Intervento del Relatore Generale del Sinodo, il Card. TURKSON, sulle conclusioni dell'Assemblea
Sinodale
Questo pomeriggio il Card. Peter Kodwo Appiah Turkson, Arcivescovo di Cape Coast (GHANA),
Presidente dell’Associazione delle Conferenze episcopali dell’Africa Occidentale e
Relatore Generale del Sinodo, ha letto la RELATIO POST DISCEPTATIONEM all'Assemblea
dei Vescovi africani. Ascolta l'audio in lingua originale inglese:
INTRODUZIONE
La
Seconda Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi offre un’opportunità
singolare per approfondire la comprensione della Chiesa come Famiglia di Dio e per
riflettere sulla sua missione permanente in Africa e nelle sue Isole. In questo senso,
sarebbe auspicabile che il riferimento alla “Chiesa in Africa” nel tema del Sinodo
suoni “Chiesa-Famiglia di Dio in Africa”. Quando, nel suo discernimento apostolico,
il Servo di Dio Giovanni Paolo II riconobbe che il tempo era arrivato per passare
dall’attuazione di “Ecclesia in Africa” alla convocazione di una seconda Assemblea
Speciale per l’Africa, fece riferimento di nuovo alle “luci ed ombre” nel continente
e nelle sue Isole per esortarlo ad uno sforzo di collaborazione ed a rafforzare la
sua fede in Cristo. “...L’Africa”, disse, “deve sempre affrontare terribili flagelli,
come i conflitti armati, la povertà persistente, le malattie e le loro conseguenze
devastanti, cominciando dal dramma sociale dell’Aids, dal diffuso senso di insicurezza
ed infine, dalla corruzione che esiste in molte regioni. Tutto ciò indebolisce l’Africa
e estenua la sua energia, colpisce le sue giovani generazioni ed ipoteca il suo futuro.
Per costruire una società prospera e stabile, l’Africa ha bisogno che tutti i suoi
figli uniscano le loro forze... Possa la futura Assemblea speciale del Sinodo dei
Vescovi per l’Africa favorire anche un rafforzamento della fede nel Cristo Salvatore
e un’autentica riconciliazione!”[1] L’attuale è quella “futura assemblea speciale
per l’Africa”, grazie a Sua Santità Papa Benedetto XVI, che benevolmente ha confermato
il progetto del suo predecessore e ne ha formulato il tema.[2] Passando in rassegna
le istanze e le riflessioni su queste “luci ed ombre”, come i Padri sinodali le hanno
espresse, le considereremo come sfide ed opportunità per la conversione, alla luce
della nostra fede in Cristo, che il primo Sinodo chiamò “nostra speranza e nostra
risurrezione”. La trasformazione di queste “luci ed ombre” in Cristo ci dovrebbe portare
al rafforzamento della nostra fede in Cristo, nostro Salvatore, nostra riconciliazione,
e nostra giustizia e pace (Instr. Lab., 46).
RIUNITI DI NUOVO IN UN’ASSEMBLEA
SPECIALE PER L’AFRICA DEL SINODO DEI VESCOVI
Benché sia chiaro che la maggior
parte dei partecipanti alla nostra assemblea siano Africani o a loro collegati, ciò
non può venire a detrimento né diminuire il carattere ecclesiale veramente universale
di questa assise e del suo esercizio collegiale. Esso è un esercizio di comunione
ecclesiale; e la nostra assemblea vi è stata richiamata diverse volte. Quindi, questo
Sinodo, come ogni Sinodo, celebra il suo stretto vincolo tra il Sommo Pontefice ed
i Vescovi, assiste il Vescovo di Roma nella sua missione universale, e studia e riflette
insieme con il Santo Padre sui problemi e sugli argomenti in relazione alle attività
della Chiesa nel mondo. Così è la Chiesa universale che è riunita in Sinodo circa
la propria presenza in Africa, che sia presente a pregare con il Santo Padre e ad
esprimere opinioni o che sia fisicamente assente, ma unita in pensiero e nella preghiera
con l’assemblea sinodale. Questo è un esercizio della famiglia di Dio universale e
del corpo mistico... unito in sé nella comune vita in Cristo. Non è quindi un affare
esclusivamente Africano né un’assemblea con partecipanti non-Africani. Piuttosto è
il discernimento della Chiesa universale su come mantenere sano per l’umanità l’enorme
polmone spirituale dell’Africa (cfr. Omelia del Papa), per realizzare la sua missione
di sale e luce.
ALTRE STRUTTURE DI COMUNIONE ECCLESIALE
Partendo dalla
natura di “Sinodo” come esercizio di comunione ecclesiale, i Padri sinodali hanno
proseguito osservando e sottolineando la necessità dell’unità dei Vescovi (Instr.
Lab., 110), della loro vita in comunione ecclesiale, da loro testimoniata nelle varie
forme ed organi di condivisione nel ministero. Al riguardo, molti Padri sinodali si
sono riferiti al SECAM, ed alla necessità per i pastori del continente a collaborare
con questo organismo, che i loro predecessori fondarono 40 anni fa, per promuovere
l’“Evangelizzazione nella corresponsabilità”. Le altre Conferenze Episcopali continentali:
CELAM (America Latina), FABC (Asia), e CCEE (Europa) desiderano stabilire e continuare
legami col SECAM, come anche USCBC (Nord America) ecc...
Si prevede che il
SECAM cerchi di ottenere il ruolo di osservatore presso l’Unione Africana e le Conferenze
regionali dovrebbero fare ugualmente con i parlamenti regionali e nazionali, come
in Sud Africa. Una testimonianza attuale di questo desiderio di vivere in un’attiva
comunione ecclesiale è la decisione delle 2 Conferenze Episcopali Regionali dell’Africa
Occidentale finora distinte, quella anglofona (AECAWA) e quella francofona (CERAO),
di formare un’unica Conferenza Episcopale Regionale (RECOWA/CERAO). Allo stesso
modo, gli Istituti di Vita Consacrata hanno ugualmente confermato la loro esigenza
di vivere in comunione, ed i vari gruppi già formati sondano strade di ministero in
collaborazione ai livelli della Chiesa continentale, nazionale e locale (es. MAC,
COSMAM ecc.).
IL COMPITO DELLA SECONDA ASSEMBLEA: DISGRAZIE O SFIDE PER L’AFRICA?
Fin
dalla Primo Assemblea Speciale per l’Africa, sono stati registrati - sia nella Chiesa
sia nella parte più ampia della società Africana - alcuni cambiamenti veramente positivi.
Alcuni di questi positivi cambiamenti sono attribuibili direttamente agli effetti
dello stesso Sinodo. Ciononostante, quindici anni dopo la conclusione della Prima
Assemblea per altro descritta come il Sinodo della Resurrezione e della Speranza e
attesa per segnare un punto di svolta nella storia del continente, permangono ancora
alcune ombre all’interno della Chiesa e della società.[3] A proposito di queste
“ombre”, i Padri del Sinodo avevano richiamato alcune urgenze e alcune riflessioni
in diverse sessioni della stessa assemblea. Così, a proposito delle: Chiese locali I
Padri del Sinodo avevano candidamente riconosciuto una inadeguata valorizzazione della
donna e dei giovani nelle loro comunità locali e la loro povera formazione alla fede.
Gli uomini politici, come altre persone con impegni nella società civile, non avevano
sempre goduto di un accompagnamento e di una formazione che li rendesse capaci di
una adeguata testimonianza della fede nella loro vita e nel loro lavoro. L’uso dei
media avrebbe dovuto essere sviluppato attraverso il ricorso a stazioni Radio locali.
La testimonianza della Chiesa, poi, era talvolta compromessa dalle difficoltà che
alcuni operatori pastorali hanno nel vivere una vita fedele ai loro voti, alla loro
vocazione e al loro stato di vita.Ambito socio-culturale I Padri del Sinodo hanno
espresso un gran numero di denunce verso aspetti della società africana. Più ancora
che la solitaria menzione del nomadismo e dei conflitti per l’uso dell’acqua e dei
terreni di pascolo, molta amarezza è venuta ai Padri sinodali dalle linee di tendenza
emergenti in una società che, in questo modo, si allontana e si contrappone ai valori
tradizionali ed appare moralmente discutibile nelle sue qualità e nelle soddisfazioni
che offre. Questa situazione ha originato la suggestione che, piuttosto che di “conflitto
di culture”, il Sinodo dovrebbe considerare questa esperienza come “incontro di culture”.
