“La musica può diventare preghiera”: così, ieri sera, il Papa al concerto in Vaticano
alla presenza dei Padri sinodali
Un avvincente iter storico-artistico che ci ha permesso ancora una volta di gustare
la bellezza della musica, linguaggio spirituale e quindi universale che può diventare
preghiera. Così, in sintesi, il Papa ieri sera ha parlato del singolare concerto ascoltato
in Aula Paolo VI e offerto al Pontefice e ai Padri sinodali presenti, dall’Accademia
pianistica internazionale di Imola a 20 anni dalla sua fondazione. L’evento ha ripercorso
la storia del pianoforte su 7 strumenti d’epoca restituendo sonorità originali alle
più belle pagine della letteratura pianistica da Bach a Liszt. Lunghi applausi per
la giovane artista cinese Jin Ju, talento dell’Accademia, che alla fine ha offerto
anche un bis speciale al Papa sulle note dell’amato Johann Sebastian Bach. Ce ne parla
Gabriella Ceraso:
(Musica)
Sono
bastate le prime note del clavicembalo ben temperato di Bach per rapire in un silenzio
assorto la platea dell’Aula Nervi, per riportarla ad un passato che richiede un ascolto
attento e per stabilire la preziosità di un concerto reso unico da 7 strumenti sul
palco. Sono mobili gioiello, dal legno chiaro, gli intarsi raffinati. Sono i fortepiano
del 700 e dell’800, “strumenti conosciuti e prediletti”, ricorda il Papa, "dai compositori
più famosi, capaci di offrire una non piccola gamma di sfumature musicali armoniche": "…costituiscono
di per sé un patrimonio estetico, artistico e storico, sia perché emettono quei suoni
che hanno ascoltato gli uomini del passato, sia perché testimoniano il progresso dell’artigianato
del pianoforte, rivelando le intuizioni e i successivi perfezionamenti di abili e
impareggiabili costruttori.
La dimensione domestica di uno Scarlatti
suonato sul fortepiano a tavolo "wood small" del 700 inglese, cede il posto a fine
secolo al suono argentino di Mozart e poi alle sonorità protoromantiche di Czerny
sugli strumenti del signor Schantz a Vienna. Ma è con il fortepiano di Conrad Graf,
a metà ‘800, che arriva il suono maturo amato da Beethoven.. Un
lungo applauso segue la Sonata “Al chiaro di luna” e un altro, l’esecuzione di Chopin
sul fortepiano da lui preferito, l’Erard. Siamo all’ultimo capitolo prima del ‘900
dominato dai pianoforti Steinway and Sons, meccanica perfetta, come piaceva a Liszt.
Come
non gustare la bellezza di questo “linguaggio spirituale e quindi universale”, dice
il Papa al termine del concerto, “veicolo quanto mai adatto alla comprensione e all’unione
tra persone e popoli…”
"…La musica fa parte di
tutte le culture e, potremmo dire, accompagna ogni esperienza umana, dal dolore al
piacere, dall’odio all’amore, dalla tristezza alla gioia, dalla morte alla vita. Vediamo
come, nel corso dei secoli e dei millenni, la musica è sempre stata utilizzata per
dare forma a quello che non si riesce a fare con le parole, perché suscita emozioni
altrimenti difficili da comunicare..." E’
il concetto espresso anche in apertura dal direttore dell’Accademia pianistica di
Imola il maestro Franco Scala, che il Papa completa così, prima di impartire la sua
benedizione:
"...la grande musica,
distende lo spirito, suscita sentimenti profondi ed invita quasi naturalmente ad elevare
la mente e il cuore a Dio in ogni situazione, sia gioiosa che triste, dell’esistenza
umana. La musica può diventare preghiera". (Musica)