Visita ad Limina Apostolorum. Discorso del Santo Padre Giovanni Paolo II ai Vescovi
dell'Etiopia e dell'Eritrea
DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II AI VESCOVI DELL’ETIOPIA E DELL’ERITREA IN VISITA
«AD LIMINA APOSTOLORUM» Lunedì, 4 ottobre 1993
Eminenza, Cari fratelli
Vescovi
1. Il mio cuore è colmo di gioia nell’accogliere voi Pastori della
Chiesa in Etiopia ed Eritrea in occasione della vostra visita “ad limina Apostolorum”.
Durante la vostra ultima visita “ad limina” nel 1987 mi parlaste con commozione della
vostra profonda ansia per la sicurezza e per il benessere del vostro amato popolo
sconvolto dalla guerra e vi assicurai che non solo io, ma tutta la Chiesa avrebbe
pregato affinché il Signore vi inviasse la pace. Ora, la violenza è finita. È di grande
conforto il fatto che oggi possiamo ringraziare insieme Dio, il Padre di tutti i doni,
per aver liberato tutti i popoli dell’Etiopia e dell’Eritrea da quel terribile flagello.
Come una volta siete venuti “in lagrime” presso le tombe dei Santi Pietro e Paolo
affinché intercedessero per la liberazione, ora siete “tornati con giubilo” (cf. Sal
126, 5-6).
La visita “ad limina” offre ai Pastori delle Chiese particolari
l’opportunità di mostrare come la grazia di Dio sia feconda nella vita del loro popolo.
Le osservazioni di Sua Eminenza fanno comprendere chiaramente le dure realtà della
situazione in cui i fedeli dell’Etiopia e dell’Eritrea hanno dovuto mantenere le proprie
promesse battesimali. Voi avete testimoniato la loro fedeltà nella pratica della fede
e la loro generosità nelle opere d’amore. Chiedo a ciascuno di voi di esprimere al
vostro clero, ai religiosi e ai laici il mio profondo affetto nel Signore, la mia
stima per il loro coraggio e la loro costanza e la mia speranza fiduciosa nel fatto
che così come Dio li ha rafforzati per sopportare le avversità del passato, li sosterrà
ora nell’affrontare le sfide attuali.
2. Nella nuova era che sta sorgendo
per l’Etiopia e l’Eritrea, le Chiese che voi governate sono pronte ad assumersi una
duplice responsabilità: partecipare all’urgente opera di ripresa dopo i danni causati
dalla guerra e contribuire a uno sviluppo a lungo termine dei vostri popoli.
Riguardo
al compito immediato di riparare ai danni causati dalla guerra nessuno può avere dubbi
sull’entità di ciò che deve esser fatto: la cura verso coloro che sono rimasti feriti
nel corpo o nello spirito, il sostegno alle vedove e agli orfani, il reinserimento
degli sfollati e dei soldati smobilitati, la riunione delle famiglie, la ricostruzione
delle abitazioni, il ripristino della normale vita sociale ed economica: sono compiti
enormi che richiedono la sollecita cooperazione di tutti. I fedeli cattolici, seguendo
l’esempio di Cristo, che fu mosso a compassione dalle sofferenze di coloro che incontrava
(cf. Mt 14, 14), contribuiranno pienamente al tentativo di alleggerire questi fardelli.
A questo proposito il Segretariato Cattolico Etiope, che è stato così meritevole nell’assistere
le vittime della carestia causata dalla guerra e dalla siccità, è un chiaro segno
e un efficace strumento della volontà dei cattolici di rendere un servizio concreto
a coloro che si trovano in difficoltà materiali e spirituali.
