Nuovo attacco talebano in Pakistan: numerose vittime
Prosegue l’offensiva dei talebani in Pakistan e Afghanistan. Stamani, dopo i sanguinosi
attacchi in serie che giovedì hanno provocato la morte di oltre 40 persone, un nuovo
attentato suicida contro un commissariato di polizia a Peshawar, città pakistana del
nord, ha provocato almeno 11 morti e numerosi feriti. Questo episodio si aggiunge
alla lunga serie di attacchi avvenuti negli ultimi tempi non solo in Pakistan, ma
anche in Afghanistan. Quale è l’obiettivo che il movimento fondamentalista sta perseguendo?
Giancarlo La Vella lo ha chiesto ad Arduino Paniccia, docente di Relazioni
Internazionali all’Università di Trieste:
R. – Credo
che l’obiettivo sia quello della conquista strategica del territorio, in un’alleanza
sempre più stretta tra i talebani ed Al Qaeda, per mettere in difficoltà i governi
sia afghani che del Pakistan e, soprattutto, per cercare di ottenere l’uscita delle
forze dell’alleanza dall’Afghanistan, onde poter poi avere campo libero sul territorio.
Sembra quasi una strategia del “ping pong”, in quanto ad attacchi sul territorio afghano
si alternano poi attacchi sul territorio pakistano. Quindi esiste una nuova pericolosa
penetrante strategia da parte dell’alleanza talebana e di Al Qaeda.
D.
– Dietro questa strategia, quali interessi ci sono?
R.
– Sicuramente il traffico di droga. Su questo si è innestata una componente di criminalità
transnazionale molto forte, che in questa area ha una delle basi principali oggi nel
mondo. Su questo poi si innesta anche il fondamentalismo e l’integralismo, la speranza
di ritornare ad un Paese nel quale possa prendere atto finalmente il califfato e l’applicazione
durissima delle leggi islamiche e un punto di riferimento per tutti in una vittoria
sull’Occidente.
D. – La comunità internazionale attraverso
le forze sul terreno sembra a volte impotente a far fronte a questa miriade di attacchi.
C’è bisogno di cambiare strategia?
R. – La situazione
è molto complessa, va analizzata sicuramente ad un livello militare, ma anche diplomatico
e di accordo fra i Paesi. Non basta quindi soltanto l’aumento delle truppe, ma va
iniziato un coordinamento tra i due Paesi e, soprattutto, anche un intervento di tipo
economico per combattere il narcotraffico.
D. – Alcuni
parlano di dialogo, sia pure con le frange più moderate dei talebani. E’ possibile
secondo lei una cosa del genere?
R. – E’ molto difficile.
Questa cosa può avvenire soltanto se la sicurezza e la lotta alla droga sono assicurati.
Aprire una trattativa mentre si è sconfitti, non si chiama trattativa ma resa.