Avvistato nell’area di Lanao, padre Sinnot, il missionario rapito nelle Filippine
Novità sul rapimento di padre Michael Sinnott, sequestrato nelle Filippine lo scorso
11 ottobre a Pagadian nei pressi di Mindanao. Proprio ieri la polizia ha dichiarato
di aver avvistato il missionario nell'area di Lanao del Norte. “Ci rincuora” sapere
che padre Sinnott si trova in quella zona “dove è possibile trovare farmaci e assistenza
medica”, ha dichiarato all’agenzia AsiaNews, padre Cyrill Lovett, missionario di S.
Colombano e direttore della rivista Far East. Rimane alta la preoccupazione per la
salute dell’anziano sacerdote irlandese, vicino agli 80 anni, che ha subito quattro
interventi al cuore e necessita di cure mediche costanti. “Da testimonianze fornite
da altri sacerdoti implicati in sequestri – ha spiegato padre Lovett – sappiamo che
le bande si muovono in maniera costante, per sfuggire alle ricerche” e questo potrebbe
arrecare danni fisici a padre Sinnott. Intanto il leader del Fronte di liberazione
islamico Moro (Milf) smentisce la notizia circolata ieri, secondo cui il gruppo separatista
è responsabile del rapimento. Il capo della polizia del Mindanao occidentale ha detto
che i rapitori si sono messi in contatto con i missionari di S. Colombano a Pagadian;
egli non ha però voluto fornire dettagli sulla conversazione. Padre Lovett è convinto
che il confratello sia nelle mani di “una corrente scissionista del Milf” e considera
credibile la versione di Eid Kabalu, portavoce del gruppo separatista, che “ha negato
qualsiasi coinvolgimento nel sequestro”. “È una questione di soldi – ha sottolineato
il direttore di Far East – i rapitori puntano al riscatto. Questa è la tesi più accreditata,
mentre non ci sono elementi per pensare che siano in gioco altri fattori, fra cui
rivendicazioni politiche o richieste autonomiste nella regione”. Interpellato sulle
trattative in corso per la liberazione del sacerdote, padre Lovett ha aggiunto che
“il governo irlandese fa quello che può”, ma di contare “sull’opera del vescovo, della
polizia e del governo locale, che sanno come operare nei casi di rapimenti”. “Non
vogliamo un bagno di sangue” e non è possibile prevedere al momento “quali saranno
gli sviluppi successivi”. Il missionario di S. Colombano ha confermato infine la politica
di fermezza: pur bersaglio in passato di rapimenti, uno dei quali si è concluso in
modo tragico con la morte di un confratello, l’istituto ha sempre escluso l’ipotesi
di pagare riscatti. “Se i missionari diventano obiettivo di sequestri – ha concluso
padre Lovett – perché i rapitori sanno che verrà pagato un riscatto è la fine, diventerà
impossibile proseguire con il nostro lavoro”. (R.G.)