Per il resto molte osservazioni riguardavano i soggetti della società. Molti Padri
sinodali hanno lamentato la sorte che la famiglia sta correndo in Africa: “la distruzione
di una autentica visione del matrimonio e la nozione di una sana famiglia” (Instr.
Lab., 31). Hanno indicato che questa istituzione è sotto una seria minaccia di instabilità
e dissoluzione a causa della povertà, dei conflitti, delle credenze e delle pratiche
tradizionali (stregoneria), delle malattie, principalmente la malaria e l’HIV-AIDS.
Vi sono così state indicazioni su iniziative volte a liberare la donna da negative
pratiche culturali.Ma i Padri sinodali hanno anche richiamato aspri attacchi alla
famiglia ed alla correlata fondamentale istituzione del matrimonio provenienti da
ambienti esterni al mondo africano ed attribuibili a matrici diverse: ideologica (ideologia
del “genere”, nuova globale etica sessuale, ingegneria genetica), clinica (Pianificazione
delle nascite, Educazione sanitaria riproduttiva, sterilizzazione), “alternativi”
stili di vita oggi emergenti (matrimoni omosessuali, libere convivenze). Ma, da fuori
l’Africa, arrivano anche alcune nobili iniziative come: la Fondazione Jimmy Carter
contro forme di parassitismo in Africa, la Fondazione Tony Blair per una azione interreligiosa
contro, ad esempio, la malaria. La donna, presentata alla Prima Assemblea Speciale
per l’Africa come un “animale da soma”, ha cominciato ad ottenere rilievo in alcuni
paesi e ad avere ruoli da leader nel diritto, nella politica, nell’economia e nel
mondo tecnologico. In alcune società, tuttavia, esse sono ancora “risorse sottosviluppate”:
subiscono una esclusione dai ruoli sociali, nelle eredità, nei luoghi di educazione
e nei centri decisionali. Sono poi vittime senza difesa nelle zone di conflitto: vittime
di matrimoni poligamici, di traffici di prostituzione ecc. Ma, anche qui, il NEPAD
chiede ai Governi di accelerare l’accesso delle donne ai centri di potere.
I
bambini, “la parte più sofferente della popolazione Africana” (Omelia del S. Padre,
04.10.09), subiscono abusi (bambini-soldato, vengono sottoposti a lavori o venduti)
e vengono negati i loro diritti alla educazione. Altrove, però, sono beneficiari di
forti programmi scolastici e di accesso alla computerizzazione.Tra i problemi dell’Africa
meritano una particolare menzione i giovani, per la loro esposizione all’abuso della
droga, all’infezione da HIV-AID, a gravidanze precoci, alle migrazioni, al traffico
di persone e ai lavori che li riducono in condizioni servili. Queste sventure fanno
risaltare anche la povertà delle politiche governative circa l’educazione o circa
programmi di occupazione, le scarse relazioni di questi governi con la Chiesa, in
base alla scarsa qualità e incremento della formazione ed alla loro opposizione alla
Chiesa. Ma, anche qui, occorre menzionare la Hewlett Foundation che lavora per stabilire
poli di eccellenza nelle città africane e per arginare le migrazioni e la fuga dei
cervelli.Merita poi una particolare menzione il problema della “migrazione”, in rapporto
alla attuale produzione di legislazioni dei Paesi occidentali che sembrano mirare
a tener lontani gli Africani.La Assemblea ha invitato a considerare anche la questione
della “etnicità”. Quando questa sviluppa atteggiamenti di esclusione, allora distrugge
le comunità vive, diventa intollerante verso altre culture e gruppi etnici, quasi
una forma di razzismo.Ambito socio-politico Lasciando da parte la solitaria menzione
della stabilità politica del Senegal, del governo democratico del Sud-Africa e del
crescente successo del governo democratico del Ghana, la più parte dei riferimenti
alle politiche ed ai governi del continente aveva un tono molto critico per diverse
ragioni. I Padri hanno proposto che le Chiese locali stabilissero cappellanie e che
accompagnassero gli uomini politici con una formazione alla “Dottrina sociale della
Chiesa”. Il grande bisogno era qui quello di avere governi e politici in grado di
assicurare una leadership al servizio dello stato, con un esercizio trasparente e
responsabile del potere, un rispetto dei diritti umani e una amministrazione delle
risorse nazionali per il bene comune. Anche qui, il NEPAD, sottoscritto da tutti
gli stati-membri della Unione Africana, chiede che vi sia rispetto per i governi democratici,
che non si tollerino colpi di stato, e che si dia forma a una “Revisione dei meccanismi
di Uguaglianza”per correggere le scelte dei governi.Ambito socio-economico “Poveri”
e “povertà” sono state due espressioni ricorrenti che i Padri sinodali hanno usato
generalmente riguardo ai loro paesi, governi, popolazioni e chiese. La povertà della
popolazione ha giustificato, in molti interventi, lo sviluppo di progetti ida parte
della Chiesa. Questo ha ispirato iniziative di credito auto-gestito (banche, beni
immobili, compagnie di assicurazioni, ecc.), ed è stata occasione di generosa condivisione
di esperienze in questa materia. Ma è stata anche motivo per I Padri sinodali di appello
di sostegno (aiuto). A livello di nazioni e di governi, l’Assemblea ha criticato
l’incidenza di corruzione e (bribery) compensi in denaro e di trattative per contratti
di investimento, in particolare con industrie che estraggono risorse minerarie, che
non portano profitti alla popolazione, ma causano conflitti e degrado ambientale.L’industrializzazione
è scarsa nella maggior parte dei Paesi Africani; e le loro economie sono basate sull’agricoltura
sulla produzione di materiale grezzo Materie prime?). Le condizioni stabilite per
il commercio dall’Organizzazione mondiale per il Commercio (World trade Organization)
e dai Paesi Occidentali è questione di vita o di morte per molte economie africane. Le
materie prime (materiale grezzo) che producono benessere economico (economies) sono
economie che producono basso reddito, che necessitano di sostegno dai Governi stranieri,
dalla Banca mondiale, e da fondi monetari internazionali per finanziare i loro bilanci
e portare avanti carry out progetti di sviluppo. Questa è la causa più comune da cui
“origina la calamità” (“les origins calamiteuses”, come un Padre Sinodale ha detto),
del carico del debito debt-burden che è stato menzionato in Assemblea. Inoltre,
si può osservare che gliobiettivi primari di NEPAD, come struttura strategica di sviluppo
economico, sono di eradicare la povertà, collocare i paesi africani sula via della
crescia e dello sviluppo sostenibile, arrestare l’emarginazione dell’Africa nel processo
di globalizzazione. Certamente, l’africa non è ancora fuori dai .problemi woods.
Ci sono ancora “ombre”; ma essa ha fatto alcuni (guadagni) progressi molto modesti.
“Mentre la situazione del continente, delle sue Isole e della Chiesa, ancora porta
ancora il carico delle “luci ed ombre” che hanno motivato il primo Sinodo, essa è
cambiata considerevolmente”[4].Così, nonostante le ombre, la speranza dell’Africa,
come dichiarato al primo Sinodo non l’ha mai ingannata. Perché “la speranza non inganna”
(Rm 5, 5). In verità, è “nella speranza (che) siamo salvati” (Rm 8, 24), perché noi
sappiamo in chi abbiamo creduto (cfr. 2 Tim 1, 12). È la nostra fede nel Signore risorto,
che ci dà questa speranza.Si conviene che la Chiesa può vedere le attuali e persistenti
ombre in Africa come sfide ed opportunità per crescere nell’intimità con il Signore.
Le suddette sfide e quelle, molte di più, che sono state menzionate nell’Assemblea
(es. l’ambiente, il traffico di armi, ecc.), ci invitano ad una vera conversione del
cuore: “i cuori umani feriti, gli ultimi luoghi reconditi all’origine di ogni destabilizzazione
del continente Africano”,[5] cosicché noi possiamo essere strumenti effettivi dello
Spirito Santo e al servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace.
