2009-10-15 11:30:21

Intervento del Sig. Ngon-Ka-Ningueyo (François) MADJADOUM, Direttore del Soccorso e Sviluppo Cattolico (CIAD), Uditore


Sig. Ngon-Ka-Ningueyo (François) MADJADOUM, Direttore del Soccorso e Sviluppo Cattolico [SE.CA.DEV.] (CIAD)

In seguito al conflitto del Darfur, i profughi sudanesi sono affluiti a Est del Ciad a partire dal 2003. Ai profughi, che sono più di 250.000, si aggiungono più di 1.500.000 capi di bestiame. Questo arrivo in massa ha accentuato la pressione sulle risorse naturali.
Il SECADEV (Secours Catholique et Développement) gestisce tre campi profughi, Kounoungou, Milé e Farchana, che ospitano attualmente 55.000 persone. Coordina l’assistenza umanitaria, si occupa dell’allestimento dei rifugi e delle infrastrutture, della distribuzione dei viveri e non, dell’approvvigionamento di acqua potabile, dell’igiene, della bonifica e dell’ambiente.
La convivenza pacifica tra i profughi e la popolazione ospitante è legata al fatto che i profughi e le popolazioni ospitanti appartengono allo stesso gruppo etnico. L’unico problema che turba questi rapporti positivi di convivenza è quella fondiario.
Il SECADEV è una Caritas la cui missione è innanzitutto soccorrere e in seguito “mettere in piedi”. Con i finanziamenti della rete Caritas, ha rilanciato abbastanza rapidamente le attività agricole e l’allevamento in alcuni villaggi.
Trattandosi di conflitti riguardanti la paglia, la legna da ardere o le terre, si verificano aggressioni sulle donne che vanno a prendere la legna oppure il rifiuto di dare le terre da coltivare ai profughi ecc...
Per rispondere a ciò, è stata attivata una formazione specifica per le animatrici del settore sociocomunitario al fine di seguire e accompagnare le donne vittime di aggressioni.
Il SECADEV fa ciò che è in suo potere per “la missione di servizio alla pace”, serve la società senza distinzioni di etnia, di religione e di nazionalità: tutti gli uomini sono creati a immagine di Dio e il suo dovere è quello di soccorrere colui che è nel bisogno.
Il SECADEV lavora in un ambiente in cui l’islam è predominante (più del 90% della popolazione) e quindi la sua azione è una forma di dialogo con l’islam. Viene riconosciuto come opera cristiana ma è apprezzato e rispettato.







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