2009-10-22 14:49:00

Rapporto Caritas-Zancan: famiglie italiane sempre più povere


La povertà assoluta ad oggi in Italia colpisce quasi due milioni e 900 mila cittadini, circa il 4,9% della popolazione. Un fenomeno che investe soprattutto il Sud e le famiglie numerose e monoreddito. Inoltre, nei centri d’ascolto Caritas, nel 2008 sono aumentati, del 20%, coloro che chiedono aiuto e cresce, di 10 punti percentuali, la presenza di italiani. Di questo si è parlato oggi a Roma alla presentazione del rapporto sull’esclusione sociale di Fondazione Zancan e Caritas. Ma in Italia gli aiuti forniti dallo Stato sono sufficienti? Ascoltiamo al microfono di Alessandro Guarasci, don Vittorio Nozza, direttore della Caritas italiana:RealAudioMP3

R. – C’è un investimento in termini economici piuttosto consistente: quasi sei miliardi messi a disposizione per l’assistenza sociale di tutti i cittadini, 98 euro per ciascuno. E’ il modo con cui sono impegnati che di per sé non dà frutto o non va nella direzione giusta. Il trasferimento di risorse economiche non in termini di distribuzione a pioggia ma in termini di implementazione, di arricchimento del territorio attraverso i servizi.

 
D. – Nei vostri centri continuano ad arrivare anche persone del ceto medio? E questa piccola ripresa che si dice che si inizia ad intravedere, voi ne avete qualche segnale?

 
R. – Al momento, noi abbiamo i segnali in senso inverso, cioè il segnale è che si incomincia a percepire ed a cogliere una presenza nuova, volti nuovi con bisogni antichi, con bisogni vecchi. Una presenza non solo dettata dalla persona in difficoltà, frantumata per storie diverse, ma una presenza di volti nuovi segnata soprattutto da famiglie, da famiglie che di per sé non avevano grandi problemi per poter vivere in maniera dignitosa ma che da un momento all’altro, perdendo reddito, perdendo posto di lavoro, si trovano in una situazione di precarietà che si spera possa essere il più breve possibile. Ma ritornare nel lavoro, ritrovare lavoro, aver l’opportunità di nuovo di guadagnarsi la propria vita in modo dignitosa, l’accogliamo come cosa piuttosto difficile.

 
D. – E’ normale, secondo lei, che la Chiesa in qualche modo debba poi sostituirsi allo Stato, soprattutto in momenti di crisi come questo?

 
R. – Sostituzione, no. E’ normale che, essendo la Chiesa parte di questa società, essendo la Chiesa in modo fortemente radicato attraverso le sue comunità parrocchiali, i servizi delle varie espressioni caritative e di promozione umana, è normale che compartecipi. Che tutto questo, però, debba essere messo in atto dentro un contesto istituzionale di fragilità, certamente non porta frutto: rischia di vanificare la stessa capacità di incontro, di relazione, di intervento, di sostegno a tante persone sempre più in difficoltà.







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