RAFFORZARE
LA FEDE IN CRISTO
Una volta si è ricordato all’Assemblea che “un Sinodo dei
Vescovi non può essere considerato come una sessione speciale delle Nazioni Unite
per l’Africa, con le sue dichiarazioni pubbliche”. Questa è stata una potente riscoperta
per l’assemblea sinodale della sua prerogativa di Chiesa riunita e di assemblea di
fede che in potere dello Spirito Santo professa la fede in Dio e in Cristo, Suo Figlio,
e si riunisce per discernere la volontà di Dio e le direttive per la Sua famiglia
in Africa. Questo è stato seguito da un altro invito dall’Assemblea a vederci come
“figli di Dio in Cristo” (comune figliolanza) con tutta l’umanità. La Prima Assemblea
Speciale, per come può essere richiamato, ha dato alla Chiesa il compito dell’inculturazione,
a riconoscersi come famiglia di Dio. Come Chiesa, comunque, questa identità è realizzabile
solo in Dio, che è comunione (“famiglia”), e mediante Gesù che lo rivela, con la proclamazione
del Suo Vangelo. Come “primogenito di molti fratelli” è Gesù, il Figlio di Dio,
che condivide il Suo essere Figlio con noi, costituendo tutti noi come figli (in Lui)
ed introducendoci nella vita della Trinità come famiglia di Dio. Il riferimento
alla Chiesa come famiglia di Dio è, allora, non una semplice applicazione di una concezione
antropologica; è un’espressione della verità della Chiesa e della sua identità come
compartecipazione alla vita del Dio trino e uno mediante Cristo. La missione di Cristo
che diviene la vita e il ministero della Chiesa deriva, pertanto, dalla vita di Dio
trino e uno; e quando ciò è riconciliazione, giustizia e pace, allora è necessario
che si veda che queste scaturiscono dalla vita di Dio. Esse appartengono al Regno
di Dio; e sono vissute mediante la fede in Cristo, mediante il quale noi diventiamo
figli (e figlie) del Regno. Allora i Padri sinodali in vario modo nei loro interventi
hanno affermato la centralità di Cristo nel tema del Sinodo, e la necessità di accostarlo
e viverlo incentrati in Cristo. L’Instrumentum Laboris ha iniziato la discussione
del tema del Sinodo con un capitolo sulle “Riflessioni teologiche sul tema del Sinodo”
(pp.13-18), e ha proseguito con una sezione su “Attingere forza nella fede in Cristo”
(75-86). La presentazione del Tema del Sinodo nella “Relatio ante disceptationem”
è stata fortemente centrata in Dio e in Cristo. Nelle loro presentazioni, i Padri
sinodali e gli altri partecipanti chiamati a vario titolo ad effettuare una riflessione
Cristologica, Eucaristica, Pneumatologica e perfino Escatologica sul tema del Sinodo. Gli
attori del tema, in accordo con l’Assemblea, devono evangelizzarsi, convertirsi, formarsi
nella fede e testimoniare con la vita l’essere discepoli di Cristo (come Charles de
Foucauld); per questo è il nostro comune essere figli in Cristo che costituiste la
base della nostra giustizia e della nostra riconciliazione. Allora tutte le forme
di esperienza e di (pratica) concretizzazione del tema del Sinodo (riconciliazione,
giustizia e pace) necessitano di essere “evangelizzate” dal Vangelo.
CRISTO
NOSTRA RICONCILIAZIONE
Nell’Assemblea si è osservato (Relatio ante disceptationem)
che “in una Chiesa, che è una famiglia nella comunione, la riconciliazione diventa
non uno stato o un agire, ma un processo dinamico, un compito da comprendere ogni
giorno, uno scopo per cui lottare, un setting out realtà? da ristabilire senza fine,
con amore, misericordia, amicizia tollerante, legami fraterni, fiducia e confidenza”.
Ed è della massima importanza, che ciò è richiesto dalla nostra natura e dalla nostra
identità: che noi siamo con Dio, e con Cristo prima che con Dio. È la nostra relazione
con Dio e l’uno con l’altro, in Cristo, che richiede riconciliazione; e il suo scopo
è di porre rimedio e ristabilire la comunione che fondano il legame con Dio e la nostra
Figliolanza in Cristo, che il peccato minaccia e spezza.È in Cristo, allora, che noi
abbiamo la comunione con Dio: ed è in Lui che noi abbiamo la riconciliazione con Dio.
In verità, Egli è la nostra riconciliazione; ed è attraverso di Lui ed in Lui che
noi diamo e riceviamo la riconciliazione. Così, secondo le parole di San Paolo,
1. “se uno è in Cristo è una nuova creatura”. La relazione e la comunione stabilite
tra l’uomo e Dio a motivo della creazione dell'uomo ad immagine e somiglianza di Dio
è superata dalla sua redenzione e filiazione. La relazione tra Dio e l’uomo appartiene
adesso al regime della grazia (opera gratuita di Dio): la redenzione in Cristo. Noi
siamo salvati per grazia mediante la fede in Cristo (cfr. Ef 2, 8). 2. Dio per
Cristo ci ha riconciliati a Sé non imputandoci i nostri peccati. La riconciliazione
è un atto di perdono gratuito; ed è un atto di amore misericordioso. 3. Dio ha
affidato a noi il Suo messaggio di riconciliazione... cioè, a coloro che hanno fatto
esperienza della riconciliazione con Lui. È nell’esperienza della riconciliazione
con Dio che noi diventiamo ministri di riconciliazione, sentendo l’urgenza di riparare
i rapporti e i legami fuori dalla misericordia e dall’amore.I Padri sinodali hanno
ascoltato testimonianze della summenzionata urgenza di riconciliazione dei nemici,
e constatato quanto essa sia un atto di verità e amore misericordioso. La liturgia
e il sacramento della Penitenza offrono momenti privilegiati per la loro celebrazione. I
Padri sinodali hanno enumerato anche diversi metodi tradizionali di riconciliazione,
e si sono chiesti se elementi di questi riti tradizionali non potessero arricchire
le forme di celebrazione dei Sacramenti nella Chiesa. Così facendo, non dovrebbe esserci
confusione sull’efficacia della celebrazione; poichè, come è stato detto nell’assemblea,è
“la buona novella del sangue prezioso di Cristo, dato per la redenzione del mondo
intero che trasforma il calice della sofferenza delle moltissime vittime dei massacri
nel continente”. Ciò richiede una spiritualità, e non una strategia!
CRISTO
NOSTRA GIUSTIZIA
La Riconciliazione, come è stato affermato in Assemblea, è
la restaurazione della giustizia e delle giuste esigenze di rapporti (Rel. ante discept).
Paolo descrive anche il frutto della nostra riconciliazione con Dio come diventare
giustizia di Dio (2 Cor 5, 21). Nell’attuale situazione umana di peccato di cuori
ferit, tuttavia, è forte la visione dell’Antico Testamento che la giustizia non può
venire all’umanità per sua propria forza. Può venire solo come dono di Dio. E il Nuovo
Testamento sviluppa questa visione più pienamente, facendo della giustizia la suprema
rivelazione della grazia salvifica di Dio (cfr. Ap 15, 4; 19, 2.11; 16, 5-6; Eb 6,
10; 2 Ts 1, 6), e diversi interventi in assemblea abbiano riflettuto questo senso
della giustizia. Ciò non ha anche il senso di “conformità ad una norma o ad una serie
di naorme”. Almeno questo non è il suo significato primario; e non può essere mai
applicato a Dio in quel senso. Eppure alcuni interventi hanno riflettuto questo significato. Ancora,
come affermato nell’Assemblea, il senso di questa giustizia del regno non è proprio
quello di una giustizia retributiva, sebbene sia stato questo talvolta il senso della
giustizia attribuita a Dio. La giustizia (l’essere giusto) di Dio e il Suo Regno
è una rivelazione di Dio, che è destinata ad essere la giustizia degli esserei umani.
È la rivelazione della giustizia / l’essere giusto di Dio che giustifica, rendendo
il peccatore nuovamente giusto e degno del rapporto di comunione e di alleanza con
Dio.[6] È la rivelazione di Cristo, “che mentre eravamo ancora peccatori ha dato la
vita per noi” (Rm 5, 9) a dimostrare l’amore di Dio per noi. È questa, pertanto, la
rivelazione di Cristo come giustizia/essere giusto. La giustizia dell’uomo, in questo
caso, consiste nella confessione dei suoi peccati, nell’ammissione del suo fallimento,
e nell’accettazione nella fede dell’offerta di comunione da parte di Dio, cioè della
salvezza in Cristo. In Gesù e nel Suo ministero, si vede la grazia giustificante
di Dio all’opera, che guarda alle giuste esigenze di un rapporto di alleanza e ristabilisce
l’umanità, tagliata fuori dalla misericordia[7] e dall’amore, in un rapporto di alleanza.
