Intervento di Mons. Fortunato BALDELLI, Arcivescovo titolare di Bevagna, Penitenziere
Maggiore
S. E. R. Mons. Fortunato BALDELLI, Arcivescovo titolare di Bevagna, Penitenziere Maggiore
(CITTÀ DEL VATICANO) Intervento consegnato per iscritto ma non pronunciato in Aula.
Ringrazio
Dio per l’esperienza di Chiesa che stiamo vivendo in questi giorni del Sinodo, provvidenzialmente
convocato dal Santo Padre in risposta ad una richiesta dell’ episcopato africano. Nell’
Assemblea sinodale si riflettono le ansie e le speranze, i problemi e le attese dei
popoli dell’Africa e, in qualche modo, dei popoli della Terra. È la prima volta che
ho l’onore di partecipare ad un incontro ecclesiale di cosi grande respiro. Pur
nella grande diversità di situazioni e di contesti sociali, politici ed economici,
la Chiesa di Dio che è in Africa si sta dimostrando sempre più consapevole della sua
identità peculiare e della sua vocazione in questo delicato momento storico del Pianeta.
Come suggerisce il tema conduttore del Sinodo, la Chiesa africana, nelle sue varie
articolazioni, sta prendendo chiara coscienza del suo ruolo insostituibile nella promozione
della riconciliazione, della giustizia e della pace. La difficile situazione internazionale,
le difficoltà interne del Continente, i conflitti razziali, religiosi e politici,
le emergenze sanitarie e alimentari, nella loro drammaticità interpellano la Chiesa
in prima persona e chiedono ai Cristiani coraggio e impegno, testimonianza e condivisione. L’itinerario
della riconciliazione, della giustizia e della pace è lungo e delicato: chiede pazienza,
saggezza e lungimiranza, ma, soprattutto, chiede di fondarsi sulla roccia della fede,
di mettere le ali della speranza e di lasciarsi trascinare dalla segreta energia della
carità. La pace sarà frutto della giustizia e la giustizia si compie nel sostenere
le ragioni degli ultimi e dei poveri. Non ci sarà riconciliazione vera e duratura
se non saranno sanate le radici, a volte secolari, dei conflitti e delle ingiustizie,
se non saranno guarite le relazioni tra gruppi e tra etnie, se non saranno rigenerati
i cuori delle persone. La Chiesa in Africa è chiamata a manifestare la sua natura
di comunità riconciliata e riconciliante “per contribuire. a lenire le ferite di società
straziate dall’esperienza .di violenze, di conflitti e di guerre” (Instr. lab. n.
86). Nello Strumento di lavoro si indicano, molto opportunamente, i mezzi soprannaturali
che il Signore offre ai suoi figli in questo cammino faticoso, ma esaltante: la presenza
vivificante di Cristo, la Parola di Dio e i sacramenti. Vorrei sottolineare quanto
viene detto al numero 86 sul sacramento della. Riconciliazione: “Fedele al suo ministero
di riconciliazione dell’uomo con Dio e degli uomini fra loro, la Chiesa assicura ai
suoi figli e figlie il servizio del sacramento di penitenza, di riconciliazione e
di perdono. Attraverso la pratica abituale di questo sacramento, i cristiani testimoniano
che essi imparano a guardare in faccia la loro vita per confessare l’esperienza della
misericordia e della bontà di Dio verso la loro miseria, il loro peccato, le loro
mancanze d'amore”. È compito dei Pastori aiutare i fedeli a penetrare e vivere
la realtà profonda del sacramento della Riconciliazione come momento significativo
del loro cammino di conversione e come espressione personale della missione riconciliante
della Chiesa. L'opera di riconciliazione passa sempre attraverso il cuore dell 'uomo,
di ogni uomo perché la pace è un dono di Dio affidato alla responsabilità degli uomini
e solo la grazia sanante di Cristo - per il ministero della Chiesa - può rigenerare
il cuore dei fedeli e renderli creature nuove, artefici di pace, testimoni della giustizia.
I fedeli devono essere educati a guardare con sincerità la loro vita nella luce della
verità, ad aprirsi con fiducia ai sacerdoti, a celebrare spesso il sacramento della
riconciliazione, a portare frutti di conversione con la loro vita riconciliata. Sarà
importante anche fare attenzione a non creare confusione nella coscienza dei fedeli
con insegnamenti e opinioni divergenti, nella teologia, nella predicazione, nella
catechesi, nella direzione spirituale, circa questioni gravi e delicate della vita
cristiana. La cura dell’aspetto celebrativo, dando adeguata importanza alla Parola
di Dio proclamata e spiegata e adattando opportunamente il rituale alla mentalità
e la cultura dei diversi popoli africani, contribuirà a vivificare la pratica del
sacramento e a impedire che scada in un gesto formalistico e avulso dalla vita e dall’impegno
quotidiano del Cristiano. A questo proposito - come suggerisce lo Strumento di
lavoro - può essere fruttuoso dal punto di vista catechetico e pastorale, in particolari
circostanze avere celebrazioni comunitarie del sacramento della Riconciliazione. La
celebrazione comunitaria della Riconciliazione - si legge nell’ esortazione postsinodale
Reconciliatio et Poenitentia - “'proprio per il suo carattere comunitario e per la
modalità che la distingue, dà risalto ad alcuni aspetti di grande importanza: la parola
di Dio ascoltata in comune ha un singolare effetto rispetto alla sua lettura individuale,
e sottolinea meglio il carattere ecclesiale della conversione e della riconciliazione”
(Reconc. et Poeniten., n. 32) La celebrazione comunitaria del sacramento della riconciliazione,
secondo le norme stabilite dalla Chiesa deve, però, trovare il suo culmine nella confessione
e assoluzione individuale dei penitenti, né può oscurare in nessun modo la celebrazione
individuale del sacramento come momento di incontro personale con la grazia della
conversione. La riconciliazione dei singoli penitenti costituisce, infatti, “l’unico
modo normale e ordinario della celebrazione sacramentale” (ibid.). I sacerdoti,
in particolare, dovranno essere preparati, fin dagli anni della loro formazione, a
celebrare personalmente e frequentemente il sacramento della riconciliazione e, nonostante
le molteplici incombenze pastorali, dovranno essere disponibili ad accogliere i fedeli
desiderosi di incontrarsi sacramentalmente con la misericordia di Dio. Nella formazione
dei sacerdoti, così come dei religiosi e delle religiose si dovrà, pertanto, porre
grande cura nel trasmettere ai giovani la dottrina cattolica sul sacramento della
penitenza, mostrandone le radici bibliche e patristiche, e vigilare che nei seminari
e nelle case di formazione siano a disposizione confessori prudenti e fervorosi. Crediamo
che sarà di grande aiuto alla Chiesa dell’Africa, nelle responsabilità che la attendono
nel futuro, riproporre ai fedeli la sana dottrina cattolica della riconciliazione
come un evento di grazia che scaturisce dalla riconciliazione con Dio, che porta alla
riconciliazione con se stessi, che apre nuovi sentieri di comunione con i fratelli
e con le sorelle, chiunque essi siano, e che si estende ad abbracciare in una rinnovata
armonia tutto il creato.