3. Le ferite
della guerra e della violenza non possono essere rimarginate senza uno spirito di
riconciliazione da parte degli individui e dei popoli coinvolti. Come avete sottolineato
nella vostra Lettera Pastorale del 1991 “La pace viene dalla riconciliazione”, le
speranze di pace del popolo etiope e di quello eritreo dipendono dal raggiungimento
della riconciliazione nazionale, in particolare attraverso un impegno a favore della
tolleranza etnica e religiosa. Condivido la vostra soddisfazione di fronte a quei
segni che indicano che a molti livelli esiste di fatto un saldo impegno per la riconciliazione
e la cooperazione. Superare le divisioni, perdonare l’ingiustizia, convertire i nemici
in amici e ristabilire i vincoli di solidarietà sono i segni che “l’amore di Dio è
stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato”
(Rm 5, 5). Il suo potere opera in tutti coloro che si dedicano a questi scopi. Possa
l’Onnipotente sostenere i popoli eritreo ed etiope e i loro capi nel progredire sempre
più in questo cammino e possa lo spirito di riconciliazione oltrepassare i confini
delle vostre nazioni e raggiungere tutte le regioni del Corno d’Africa.
4.
I cittadini dell’Etiopia e dell’Eritrea nutrono grandi speranze di poter fondare una
società volta al bene autentico di tutti i suoi membri, una società impegnata per
la tutela dei diritti umani, per lo sradicamento della corruzione e della mancanza
di leggi e per la promozione dell’armonia etnica e civile. I cattolici etiopi ed eritrei
sebbene costituiscano una piccola minoranza, amano il proprio Paese e hanno un forte
senso del proprio dovere di assicurare a quest’ultimo un futuro migliore. Essi cercano
di essere un fermento di giustizia e solidarietà e sono desiderosi di operare con
i membri delle altre Chiese cristiane, con uomini e donne di altre religioni e con
tutte le persone di buona volontà nel costruire le comunità a cui appartengono.
La
Chiesa offre ai vostri paesi, così come ad ogni nazione o società in cui essa dimora,
la verità che ha ricevuto dal suo divino Fondatore circa il significato della vita
umana. Essa proclama che la causa fondamentale della violenza è la corruzione del
cuore dell’uomo (cf. Mt 15, 18-19) e che una società costruita sulla negazione dell’esistenza
di Dio e sull’incoraggiamento di conflitti di classe non può avere buon esito come
dimostrano gli eventi della vostra storia recente. L’uomo è creatura di Dio, da Lui
creato per vivere come un essere sociale e lavorare con gli altri per il bene comune
in modo che tutti possano perseguire il proprio destino trascendente. Il vostro annuncio
di queste verità illumina la via verso quello sviluppo integrale necessario affinché
i vostri popoli superino le difficoltà lasciate dal passato.
Per svolgere
questo importante servizio, la Chiesa in Etiopia e in Eritrea deve risplendere sempre
più luminosa come quel segno di unità che Dio desidera per tutta l’umanità (cf. Lumen
gentium, 1). È di primaria importanza il fatto che all’interno della comunità cristiana
non debbano esserci né rivalità né discordia. Indipendentemente dalla loro lingua,
razza, etnia e eredità culturale, i fedeli dell’Etiopia e dell’Eritrea sono parte
dell’unico Corpo di Cristo, unico in comunione di vita con la Santissima Trinità,
e “membra gli uni degli altri” (Rm 12, 5).
5. I cambiamenti nelle condizioni
politiche e sociali dei vostri popoli non solo lanciano alla Chiesa molte sfide nel
suo servizio verso la società, ma offrono anche nuove opportunità per la crescita
della comunità cristiana stessa. In particolare, condivido la vostra soddisfazione
per le prospettive per l’evangelizzazione offerte dalla garanzia di libertà religiosa.
Mi unisco a voi nel pregare con fervore affinché il clero, i religiosi e i fedeli
laici soddisfino pienamente le necessità di questo momento e testimonino con chiarezza
il Vangelo attraverso atti d’amore sempre più generosi verso Dio e verso il prossimo.