Si vede anche la costituzione di una nuova comunità fondata sull’alleanza, la Chiesa,
dotata di Spirito Santo e in grado, quindi, di rispondere alla giustizia di Dio nella
fede mediante la confessione dei peccati. La giustiziadella diaconia cristiana
e la giustizia del nostro vivere da cristiani nella Chiesa in Africa è la giustizia
del regno; e la sua principale caratteristica è che è giustizia esercitata nell’amore
e nella misericordia.[8]È questo senso di giustizia che i Padri sinodali hanno proposto
di coltivare, prima nella famiglia, come virtù familiare prima che diventi virtù sociale. Tutto
ciò che è dovuto ad una persona in ragione della sua dignità e vocazione alla comunione
delle persone.[9]La Commissione per la Verità e la Riconciliazione del Sud Africa,
la Commissione Nazionale per la Riconciliazione del Ghana ed altre (Nigeria, Sierra
Leone, Togo) che i Padri sinodali hanno menzionato, mirano prioritariamente a questo
senso di giustizia. Il risarcimento non è il loro scopo principale. Essi mirano a
risanare attraverso l’ammissione della colpa e il perdono. CRISTO NOSTRA PACE
Pace
è una delle parole la cui definizione (come “istruzione”, come “sviluppo” e come “giustizia”)
è stata citata spesso dai Padri sinodali. Riconoscendo che la richiedono sia il rispetto
della vita umana che il suo sviluppo,[10] e che è la “condizione necessaria per il
vero progresso dell’uomo e della società”[11] i Padri sinodali e gli altri partecipanti
hanno invitato appassionatamente alla crescita di una “cultura di pace” nelle Chiese,
nelle case, nelle comunità e nelle nazioni. Un riferimento specifico è stato fatto
ad alcune strutture istituzionali nazionali come “Il Consiglio Nazionale per la Pace”
del Ghana e la “Commissione per la Pace e la Riconciliazione” della Liberia e del
Togo; e la loro diffusione è stata propugnata. I partecipanti al Sinodo hanno riconosciuto
nelle donne e bambini, che sono le facili vittime della violenza domestica e della
mancanza di pace a causa di conflitti, la materia per organizzare in eccezionali gruppi
propugnatori di pace in tutto il continente e nelle sue isole. E dove l’assenza di
pace è causata da costumi e pratiche tradizionali oppressivi, l’assemblea ha suggerito
l’istituzione di “Centri di Studio Culturali” per guidarne la revisione e la riforma. Ma
la pace, che è emersa dall’assemblea sinodale come la condizione di vita ed attività
umana più ambita nel continente e nelle sue isole, ironicamente è fuori della portata
dell’uomo e del suo mondo. L’Instrumentum Laboris, quindi, chiede all’assemblea sinodale
quale pace cerca! (46). La propria opinione è che “la pace del mondo è precaria
e fragile”; poiché la pace non è innanzitutto il frutto di strutture e non si realizza
fuori della persona. La pace nasce prima di tutto dal di dentro, all’interno degli
individui e delle comunità che essi creano. La pace, quindi sembra essere il frutto
della “disposizione spirituale” di una persona; e se fiorisce dove c’è giustizia,
allora, come la giustizia e la riconciliazione, essa pure è il frutto dell’amore. Quando
Tommaso d’Aquino insegnò che pace ed armonia sono conservate dalla giustizia, egli
sosteneva anche che per conservare la pace e la giustizia tra gli uomini, i precetti
della giustizia non sono sufficienti. È essenziale che tra essi ci sia l’amore.[12]
Di conseguenza, il “Catechismo della Chiesa Cattolica”, rifacendosi alla Scrittura
ed alla ricca tradizione della Chiesa, insegna anche che la “pace è il frutto della
giustizia e l’effetto della carità”[13]; ed è in questo senso che Cristo è identificato
dalla Scrittura come nostra pace. La “pace” che è Cristo non ha semplicemente un
senso profano, in quanto assenza di conflitto (cfr. Gen 34, 21; Gs 9, 15; 10:1,4;
Lc 14, 32), presenza di armonia nella casa ed all’interno della famiglia (cfr. Is
38, 17; Sal 37, 11; 1 Cor. 7, 15; Mt 10, 34; Lc 12, 51), sicurezza e prosperità individuale
e pubblica (nazionale) (cfr. Gdc 18, 6; 2 Re 20, 19; Is 32, 18). La “pace” non è soltanto
quando gli esseri umani e le loro società eseguono i rispettivi doveri e riconoscono
i diritti delle altre persone e società”[14]; e non è soltanto uno dei risultati di
aver lavorato per la giustizia.[15] La “pace” essenzialmente trascende gli sforzi
del mondo e quelli umani.[16] È una totalità determinata da Dio e conferita all’uomo/donna
di giustizia. È un dono di Dio (cfr. Is 45, 7; Nm 6, 26) per i “giusti”: “coloro su
cui si posa il suo favore” (Lc 2, 14). Ed è noi, in quanto giusti portatori sulla
terra della pace di Cristo, che Paolo esorta, come membri delle sue comunità cristiane,
a portare avanti la pace (cfr. Rm 14, 19; Ef 4, 3; Eb 12, 14) e ad essere in pace
l’uno con l’altro (cfr. Rm 12, 18; 2 Cor 13, 11). Ma a tali giusti portatori sulla
terra della pace di Cristo dobbiamo anche ricordare, come abbiamo fatto con la “giustizia”,
che la “pace” è un’attività che va oltre la semplice giustizia e richiede l’amore.[17]
Deriva dalla comunione con Dio e punta al benessere dell’umanità.Il primo Sinodo invitò
la Chiesa in Africa e nelle sue isole a vivere nella comunione della Chiesa-famiglia
di Dio. Questo secondo Sinodo ora invita la Chiesa-famiglia di Dio, in ogni parte
della sua composizione, a fare un’esperienza di quelle virtù che stabiliscono la nostra
comunione con Dio ed a testimoniare ed a vivere le stesse (riconciliazione, giustizia,
pace) per amore e misericordia nel continente e nelle sue isole.Nelle pagine seguenti
c’è la presentazione di alcune componenti della Chiesa-famiglia di Dio che servono
la riconciliazione, la giustizia, e la pace nel continente, come i Padri sinodali
le hanno prefigurate; e le implicazioni del loro ministero sono esposte nei simbolismi
di sale e luce: sale della terra e luce del mondo.
DISCEPOLI, SERVITORI DELLA
RICONCILIAZIONE, DELLA GIUSTIZIA E DELLA PACE
Illuminata e trasformata
dal mistero pasquale di Cristo e ricolmata di Spirito Santo, la comunità dei discepoli
é inviata per una missione: l’annuncio a tutti e dovunque di tutto ciò che essa ha
contemplato, ascoltato e toccato del Verbo di vita (cfr. 1 Gv 1, 1). Questa missione
consiste nel rendere visibile Cristo in ogni circostanza ed in tutti i luoghi in cui
lo Spirito la sospinge (cfr. At 13, 2). Essi hanno coscienza di essere una comunità
che condivide i beni spirituali e materiali senza alcuna discriminazione etnica o
culturale. Sospinto dallo “Spirito del Signore”, il diacono Filippo convertì un
funzionario etiope che, a sua volta, diventerà missionario presso la sua gente (cfr.
At 8, 26-39). Questo conferma che l’Africa è la patria di Cristo che vi resta presente
senza discontinuità in quella comunità ecclesiale che vi nasce e della quale i Padri
sinodali hanno ascoltato il Patriarca. La Chiesa, famiglia di Dio in Africa, è orgogliosa
delle sue origini apostoliche e fiera per i suoi antenati nella fede; è poi chiamata
a trovare nei loro esempi il coraggio per continuare ad annunciare il vangelo della
Riconciliazione, della giustizia e della pace. Essa fonda la sua azione nella contemplazione
del suo Maestro, il Cristo “via, verità e vita” (Gv 14, 6), che “non è venuto per
farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti” (Mc 10,
45). Il suo autosvuotamento ci innalza e ci introduce nella famiglia di Dio, in una
umanità rinnovata, riconciliata e animata dal suo Spirito (cfr. Fil 2, 6-11). Per
rendere più forte questa sua missione di riconciliazione, di giustizia e di pace,
la Chiesa-Famiglia di Dio in Africa deve prendere coscienza della sua identità, ripensare
il suo modo di essere e di agire con attenzione alla verità ed nella fedeltà alla
sua missione. I suoi membri devono riconciliarsi in essa e imitare Cristo-Servo. La
comunione tra i pastori, la loro testimonianza di vita, le loro relazioni con i collaboratori
ed il trattamento degli impiegati sono altrettanti ambiti da analizzare. I Padri
sinodali si sono presi il tempo di ascoltarsi e di rendersi conto dei differenti aspetti
di questa missione e dei diversi soggetti che vi sono implicati: persone singole,
famiglie, ragazzi, giovani, comunità ecclesiali di base, laici, religiosi/e, chierici
Oltre i settori sociali proposti e richiamati nello Instrumentum Laboris come
ambiti da sottoporre ad attento esame (la famiglia, la dignità della donna, la missione
profetica, le comunicazioni e le nuove tecnologie di informazione e comunicazione,
l’autosostentamento), in molti interventi di padri sinodali è apparso un nuovo settore:
quello socio-religioso.
