"La musica può diventare preghiera". Così il Papa al concerto in Vaticano
“La grande musica, distende lo spirito, suscita sentimenti profondi ed invita quasi
naturalmente ad elevare la mente e il cuore a Dio in ogni situazione, sia gioiosa
che triste, dell’esistenza umana. La musica può diventare preghiera". Così questa
sera il Papa al concerto offerto nell’Aula Paolo VI, dall’Accademia pianistica di
Imola, a 20 anni dalla fondazione. L’evento che ha visto la presenza anche dei padri
sinodali, ha ripercorso l’evoluzione del pianoforte, traendo le note da sette strumenti
d’epoca. Sul palco la pianista cinese Jin Ju, 33 anni, talento internazionale. Entusiasta
per l’anniversario e per la presenza del Pontefice, il direttore dell’accademia, il
MaestroFranco Scala che così ha presentato il concerto, al microfono
di Gabriella Ceraso: R. – E’ un percorso
di fede verso la musica, perché con sette strumenti si ripercorre tutta la storia
del pianoforte: dal 1750 circa, quando è nato, al 1900. Un percorso di fede anche
per chi ascolta; un momento per riflettere, per dire: “Guardate che c’è anche un passato
da scoprire, non dobbiamo pensare sempre al futuro in modo frenetico”. D.
– Ecco, questi strumenti sono solo una piccola parte di una collezione di 120 pezzi,
che fanno parte della collezione annessa all’Accademia di alta formazione di Imola
che lei dirige... R. – Questi strumenti li ho raccolti in 30
anni, perché ho insegnato per 30 anni in conservatorio. Ho pensato che un pianista
non potesse non conoscere la propria storia. E ogni pianoforte ha una sua storia,
una storia incredibile. D. – Ce n’è uno di questi che ama in
maniera particolare? R. – E’ un Graf, lo strumento preferito
di Beethoven. Lui ce l’aveva, donato da Graf. E pensare che uno strumento così, lui
per ascoltarlo metteva uno stecchetto di legno in mezzo ai denti e l’appoggiava sullo
strumento per sentirne la vibrazione. Questo è incredibile, è commovente. D.
– Quindi, un omaggio al Papa pianista, un omaggio al Papa amante dei classici viennesi... R.
– Il Papa che conosce il pianoforte, che ama il pianoforte. Il mio più gran desiderio
sarebbe che lui si sedesse sul pianoforte per provarlo. D. –
Qual è l’interesse per gli spettatori di oggi di ascoltare questi suoni, di rivedere
questi strumenti? R. – Ripercorre un po’ la storia della musica,
la storia dell’uomo. Noi pensiamo che il pianoforte moderno possa esprimere lo stato
d’animo del musicista che ha scritto queste cose. Invece, avere la pazienza per dire
“questo è il suono che sentiva Beethoven, questo è il suono che sentiva Mozart” è
una cosa molto affascinante, al di là della musica che si ascolta. D.
– Oggi i suoni dei pianoforti sono la ricerca della perfezione, ma sono anche un po’
omologati, no? E’ una perdita per l’ascoltatore odierno? R.
– Assolutamente, ormai siamo abituati ad un rumore, più che altro, oppure ad una potenza
di suono per riempire una sala da 7000 posti. Questi pianoforti erano stati creati
a dimensione d’uomo, cioè nei salotti. C’erano al massimo 10, 15 persone che ascoltavano
il musicista che dava il tema alla padrona di casa, improvvisava e faceva un omaggio.
Era un mondo umanamente diverso: c’era la pazienza anche di ascoltare. Oggi, il pubblico
fa fatica. E poi avevano un senso estetico del bello, che purtroppo sta scomparendo. D.
– L’occasione del concerto sono i 20 anni dell’Accademia di Imola, che fa alta formazione
per i giovani. Secondo quale criterio, con quali obiettivi? R.
– Noi scegliamo chi deve fare musica. La musica andrebbe portata nelle scuole come
fatto educativo, che purtroppo lascia a desiderare. Ma poter salvare un talento che
è nato per fare musica è il nostro scopo. Ha iniziato a studiare
all’età di 4 anni e per lei la musica è stata anche un strumento per scoprire la presenza
di Dio. Così parla di sé la protagonista del concerto di questa sera, la cinese Jin
Ju, che racconta al microfono di Gabriella Ceraso l’emozione di questo momento. R.
– Sono molto onorata e anche piena di gioia e felicissima. Se pensi che ho cominciato
a studiare il pianoforte senza pianoforte: la nostra famiglia non aveva soldi, io
ho studiato sempre sul pianoforte di altre persone e mia mamma mi ha insegnato a studiare
sul tavolo. Adesso suono 7 pianoforti sul palcoscenico per il nostro Papa ed è una
cosa veramente emozionante. D. – Il Papa tante volte ha detto
che per lui la musica è una compagna di viaggio. Per lei cosa rappresenta? R.
– Sono d’accordissimo con le parole del nostro Papa. La musica è la mia salvezza o,
forse, è meglio dire che il Signore mi ha trovata attraverso la musica, perché quando
avevo 16 anni ho suonato in Cina ad un concerto importantissimo e mi ricordo che al
secondo movimento, così sereno, ho guardato su in cielo e ho visto tantissime stelle,
un cielo aperto e sereno, e ho pensato: “Per forza deve esserci Dio”.