In quanto pastori, il cui compito consiste nel “regolare tutto quanto appartiene
al culto e all’apostolato” nelle vostre Chiese locali (Lumen gentium, 27), siete obbligati
in questo momento, di fronte alla nuova situazione, a dedicare un’attenzione particolare
alla riorganizzazione di molti elementi della vita ecclesiale. Confido nel fatto che
si farà tutto il possibile per garantire un’efficace diffusione del Vangelo e sforzi
crescenti per diffondere il regno di Dio, che è lo scopo di tutte le strutture e le
attività della Chiesa. Infatti, uno dei risultati più positivi della pace è che possono
essere dedicate maggiori risorse all’evangelizzazione di coloro ai quali non è ancora
giunta la luce del Vangelo. Persino nei vostri Paesi, dove la fede si radicò così
tanti secoli fa, bisogna ancora compiere una prima evangelizzazione. Il ripristino
della pace civile permette alla Parola di Dio di risuonare più liberamente, più ampiamente,
e più chiaramente. Si deve ancora fare molto. Il vostro clero e i religiosi, insieme
ai missionari generosi che operano fra voi, sono tutti chiamati a rinnovare e a confermare
il loro impegno per l’evangelizzazione e la catechesi. Esprimo il mio profondo affetto
a tutti questi araldi del Vangelo e li ricordo nelle mie preghiere.
6. In
questo nuovo clima si può ugualmente sperare che le scuole e tutti gli altri programmi
educativi della Chiesa, in particolare l’educazione religiosa, diventeranno strumenti
di apostolato sempre più efficaci. Il Catechismo della Chiesa Cattolica, recentemente
pubblicato, costituisce per i fedeli in Etiopia e in Eritrea uno strumento molto adeguato
al compito di trasmettere la fede nella sua pienezza.
La missione del Vescovo
di essere l’insegnante responsabile nella sua Chiesa locale, esige che egli fornisca
validi insegnanti dell’autentica dottrina cristiana al suo gregge (cf. Christus Dominus,
14). Vi incoraggio a continuare a fornire sacerdoti, religiosi, insegnanti e catechisti
competenti per questo servizio al vostro popolo. I sacerdoti vengono consacrati per
mezzo dei sacramenti per condividere in modo particolare il ministero apostolico dei
vescovi e quindi la loro formazione, prima e dopo l’ordinazione, deve costituire una
delle vostre principali preoccupazioni. Ogni sforzo volto a rafforzare lo sviluppo
spirituale, intellettuale, umano e pastorale dei sacerdoti verrà ricompensato abbondantemente
dalla maggiore efficacia del loro servizio verso il popolo di Dio.
7. Nei
prossimi mesi e nei prossimi anni, il progresso dei rapporti ecumenici, in particolare
con il clero e con i fedeli della Chiesa Ortodossa Etiope, rappresenterà una questione
di primaria importanza. Come ho ricordato durante l’incontro svoltosi all’inizio di
quest’anno con Abuna Paolos, Patriarca della Chiesa Ortodossa Etiope: “Condividiamo
la fede trasmessa dagli apostoli, così come lo stesso ministero e gli stessi sacramenti
radicati nella successione apostolica” (Discorso 11 giugno 1993, n. 2). Il buon esito
del dialogo della carità che è stato ristabilito tra la Chiesa Cattolica e la Chiesa
Ortodossa Etiope richiede “un miglioramento dei rapporti fraterni a tutti i livelli”
(Ivi, 3). Confido nel fatto che il Signore che tanto ardentemente desidera l’unità
dei suoi seguaci vi sosterrà in tutti i vostri sforzi volti alla promozione della
stima e dell’amore reciproci, cosicché tutti coloro che portano il nome di Cristiani
possano riscoprire la pienezza della comunione.
8. Anche nei giorni più bui
di violento conflitto, i fedeli dell’Etiopia e dell’Eritrea non hanno mai perso la
fiducia nel potere dell’intercessione di Maria, Madre della Misericordia, poiché essa
accoglie tutti coloro che si rivolgono a Lei nelle difficoltà e non cessa mai di intercedere
per la loro liberazione dal male. La vostra fiducia filiale non è stata tradita, e
così con la più grande fiducia e speranza mi unisco a voi nell’affidare i fedeli delle
vostre Chiese alla sua amorevole protezione. Essa otterrà per voi la forza di cui
avete bisogno per fare tutto ciò che il suo Figlio Divino vi chiede in questo momento
decisivo della storia delle vostre nazioni. Con caloroso affetto imparto a voi e ai
vostri popoli la mia benedizione apostolica.