FAMIGLIA
I padri sinodali hanno colto come primo
compito della Chiesa-Famiglia di Dio in Africa la riabilitazione della famiglia africana
nella sua dignità e nella sua vocazione dato che essa è minacciata da pericolose ideologie
(ideologia sul “genere”). La grande stima dell’istituto familiare è rimarchevole in
tutte le culture africane così che non è senza motivo che la Chiesa che è in Africa
si definisca come “Chiesa-Famiglia di Dio”, terminologia consacrata nel precedente
Sinodo ma che avrebbe ancora da guadagnare col dare alla “Famiglia” una solida base
antropologica cristiana, suscettibile di manifestare meglio la sua identità e la sua
vita nella luce della Chiesa universale. I Padri sinodali hanno chiaramente denunciato
le ideologie ed i programmi internazionali che vengono imposti alle nostre nazioni
sia con erronee motivazioni sia come condizionamenti in vista dell’aiuto per lo sviluppo.
Sono dannosi per la famiglia. Per questo bisogna formare persone competenti e abilitarle,
se necessario, a formare Associazioni di famiglie cattoliche e altri movimenti di
laici che difendono il bene della famiglia e si impegnano in pubblici dibattiti (conferenze,
trasmissioni radio). Occorre poi introdurre nei seminari, nei noviziati, e nelle
altre case di formazione delle contestuali analisi socio-pastorali allo scopo di evidenziare,
valutare e prevenire ogni rischio o pericolo che possa minacciare l’istituzione famigliare. Vi
è poi l’urgenza di ridefinire la famiglia come “Chiesa domestica” e primo luogo di
educazione all’amore, alla riconciliazione, alla giustizia e alla pace. Le famiglie
cristiane diventeranno così stabili basi di comunità ecclesiali di base che saranno
allora “comunità-famiglia”, vere scuole di evangelizzazione. La pastorale familiare
deve integrare questi elementi.
DIGNITÀ DELLA DONNA E SUO COMPITO AL SERVIZIO
DELLA RICONCILIAZIONE, DELLA GIUSTIZIA E DELLA PACE
La donna è al servizio
della vita e dell’educazione degli altri membri della famiglia ad essere veramente
umani, ma viene bloccata nella manifestazione di questo compito dalla cultura tradizionale
(mutilazioni genitali) e derisa dalla cultura della modernità (pornografia, prostituzione,
violenze ed ogni sorta di umiliazione sociale).
I Padri sinodali hanno ascoltato
il grido delle donne, riproposto da alcuni tra loro. La Chiesa-Famiglia di Dio è invitata
a fare qualcosa contro le gravi ingiustizie perpetrate contro di loro. Esse hanno
bisogno di essere riconosciute, nella società come nella Chiesa, come membri attivi
impegnati nella vita della Chiesa. Il loro contributo allo sviluppo e alla salvaguardia
della famiglia umana, anche in tempo di conflitti, deve essere riconosciuto e apprezzato
nel suo giusto valore. Come madri esse assicurano la prima educazione dei bambini:
all’amore e alla socialità. Come spose partners fidate dei mariti I Padri sinodali
sono chiamati a riservare alle donne seria considerazione e attenzione e ad aver l’audacia
di apprezzare le loro capacità, già dimostrate nella gestione della vita familiare
Loro sono capaci di adoperarsi ampiamente per la Chiesa. Di conseguenza, un’evangelizzazione
profonda della cultura tradizionale le aiuterà a liberarsi da comportamenti e costumi
contrari al vangelo ma sempre presenti in molte società (poligamia, violenze domestiche,
discriminazione nel diritto di eredità, matrimoni forzati, prime vittime dell’HIV/AIDS). La
loro autoaffermazione (amore, rispetto e riconoscimento dei loro diritti) renderà
più concreto e più efficace il loro contributo, soprattutto nel suscitare e mantenere
una cultura di pace. Esse vi sono naturalmente inclinate per il loro proprio “genio”
e per i loro doni di pazienza, di accoglienza, di ascolto e di educazione.
IL
SETTORE SOCIO-RELIGIOSO La paura e l’incertezza caratterizzano la vita di fede
in molte popolazioni africane (diffidenza, sospetto, autodifesa, aggressività, ciarlatanismo,
magia, occultismo e sincretismo). Un’analisi portata a fondo mostra che un insaziabile
desiderio di possesso egoistico è alla radice dei grandi conflitti che certe regioni
dell’Africa hanno conosciuto. I fedeli cattolici si imbattono nel richiamo delle sette
a causa di eventuali problemi sociali e a motivo del loro desiderio di soluzioni rapide
per le loro problematiche fisiche o psicologiche. Le sette abusano della debolezza
o dell’ignoranza dei fedeli. Certi gruppi poi attaccano la Chiesa con pratiche di
occultismo. I Padri sinodali sono stati invitati da taluni di loro a riprendere
in mano la prima catechesi per aiutare i fedeli a vivere la loro vita quotidiana coerentemente
con la fede cristiana. Una spiritualità equilibrata può aiutare i cristiani a resistere
alla pressione delle sette. Nell’ambito di gravi ingiustizie subite (conflitti
armati, violenze) i Padri sinodali hanno ascoltato testimonianze commoventi di persone
che hanno fatto l’esperienza del perdono; ne è risultato che Giustizia-Perdono-Verità
sono inseparabili. Le ingiustizie provocate non possono essere riparate se non riconoscendo
e confessando il male. Il perdono domandato e accordato, dopo aver liberato la vittima
e il carnefice, stabilisce una nuova, più forte relazione. Questa forza di amare e
di perdonare è un dono di Dio (cfr. testimonianza ascoltata in aula). I fedeli
imparerannoa a fondare le loro relazioni e i loro comportamenti su: - l’assicurazione
data da Cristo della sua permanente presenza tra loro: “Io sono con voi tutti i giorni,
fino alla fine del mondo” (Mt 28, 20) - l’abbondanza di vita che Lui solo può donare
sacrificando la sua (cfr. Gv 17, 2-3) - la pace che Lui solo può donare ma non
alla maniera del mondo (cfr. Gv 14, 27) - la sua giustizia che sorpassa ogni giustizia
umana (cfr. Mt 5, 38) I sacramenti, in particolare l’Eucaristia e la Riconciliazione,
costituiscono la sorgente inesauribile di forze per costruire la Chiesa-Famiglia di
Dio. Dio è l’unica sorgente della vita: Cristo, primogenito dai morti ci ha riconciliato
con Dio per mezzo del sangue della sua croce (cfr. Col 1, 15ss). Noi siamo legati
da un legame di sangue con Cristo che ci introduce in una grande fraternità di cui
è il maggiore. È allora urgente convincere i fedeli di Cristo che i legami fraterni
stabiliti da Cristo con l’acqua del battesimo e con il suo sangue sono più forti di
quelli biologici. Egli è il fratello maggiore di una moltitudine di fratelli e, per
questo, stabilisce una co-filiazione che restaura la dignità dell’uomo africano, lo
riconcilia con se stesso e con gli altri, lo guarisce personalmente, socialmente,
culturalmente, politicamente ed economicamente. Di conseguenza la dignità del carattere
sacro di ogni persona andrà riconosciuta e rispettata chiunque egli sia e comunque
sia la situazione in cui essa si trova. Questo domanda: solidarietà, partecipazione,
rispetto degli altri, ospitalità, raduno e riconciliazione ad opera di una giustizia
restaurativa L’Eucaristia, sorgente e vertice della vita cristiana, dovrà essere
il luogo della migliore espressione della riconciliazione e della pace (cfr. Preghiera
eucaristica 3). È il medesimo Corpo di Cristo che ci raccoglie ed il medesimo Sangue
di Cristo che scorre nelle nostre vene.
Una catechesi di approfondimento dei
sacramenti può aiutare i fedeli a vivere l’Eucaristia con più profondità e profitto
dato che in molte comunità la “messa” resta una parentesi nella giornata o nella settimana:
l’Eucaristia non ha ancora trasformato la vita e l’agire quotidianodi molti fedeli:
come prova si pensi allo scambio della pace che avviene o senza comprenderlo o snaturandolo.
