse una volta
agli africani - 'dove voi lavorate, dove voi soffrite, dove voi fate la vostra vita'.
E viaggi io li ho messi in un capitolo che fa, appunto, da accompagnamento ai cambiamenti
della storia. Quando il Papa ha incominciato a viaggiare, il mondo era ancora diviso
in due, c’erano due blocchi contrapposti che si facevano la guerra per interposti
popoli: la facevano in Africa, la facevano in Asia e in altre parti! E questo Papa,
invece, che andava in giro per il mondo a portare questa parola di speranza, certe
volte riusciva anche a cambiare le situazioni! E’ andato in giro per il mondo, ha
dato anche l’idea di una unitarietà che il mondo forse non concepiva: che i popoli
sono uniti, hanno un destino comune! Anche a questo credo che siano serviti i viaggi
del Papa. (Montaggio a cura di Maria Brigini)