A 25 anni dalla morte, la Polonia ricorda padre Popiełuszko, martire
della fede e della libertà
Una sofferta pagina della storia polacca sarà protagonista oggi all’Auditorium Parco
della Musica di Roma. Nell’ambito della quarta edizione del Festival Internazionale
del Film capitolino, verrà proiettato il film “Popieluszko”, del regista Rafal Wieczynski,
che racconta la storia di padre Jerzy Popiełuszko, cappellano del movimento “Solidarność”,
brutalmente ucciso esattamente 25 anni fa, il 19 ottobre 1984, all’epoca della dittatura
comunista in Polonia. La tomba di padre Popiełuszko - per il quale è in corso il processo
di Beatificazione - è meta di continui pellegrinaggi dalla Polonia e dall'estero e
su di essa si raccolse in preghiera nel 1987 anche Giovanni Paolo II. Alessandro
De Carolis ha dedicato un ritratto al sacerdote polacco, che aveva esortato i
connazionali a ribellarsi pacificamente alla repressione sovietica nel nome del Vangelo:
E’ il 19
ottobre 1984, un venerdì sera. Il giovane sacerdote rifiuta l’invito dei suoi amici
operai a trattenersi a Bydgoszcz, dove è stato invitato per un incontro di preghiera
con loro. Deve rientrare a Varsavia, così sale in un’auto guidata da un conoscente
e si appresta a percorrere con pazienza gli oltre 250 Km che lo separano dalla capitale.
Di chilometri padre Popiełuszko ne farà solo una trentina. Poco prima di attraversare
un paese, Górsk, tre poliziotti sbarrano la strada all’auto. Padre Popiełuszko
e il suo autista sono costretti a scendere. L’autista finisce ammanettato nell’auto
della polizia, Padre Popiełuszko finisce a terra, colpito con violenza alla testa.
Poi viene legato e infilato nel bagagliaio dell’auto della polizia che riparte.
Per i tre uomini dei Servizi segreti polacchi - perché tali sono i finti poliziotti
- e per chi ha armato la loro mano è l’inizio di una vendetta attesa, che sarà spietata
e feroce.
Il sacerdote che inizialmente si dibatte
nel bagagliaio è un nemico dello Stato comunista polacco. Trentasette anni, padre
Popiełuszko ha il difetto di possedere la schiena dorsale diritta tipica di molti
preti polacchi, che la crudeltà della repressione socialista non riesce a intimorire
né a piegare. Soprattutto, il prete che scalcia nel bagagliaio - e che a un tratto
riesce a fuggire per essere subito riacciuffato, selvaggiamente picchiato e rinchiuso
di nuovo nel baule dell’auto - ha la colpa di essere un grande amico di quegli operai
che da anni, sotto la bandiera di Solidarność, stanno mettendo in grave
imbarazzo il regime agli occhi di Mosca e costringendo la nomenklatura di Varsavia
alla proclamazione dello stato di guerra nel 1981. Gli operai chiedono libertà, giustizia,
progresso e quel prete è la loro anima. Un’anima che dall’agosto 1980 - da quando
è diventato cappellano in fabbrica - innesta i valori sociali della protesta sulla
radice dei valori evangelici. Mentre denuncia persecuzioni, opportunismi, soprusi,
il giovane prete esalta il coraggio di chi resiste alla violenza senza violenza perché,
afferma pubblicamente in una delle sue celebri Messe per la Patria - “l’uomo che dà
testimonianza della verità” che nasce da Dio “è un uomo libero, anche in condizioni
di costrizione interna”.
Dal 22 luglio 1983, la Polonia
non è più formalmente in stato di guerra. Ma lo è sempre la società, avvelenata da
un contrasto ormai insanabile tra un intero Paese che preme per tornare a godere di
diritti fondamentali negati e una dirigenza che - come ogni dittatura - non può accettare
alcuna declinazione della parola libertà. E’ allora che padre Popiełuszko diventa
un bersaglio. Tra gennaio e luglio del 1984, viene interrogato 13 volte, quindi
imprigionato, liberato, calunniato, minacciato, fatto oggetto di un attentato fallito
il 13 ottobre. Il prete-coraggio è stanco, teso, difetta di salute, pensa a un viaggio
di studio a Roma. Il Primate della Chiesa polacca gli lascia la scelta e lui sceglie:
resta a Varsavia. Quindi arriva quel 19 ottobre. Il 30, la Vistola ne restituisce
il corpo orrendamente deformato dalle percosse dei suoi aguzzini, che dopo le torture
hanno completato il lavoro gettando padre Popiełuszko dalla diga di Włocławek.
In questa città, a poca distanza dal luogo dell’assassinio, Giovanni Paolo
II celebra una Messa il 7 giugno del 1991. Il Muro è caduto da poco e l’Europa, afferma
Papa Wojtyla, “ha bisogno di redenzione” dall’odio che l’ha sfigurata nel Novecento.
In questo scenario, don Jerzy, afferma, è un martire che va considerato non “solo
nella misura in cui servì in una certa causa di ordine politico, anche se si trattava
di una causa profondamente etica”, bensì si deve “guardare a lui e leggere la sua
figura nell’intera verità della sua storia”, dal punto di vista dell’“uomo interiore”.
E conlcude:
(Parole in polacco) “Proprio quest’uomo interiore
può essere testimone, testimone dei nostri tempi difficili, del nostro difficile decennio,
così come egli è stato (...) Insieme a don Jerzy, ‘piego le ginocchia di fronte al
Padre’. Chiedo il rafforzamento dell’uomo interiore, imploro il rafforzamento per
l’uomo interiore, per tutti i figli e le figlie di questa terra, della mia patria,
ora, alla soglia dei tempi che sono giunti e che verranno”. Milioni
di polacchi hanno visitato e continuano a visitare la tomba padre Jerzy Popiełuszko.