L’Eucaristia è lì occasione di inviare ogni membro partecipante per una particolare
missione di riconciliazione e di guarigione, di giustizia e di pace nel mondo che
gli è più prossimo. La doppia dimensione, personale e comunitaria, della celebrazione
del sacramento della Riconciliazione dovrà venire fortemente sottolineata. La celebrazione
comunitaria della Riconciliazione è, in certe occasioni, molto adatta per placare
e guarire le ferite della società e delle famiglie devastate da situazioni di violenze,
di conflitti e di guerre. Il peccato ha una dimensione sociale e la Riconciliazione
deve quindi impegnare tutta la comunità.
LA MISSIONE PROFETICA DELLA CHIESA-FAMIGLIA
DI DIO IN AFRICA
La Chiesa-Famiglia di Dio – per la sua natura, la sua coerente
dottrina sociale, la sua ripartizione geografica e la sua preoccupazione dell’unico
bene dell’uomo – è più adatta di ogni altra organizzazione per affrontare le sfide
della riconciliazione, della giustizia e della pace. I Padri sinodali hanno riconosciuto
la grande necessità di una attiva presenza della Chiesa (nei dibattiti a livello nazionale,
regionale o continentale) negli ambiti decisionali in cui si affrontano i problemi
dello sviluppo umano (socio-economico), lo stabilimento di buone relazioni tra gruppi
in conflitto (mediazioni) ed il ristabilimento di relazioni in grado di garantire
un futuro di pace. Per parlare di riconciliazione, di giustizia e di pace e per
garantire un impegno più attento e coordinato, è necessario che i vescovi parlino
con un’unica voce, attraverso la stessa conferenza episcopale (nazionale, regionale
o continentale). Occorre dar vita ad una sinergia tra tutte le istituzioni ecclesiali
(SECAM, COSMAM, Associazioni e Organizzazioni laiche continentali) per discernere
insieme tutti i diversi aspetti della vita e degli insegnamenti della Chiesa al servizio
della riconciliazione, della giustizia e della pace. Occorre creare delle strutture
specializzate (Osservatorii) se sono necessarie per affrontare nuove sfide, per sviluppare
iniziative o per seguire l’evoluzione di certe situazioni o problematiche come l’interferenza
estera, la brama di beni materiali, le problematiche etniche... cause potenziali di
conflitti etnici. Tutte le radici di conflittualità delle società africane vanno affrontate
senza paura o soggezioni e devono diventare oggetto di piani di azione pastorale continentale
o di direttive pastorali precise. Gli episcopati africani hanno pure un grande
interesse a rinforzare la loro presenza nelle organizzazioni continentali (U.A.) in
armonia con l’azione della Santa Sede (diplomazia vaticana) per stimolare, incoraggiare
e garantire le iniziative tendenti a promuovere la riconciliazione, la giustizia e
la pace. Il disastro provocato dalla pandemia HIV/AIDS non è stato perso di vista
dai Padri sinodali. Essi incoraggiano tutti coloro che dispiegano degli sforzi per
prendersi cura e dare speranza a persone infettate o ammalate così che resistano alla
tentazione della disperazione. La missione della Chiesa-Famiglia di Dio in Africa
di portare i cristiani a vivere secondo il vangelo di Cristo la impegna sia nello
sforzo di ridurre la negativa visione sociale di queste persone infette sia a sostituire
la violenza con la costruzione di ponti di riconciliazione, di giustizia e di pace.
Occorre interpellare in proposito i poteri pubblici così da parlare in nome dei “senza
voce”. Un appello è stato indirizzato per una più grande sinergia e solidarietà perché,
in Africa, i malati ricevano lo stesso trattamento che in Europa. Nella lotta per
la preservazione delle vite umane e per assicurare maggiormente la pace tra gli uomini,
molte voci si sono levate per domandare l’arresto delle fabbriche che costruiscono
armi e alimentano i conflitti in Africa. Dopo i conflitti per territori vitali e per
lo sfruttamento delle miniere, è la guerra dell’acqua che si profila all’orizzonte.
Occorre prevenirla restando vigili sul degrado dell’ambiente a causa del riscaldamento
climatico. I Padri sinodali riconoscono che le cause dei conflitti armati in Africa
non sono dovuti al tribalismo ma alla bramosia delle multinazionali ed al loro desiderio
di appropriarsi in modo esclusivo di giacimenti strategici (petrolio, uranio, coltan
): è questo a generare i conflitti. Essi incoraggiano la messa in atto di quadri
giuridici internazionali per garantire un controllo delle multinazionali e delle industrie
estrattive transnazionali.
LAICI
I conflitti in Africa non possono
non rimandarci alla recente storia (pericolo dell’acutizzazione dei nazionalismi e
dei vari concetti sulle razze che sono anti-cristiani). I cristiani sono abbastanza
numerosi nell’amministrazione pubblica, nella vita politica e nelle varie decisioni
(parlamentari). Ma malgrado ciò, le leggi contrarie alla morale cristiana, pure riguardo
alla sfera familiare, sono votate e approvate. C’è dunque il bisogno di formare
degli uomini politici cristiani e di garantire loro una formazione cristiana solida
(Bibbia, teologia morale, dottrina sociale della Chiesa, Storia della Chiesa ) e
degli strumenti giuridici per difendere i valori cristiani (la famiglia in particolare)
e così contribuire positivamente all’elaborazione dei testi legislativi che rispettino
la morale cristiana. I Padri sinodali hanno riconosciuto che non basta formare i fedeli
laici al leadership politico nei nostri paesi, ma bisogna pure accompagnarli nei loro
impegni per farli diventare responsabili del cambiamento nella società (buona gestione
delle famiglie e dei responsabili sociali e società politiche). Vari movimenti
d’apostolato dei laici possono contribuire al servizio della riconciliazione, della
giustizia e della pace. La Chiesa attraverso le sue istituzioni specializzate, può
impegnarsi nella società civile e con tutte le ONG affidabili o con altre confessioni
religiose per, assieme, affrontare la lotta per la promozione integrale dei diritti
umani.
MEZZI DI COMUNICAZIONE
L’aumento dei conflitti africani e la
loro strumentalizzazione dai media costituiscono una sfida per la Chiesa - Famiglia
di Dio in Africa. I Padri sinodali sono stati informati degli sforzi compiuti da molte
diocesi per dotarsi con delle radio diocesane. Queste permettono di promuovere l’ideale
della fraternità e della coabitazione pacifica, della riconciliazione, della giustizia
e della pace presso i popoli. La potenza dei mezzi di comunicazione possono servire
alla diffusione della Buona Novella pure in un continente dove resta ancora presente
una tradizione e una cultura orale. Una buona formazione tecnica e religiosa dei
comunicatori cattolici (soprattutto nella Dottrina Sociale della Chiesa) è fondamentale.
Allo stesso tempo è necessario formare i pastori stessi e gli agenti pastorali al
linguaggio e la buon utilizzo dei mezzi di comunicazione. I fedeli laici in generale
imparino a esercitare il discernimento e lo spirito critico dinanzi alle ideologie
che circolano nei media. Un’attenzione particolare è da rivolgere ai giovani. Essi
sono le prime vittime degli effetti distruttori della mondializzazione dei costumi
dei sistemi dei valori. Da ciò il bisogno di un’educazione integrante e integrale
a tutti i livelli (infanzia, giovani e adulti), alla pratica dei valori sociali indispensabili
per una coesistenza armoniosa: la promozione della vita umana, l’unione del genere
umano e l’uguale dignità delle persone, il rispetto del bene comune e il diritto di
tutti di profittarne. Ciò comincia dalla famiglia e continua negli stabilimenti
e nelle scuole cattoliche che restano dei luoghi d’educazione per eccellenza, ai valori
della vita cristiana e pure alla cultura della tolleranza, della convivenza, del servizio
agli altri, riconciliazione, della giustizia e della pace.
IL CLERO
La
formazione dei seminaristi deve essere curata e una buona armonizzazione fra la filosofia
e la teologia permetterà di rispondere con saggezza agli interrogativi del mondo.
È necessario redigere una ratio nationalis intitutionis sacerdotalis per favorire
il discernimento, la formazione spirituale e affettiva adattata alle circostanze e
alle persone. Questo discernimento rigoroso e la formazione spirituale e affettiva
adattate alle situazioni li predisporranno a essere delle persone solidamente ancorate
alle loro culture e fedeli agli insegnamenti della Chiesa. La preoccupazione di
avere dei formatori competenti deve essere prioritaria. Il coinvolgimento della famiglia
e della comunità cristiana in una testimonianza di fedeltà nella pratica dei consigli
evangelici li aiuterà a fondare le loro vite sulla sola appartenenza a Cristo.
