2009-10-14 12:52:46

Intervento di Mons. Joachim KOURALEYO TAROUNGA, Vescovo di Moundou (CIAD)


S. E. R. Mons. Joachim KOURALEYO TAROUNGA, Vescovo di Moundou (CIAD)



Nella mia lingua materna un proverbio dice: “Proclamare la carità a parole la rende obsoleta”. Ma un altro dice: “Il benefattore che provvede tutti i giorni alle necessità dei bisognosi li rende pigri”. Le sfide della riconciliazione, della giustizia e della pace in Africa sono enormi e le loro risposte complesse e costose come abbiamo appreso dall’intervento di mons. Rodolphe Adada sul Darfur. La vastità e la complessità dei drammi e delle tragedie in Africa esigono una solidarietà internazionale. Ed è così, perché il fondamento dell’impegno delle Chiese in Africa in tutti i campi, l’educazione, la sanità, lo sviluppo rurale, i mezzi di comunicazione, l’educazione civica e la difesa dei diritti umani fondamentali attraverso le Commissioni Giustizia e Pace, dipende fortemente dagli aiuti delle Chiese dell’Europa e dell’America del nord. Nel Ciad, negli ultimi anni, questi aiuti sono drasticamente diminuiti e abbiamo preso coscienza dell’effetto perverso della dipendenza. Per correggere il male, si è prescritto il rimedio di mobilitare le risorse locali. Ma da dove vengono queste risorse locali? Certo dal contributo dei fedeli, ma questo contributo è assai modesto, addirittura insignificante, se paragonato alla vastità dei bisogni. Per garantire quello che manca, senza il quale nessun’opera può funzionare, ci si rivolge agli organismi internazionali, la cui filosofia e i cui obiettivi non sono sempre compatibili con le nostre convinzioni. In tal modo la Chiesa in Africa sembra una madre di famiglia sola che deve prostituirsi per nutrire, alloggiare, educare e curare i suoi numerosi figli.

La Chiesa in Africa deve proclamare la riconciliazione, la giustizia e la pace. Ma deve farlo con le opere. Per realizzarle occorrono i mezzi e per ottenerli non deve ridursi a elemosinarli a qualsiasi prezzo.








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