Cosa rappresenta, dunque, questo sacerdote per il sentimento popolare e nazionale?
Amedeo Lomonaco lo ha chiesto a Vladimiro Redzioch, corrispondente da
Roma del settimanale cattolico polacco "Niedziela":
R. - Si
calcola che dal 1985 al 2005 circa 15 milioni di persone abbiano visitato il luogo
della sepoltura del martire: i grandi di questo mondo, ma prima di tutto tanta gente
semplice per la quale padre Popieluszko è già un Santo. Ci sono delle testimonianze
che attestano che la preghiera presso la tomba diventa per tanta gente fonte di conversione
e di cambiamento spirituale. Si sono constatati tantissimi miracoli anche se va detto
che nel caso del processo di Beatificazione di un martire, non è necessaria l’approvazione
formale di tale miracolo. Tante vie e piazze in Polonia portano già il suo nome e
vengono eretti monumenti. Padre Popieluszko è diventato anche il simbolo della Chiesa
polacca che in modo pacifico si oppose al sistema totalitario imposto dopo la seconda
guerra mondiale.
D. - Il dramma della sua morte
scosse la Polonia dei primi anni Ottanta, che ancora lottava per la sua libertà al
di là del Muro. 25 anni dopo quei fatti la Polonia è ormai integrata nell’Unione Europea:
si può dire che padre Popiełuszko abbia contribuito a questo progresso? R
- Ogni sistema totalitario si regge sulla paura e sull’intimidazione. Padre Jerzy
liberava invece la gente dalla paura del sistema e per questo motivo veniva percepito
dai comunisti come un nemico mortale. Ogni tiranno regna con la paura, ma quando i
sudditi si liberano dalla paura, i tiranni cominciano a tremare. Per questo motivo
anche Giovanni Paolo II, che gridava “Non abbiate paura” era percepito, come nemico
da tutti i dittatori del mondo. Allora padre Popiełuszko, da un lato smascherava
tutta la falsità e l’ipocrisia del sistema comunista, dall’altro indicava ai
cristiani come affrontare il totalitarismo: “Combatti il male con il bene”, come dice
San Paolo. Va ricordata anche un'altra cosa: lo scopo del comunismo era, tra altro,
l’introduzione della nuova antropologia che prevedeva la totale cancellazione della
dimensione religiosa dalla vita dell’uomo. Nel caso della Polonia questo significava
la lotta e la distruzione della Chiesa cattolica. Oggi la Polonia è ormai integrata
nell’Unione Europea. Ma non ci scordiamo che anche nel mondo, ritenuto democratico
e libero, ci sono le forze che promuovono l’antropologia contraria alla visione cristiana
dell’uomo e vogliono emarginare o distruggere la Chiesa. Se padre Popieluszko fosse
vivo, avrebbe avuto tanto da fare anche oggi.
D.
- Padre Popiełuszko è passato alla storia come un martire dell’affrancamento
della Polonia dal giogo del socialismo reale. Ma nel 1991, Giovanni Paolo II affermò
che per comprenderne bene la grandezza bisognava “leggerlo dal lato dell’uomo
interiore”. Come definirebbe questa specifica dimensione di padre Popiełuszko? R.
- Padre Popiełuszko non era un attivista sociale o politico ma un sacerdote cattolico
fedele al Vangelo. L’Eucaristia e la preghiera erano il centro della sua vita.
Lui prestava assistenza pastorale agli operai: li confessava, celebrava per loro la
Messa; capitava che battezzava qualcuno di loro che si era convertito. Tutto ciò che
proclamava era contenuto nella Dottrina sociale della Chiesa, negli insegnamenti
di Giovanni Paolo II e del defunto primate polacco Stefan Wyszyński. Secondo
me, per capire meglio la figura di padre Popieluszko bisognerebbe parlare della sua
vocazione sacerdotale. In quei tempi le autorità comuniste tentavano di creare degli
ostacoli nella formazione dei seminaristi e cercavano i tutti i modi di indurli a
rinunciare agli studi teologici. Prima di tutto facevano fare loro due anni di un
duro servizio militare obbligatorio nelle unità speciali create appositamente per
gli alunni dei seminari. Questo cosiddetto servizio militare consisteva in inutili
esercitazioni, continui corsi politici per la loro indottrinazione e vessazioni di
varia natura. Ma il giovane Popieluszko non crollò psicologicamente perché era già
allora un uomo interiormente libero e un uomo di preghiera (di nascosto organizzò
nella caserma un circolo di preghiera: si pregava e si recitava il Rosario di notte).
D. - Dal 2001 il processo di Beatificazione di padre
Popiełuszko vive la sua fase vaticana: con quali sentimenti la Chiesa polacca
ne attende la fine?
R. - Sul piano spirituale i fedeli
si stanno preparando a questo grande evento partecipando alle giornate di preghiera,
a ritiri e alle Messe speciali. Invece, per quanto riguarda la Chiesa, vorrei ricordare
che nel mese di ottobre 2008 l’arcivescovo di Varsavia Kazimierz Nycz ha portato al
Santo Padre una copia della “Positio” insieme con una lettera postulatoria di tutto
l’episcopato polacco. Era una lettera riservata ma si è saputo che i vescovi sottoponevano
all’attenzione del Santo Padre l’importanza della Beatificazione di padre Popiełuszko
per la Chiesa e la nazione polacca. Ovviamente questo potrebbe servire soltanto a
dare la precedenza nei lavori della Congregazione senza influenzare il risultato
finale del processo stesso.