LA
VITA CONSACRATA
La vita consacrata è in veloce crescita nella Chiesa-Famiglia
di Dio in Africa. Come nelle vocazioni sacerdotali, si constatano insufficienze in
materia di discernimento e di formatori(-trici). I Padri sinodali sono chiamati ad
aiutare la vita consacrata per perdurare nella missione profetica con l’appoggio nella
realizzazione della missione Ad Gentes e a incoraggiare una testimonianza di comunione.
Essi sono stati informati di alcune ragazze africane inviate in Europa per la formazione
alla vita religiosa, ma a volte non è finito sempre bene, alcune si rifiutano di ritornare
e finiscono per trovarsi in mezzo a pericoli. Questa materia ha bisogno di essere
trattata dai Padri sinodali. LA COSMAM sta diventando una realtà nel continente
e costituisce una struttura di direzione della vita consacrata in Africa e nell’ambito
del dialogo coi vescovi del continente (SECAM).
UNA SOLA CHIESA-FAMIGLIA DI
DIO CON VARI VOLTI
La Chiesa-Famiglia di Dio, a nord e a sud del Sahara, ha
una medesima missione di servizio. La Chiesa-Famiglia di Dio a nord del Sahara ha
la stessa missione di servizio della Chiesa a sud del Sahara. Non è ancora intergrata
nella Chiesa-Famiglia di Dio in Africa. È una Chiesa crocevia, con tanti sentieri
che si incrociano, e tuttavia è chiamata ad essere la Chiesa della Pentecoste perché
diventa una Chiesa multiculturale grazie all’importante presenza di studenti sud-sahariani.
Questi ultimi imparano a vivere la loro fede in un contesto nuovo e affrontano coraggiosamente
il loro avvenire senza scoraggiarsi davanti alle ingiustizie. Malgrado la sua costituzione
di minoranza cristiana in mezzo a un ambiente mussulmano, la Chiesa mantiene un buon
rapporto di dialogo con l’Islam ed è impegnata in diversi servizi della società: sociale,
culturale ed educativo. I vescovi Padri sinodali di queste Chiese hanno chiamato
i loro confratelli Vescovi ad andare all’incontro e al dialogo con altre religioni,
senza complessi, superando paure e pesi del passato (p.e. rapporto fra mondo arabo
e africa nera) e a stabilire delle relazioni di collaborazione con i musulmani di
buona volontà e così riuscire a ridurre le tensioni. Essi vorrebbero: - come
minoranza cristiana in mezzo all’Islam, fare parte del sinodo dei vescovi del 2010
(Mezzo Oriente); - l’organizzazione di un colloquio continentale di condivisione
e di scambio d’esperienze delle varietà delle situazioni dei rapporti con l’Islam
(da Tunisi a Johannesburg); - ricordare Santi, Beati e Martiri della Chiesa-Famiglia
di Dio in Africa. Oltre ai santi e ai beati dell’Africa che il Santo Padre non
manca mai di ricordare, i Padri sinodali hanno ricordato la memoria dei vescovi, dei
sacerdoti, dei religiosi e religiose, dei laici e dei seminaristi che sono rimasti
in stato di servizio, fino al dono delle loro vite come Cristo. Altre persone sono
morte tragicamente nel servizio al bene comune. Bisogna fare memoria anche di loro,
“insieme” con i membri della Chiesa. Tutti questi eroi del servizio e della riconciliazione
meritano di essere presentati ai giovani come modelli. Interpellare la coscienza
della comunità internazionale sulle ingiustizie e sulle violenze che si perpetrano
nell’Africa, ed invitarla ad una maggiore solidarietà. Invitare la comunità internazionale
a compromettersi per la ricostruzione dei paesi distrutti dalla guerra.
CONCLUSIONE
“Sale”
e “Luce” sono metafore / immagini con cui il Servo di Dio Giovanni Paolo II descrisse
una volta la missione dei fedeli di Cristo, nella molteplicità e diversità di identità
e ruolo, in Africa e nelle sue Isole. Disse: “Ai nostri giorni, nel contesto di una
società pluralista, è soprattutto grazie all'impegno dei cattolici nella vita pubblica
che la Chiesa può esercitare un'influenza efficace. Dai cattolici, siano essi professionisti
o insegnanti, uomini d'affari o funzionari, agenti di sicurezza o politici, ci si
aspetta che testimonino bontà, verità, giustizia e amore di Dio nelle loro attività
di ogni giorno. ‘Il compito del fedele laico [...] è quello di essere il sale e la
luce nella vita quotidiana, specialmente laddove è il solo a poter intervenire’”.[18] Il
tema di questo Sinodo con il riferimento all’invito di Cristo ai suoi discepoli ad
essere “sale della terra e luce del mondo” non allude semplicemente alla testimonianza
che la Chiesa-Famiglia di Dio in Africa, come i discepoli di Gesù (cfr. At 1, 8) deve
dare nel Continente, nelle sue Isole e nel mondo. Si tratta di un riferimento anche
ad un metodo di evangelizzazione e missione apostolica credibile, voluta dal Signore
sulle tracce della sua missione. “Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo proprio
Figlio” (Gv 3, 16); e la missione del Figlio di Dio incarnato era descritta da Paolo
l’autosvuotamento del Figlio di Dio per diventare uomo: “egli, pur essendo nella condizione
di Dio, svuotò se stesso assumendo una condizione di servo” (Fil 2, 6-7). Come tale,
Gesù ha svolto la sua missione sulla terra, portando il suo auto svuotamento alla
sua più alta espressione nella sua sofferenza e morte in croce, portando a compimento
la profezia del servo di Dio nell’Antico Testamento (Is 52-53 ecc.).
Questo
è il carattere del ruolo di servo che il tema del Sinodo evoca per portare la riconciliazione,
la giustizia e la pace nel continente e nelle sue Isole. “Servire la Riconciliazione,
Giustizia e Pace”, come tema del Sinodo invita la Chiesa-Famiglia di Dio in Africa
alla vita pasquale con l’impegno della riconciliazione, della giustizia e della pace,
significato della metafora di sale e luce. Così viene fondato il nostro metodo azione
apostolica nel servire la riconciliazione, la giustizia e la pace nel sacrificio che
facciamo delle nostre vite e in quello di Cristo. Poiché in noi deve esserci quello
che era in Cristo Gesù (cfr. Fil. 2, 5). In questo Sinodo, è stata espressa variamente
l’intenzione che la Chiesa-Famiglia di Dio in Africa deve essere trasformata dal di
dentro e che essa deve trasformare il continente, le sue Isole e il mondo come sale
e come luce. Essa prospetta una missione apostolica, che i suoi pastori e altri collaboratori
pastorali hanno articolato in modo diverso in questa assemblea: - liberare la popolazione
del continente da ogni paura; - assicurare una conversione profonda e permanente
e una “solida” formazione in ogni campo: fede, catechesi, morale, media, cultura dell’amore,
pace, giustizia, riconciliazione, buongoverno, gestione ecc.; - dialogo a tutti
i livelli, incluso l’ambiente; - difesa di vari interessi e bisogni sociali, specialmente
del posto della donna nella società, dell’educazione dei figli e della gioventù; -
migrazione e varie forme di movimento del popolo e ciò che richiede la nostra cura
pastorale; - sfida del ministero del cambiamento di attitudini e mentalità, perché
si liberino dagli effetti di una passato di colonialismo, sfruttamento ecc.; -
resistenza del continente e dei suoi popoli alle minacce della globalizzazione e alle
esigenti sfide dell’etica globale, ingiuste condizioni commerciali, etnocentrismo,
fondamentalismi, ecc. Il simbolo polivalente del sale esprime le molteplici forme
dell’esistenza pasquale, sotto cui la Chiesa-Famiglia di Dio in Africa deve sercire
la riconciliazione, la giustizia e la pace (e ora anche la verità, che questa assemblea
ha strettamente collegato ad esse); e la luce del Vangelo ci guida.
