Quali le sensazioni dei vari incontri che avete avuto con il Papa? Giancarlo La
Vella lo ha chiesto a mons Jean Noël Diouf, Vescovo di Tambacounda, Senegal.
R.
– Personalmente credo che la messa celebrata dal Papa nello Stadio Amadou Ahidjo,
in Camerun, sia stata un momento particolarmente importante, per tutto il Camerun.
Il Papa nella sua omelia ha trovato le parole giuste per indirizzarsi ai camerunesi
e a tutti quelli che erano alla messa.
R. - Quali sono
stati questi stimoli nuovi che il Papa ha rivolto alla Chiesa dell’Africa che più
l’hanno colpita?
R. – Il Papa ha interpellato tutta
l’Africa, particolarmente, nella fede, nell’accogliere Cristo, per poi esaminare alla
luce di Cristo tutti questi problemi di riconciliazione, di giustizia e di pace.
D.
– Le realtà africane sono tante, anche diverse: c’è la possibilità di quella coesione
che il Papa ha più volte auspicato nella Chiesa africana?
R.
– Anche noi l’auspichiamo però le difficoltà sono tali che nell’Africa oggi ci sono
divisioni. Un esempio concreto: arrivando qui ho voluto cambiare i soldi dell’Africa
dell’ovest e non era possibile cambiare neanche la stessa moneta che ha lo stesso
valore. Questa non è una cosa banale e dimostra che le difficoltà ci sono ancora.
R.
- Sono tante le emergenze dell’Africa che incidono proprio sul vivere quotidiano.
Come si fa ad alzare il livello minimo della qualità della vita in Africa, almeno?
R.
– Gli africani hanno una visione della vita che gli permette di vivere con queste
difficoltà e questo è importante. La vita per l’africano è la cosa principale, però
non dipende soltanto dalle condizioni economiche, la vita è un dono che gli africani
accettano. Le difficoltà ci sono in Africa, ad esempio la sanità, il Papa ha visitato
i malati del Camerun: con la loro concezione della vita loro superano i problemi delle
malattie.
D. - Con quale spirito vi avvicinate al secondo
Sinodo che si svolgerà ad ottobre in Vaticano?
R. –
Abbiamo ricevuto il documento dalle mani del Papa. Secondo me è importante la preparazione
di quest’evento, e adesso nelle varie diocesi dell’Africa si deve preparare questo
Sinodo che arriverà il prossimo ottobre. Cosa ricorderà di questo
viaggio del Papa? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a mons. Simon Ntamwana,
arcivescovo di Gitega, in Burundi:
R. – L’affetto profondo e
convinto del Santo Padre per il nostro Continente; e poi soprattutto il suo magistero
che ho altamente apprezzato, che è venuto in un tempo molto favorevole, per dire all’Africa:
“Riconciliatevi! Fate giustizia! Realizzate, edificate la pace!”. Il Santo Padre viene
nel nostro Continente dopo che più di due terzi dei Paesi africani sono entrati in
conflitto.
D. – Lei, come pastore, come africano, ritiene
questo compito difficile o facile, in questo momento?
R.
– E’ molto difficile. Io personalmente vengo dal Burundi, dove abbiamo iniziato questo
discorso già all’indomani del conflitto che si è aperto il 21 ottobre 1993. Occorre
oggi proprio l’azione estremamente urgente della Chiesa: lei che può parlare ai cuori,
lei che può parlare alle coscienze e quindi arrivare davvero a toccare lì dove misure
politiche, misure anche di giustizia sociale non possono arrivare. Per la riconciliazione
che il Signore ci chiede quanto prima, dobbiamo lavorare molto per arrivarci: da cristiano,
direi che devo mettermi accanto a Gesù per realizzare quanto prima la riconciliazione
con mio fratello, perché negandola mi allontano dalla mia identità di figlio di Dio.
D.
– Quali sono le tante cose positive che l’Africa possiede e che possono essere funzionali
a questa rinascita?
R. – Ecco: la famiglia come nucleo
dove cresce l’individuo è per noi ancora una fonte di molti doni umani, anche cristiani,
che si possono tramandare non solo all’Africa ma anche a tutto il mondo. Questo penso
che possiamo ancora condividerlo con altri, e per questo la Chiesa africana dev’essere
missionaria; la Chiesa africana è chiamata ad essere veramente pronta per portare
avanti questo Vangelo che ci annuncia l’amore del Padre verso l’umanità. Penso ancora
al valore della vita: anche se in tutti questi conflitti abbiamo attaccato proprio
questo grandissimo e inequivocabile valore della vita, penso che l’amore per la vita
sia proprio fondamentaleper noi!