[1]L’evidenziatura
è mia. Cfr. Lettera del Papa Giovanni Paolo II all’Arcivescovo Nikola Eterovic in
occasione dell’Incontro del Consiglio Speciale per l’Africa del Segretariato Generale
del Sinodo dei Vescovi, Vaticano, 23 Feb. 2005. [2]Il 26 Giugno 2006, alla conferenza
stampa in Vaticano, rivolta dal Cardinal Francis Arinze, il Consiglio Speciale per
l’Africa del Segretariato Generale del Sinodo dei Vescovi, rese pubblici i Lineamenta
della Seconda Assemblea speciale per l’Africa; ed il 19 Marzo 2009, a Yaoundé, il
Santo Padre ha presentato l’Instrumentum Laboris della Seconda Assemblea speciale
per l’Africa. [3]PRIMA ASSEMBLEA SPECIALE PER L’AFRICA: Instrumentum Laboris 1993,
1. [4]SECONDA ASSEMBLEA SPECIALE PER L’AFRICA, Lineamenta, “Prefazione”. [5]GIOVANNI
PAOLO II, Esortazione apostolica Post-Sinodale Reconciliatio et Poenitentia, 2 [6]Il
“malvagio” () è l’opposto del giusto. Egli distrugge la comunione e la comunità
trascurando di soddisfare le esigenze di relazione della comunità. (The Interpreter’s
Dictionary of the Bible, vol. 4, 81). [7]Papa Giovanni Paolo II definisce “misericordia”
come “una speciale poytere dell’amore, che prevale sul peccato e l’infedeltà del “popolo
eletto” (Dives in Misericordia, 4.3). [8]Così, Papa Giovanni Paolo II insegna che
nelle relazioni tra individui e gruppi sociali ecc., “la giustizia non basta”. C’è
bisogno di “una forza più profonda, che è l’amore” (cfr. Dives in Misericordia, 12). [9]Compendio
della Dottrina Sociale della Chiesa, 3, 63. [10]Catechismo della Chiesa Cattolica,
2304. [11]BENEDETTO XVI, Omelia, Basilica di S. Pietro, domenica 4/10/09. [12]Contra
Gentes 1. III, c.128. [13]Ibidem [14]GIOVANNI XXIII, Pacem in Terris, 172. [15]CONCILIO
ECUMENICO VATICANO II, Gaudium et Spes, 84. [16]Anche se è un compito, qualcosa
per cui lavorare, “pace” è un dono di Dio, qualcosa che la pace terrena soltanto anticipa
vagamente. [17]CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Gaudium et Spes, 78. [18]GIOVANNI
PAOLO II, Esortazione Apostolica Post-Sinodale Ecclesia in Africa, 108.
Di
seguito riportiamo i 25 quesiti che il Card Turkson ha posto a conclusione della sua
presentazione, domande che rispecchiano le problematiche emerse durante la discussione
sinodale e la volontà della Chiesa di impegnarsi per la risoluzione delle stesse.
INTRODUZIONE 1.
La Chiesa-Famiglia di Dio in Africa e nelle sue Isole, come anche il resto del mondo
cattolico quanto sono coscienti dell’incidenza di questo Sinodo? Cosa può essere fatto?
Cosa deve essere fatto?
RIUNITI DI NUOVO IN UN’ASSEMBLEA SPECIALE PER L’AFRICA
DEL SINODO DEI VESCOVI 2. Come intendi questo Sinodo in quanto “esercizio di comunione
ecclesiale” della Chiesa universale? Cosa si può migliorare di questa comprensione
del Sinodo?
ALTRE STRUTTURE DI COMUNIONE ECCLESIALE 3. Papa Giovanni Paolo
II disse: “ Per costruire una società stabile, l’Africa ha bisogno che tutti i suoi
figli uniscano le loro forze ”. Come valuti le varie forme di ministero collegiale
e di collaborazione nella Chiesa-Famiglia di Dio in Africa e nelle sue Isole?
IL
COMPITO DELLA SECONDA ASSEMBLEA: DISGRAZIE O SFIDE PER L’AFRICA? 4. Papa Giovanni
Paolo II disse: “Cuori umani feriti sono il luogo dove infine si nascondono per la
causa di tutto ciò che è destabilizzante nel continente africano”. Qual è il tuo giudizio
di questa affermazione? Puoi presentare esempi ed evidenze? 5. L’Instrumentum Laboris
66 dice: “Alcuni ritengono che la ragione profonda dell’instabilità delle società
del continente sia legata all’alienazione culturale e alla discriminazione razziale
che, nel corso della storia, hanno generato un complesso di inferiorità, il fatalismo
e la paura”. Cosa ne pensi tu? Come il tema del sinodo può aiutarti a trattarne? 6.
Sei d’accordo con l’identificazione dei mali e dei problemi che i Padri Sinodali hanno
riconosciuto in Africa e nelle sue Isole come “sfide”? Quanto reale hai trovato la
descrizione della prima Assemblea Speciale per l’Africa come “sinodo di speranza e
di risurrezione?”. 7. Quanto vero è che i Padri sinodali tendono a generalizzare
le tematiche della Chiesa locale e nazionale, ampliandole ed applicandole a tutta
l’Africa? Quali situazioni specifiche nella tua Chiesa locale e nel tuo paese risuonano
nel tema del sinodo o vi trovano soluzioni?
RAFFORZARE LA FEDE IN CRISTO 8.
Fino a che punto sei d’accordo che il tema del sinodo è prima di tutto un “programma
di spiritualità” e poi un’“attività”? 9. Diversi interventi in aula hanno esposto
lamentele circa la qualità della testimonianza cristiana e dell’impegno delle persone
verso la propria fede (di fronte a sette, stregoneria, ecc.). Come valutare gli attuali
metodi per portare la gente alla fede e dentro la Chiesa? Che fare per assicurare
una conversione profonda e permanente?
CRISTO NOSTRA RICONCILIAZIONE 10.
Quali aspetti positivi della tradizione e cultura africana possono essere trasferiti
nella catechesi cristiana della riconciliazione, della giustizia e della pace? Il
sacramento della riconciliazione può assumere forme significative per i nostri fedeli
attraverso l’adozione di tali aspetti? 11. Quali elementi della nostra tradizione
e cultura costituiscono un ostacolo alla comprensione e celebrazione della riconciliazione? 12.
“Molti cristiani hanno testimoniato fino al martirio a favore del Vangelo della fraternità
generata dall’acqua del battesimo”.Qual è la tua esperienza dell’opposizione tra i
vincoli etnici e il legame ecclesiale nella tua Chiesa locale?
CRISTO NOSTRA
GIUSTIZIA 13. Chi qualificheresti come vittima dell’ingiustizia nella tua Chiesa
locale e nella tua nazione? Come si può portargli la giustizia? È possibile istituire
strutture primarie per la cooperazione con altre religioni nella prevenzione di conflitti
e nella formazione di una cultura di giustizia e di pace? 14. Quali passi fare
per formare i nostri fedeli laici ad un apostolato di guida cristiana nella società? 15.
In che modo le donne possono essere favorite nel portare i loro talenti nella prevenzione
dei conflitti, nella soluzione dei conflitti e nella riconciliazione all’interno della
Chiesa e più ampiamente nella società?
CRISTO NOSTRA PACE 16. “Nella verità
c’è pace” (Papa Benedetto XVI). Questo insegnamento del Santo Padre è riecheggiato
molte volte nell’assemblea relativamente alla giustizia e al ruolo della legge. Come
trasmetterlo a tutti nella tua Chiesa locale? 17. “Cristo è la nostra pace”. Come
possiamo attuare nella nostra vita questa affermazione? Come può esse celebrata ordinariamente
nelle nostre comunità e nella vita cristiana?
FAMIGLIA 18. Quali piani strategici
possono essere messi in atto a livello continentale per salvaguardare e proteggere
la famiglia africana? La Chiesa-Famiglia di Dio in questo modo potrebbe offrire il
suo contributo alla Chiesa universale per aiutare le altre Chiese dove il processo
del declino della famiglia è già in atto.
DIGNITÀ DELLA DONNA E SUO COMPITO
AL SERVIZIO DELLA RICONCILIAZIONE, DELLA GIUSTIZIA E DELLA PACE 19. Come adottare
un piano d’azione per restituire dignità alle donne africane e rafforzare le loro
capacità perché si impegnino più coscientemente nel costruire la Chiesa-Famiglia di
Dio in Africa? Quali programmi concreti attuare perché le donne siano più attivamente
partecipi e responsabili di guida nella vita della Chiesa?
IL SETTORE SOCIO-RELIGIOSO 20.
Perché i vincoli di sangue (alleanze umane) sono considerati più del sangue di Cristo
(alleanza nuova ed eterna)? Come sviluppare la spiritualità della vita dell’Eucaristia
attuata nella vita quotidiana? (Un congresso Eucaristico continentale?) 21. Come
può essere celebrata la “Riconciliazione” nell’Eucarestia e nel sacramento della penitenza,
perché possa condurre ad un’autentica ricostituzione dei rapporti e trasformarci in
ambasciatori di riconciliazione?
LA MISSIONE PROFETICA DELLA CHIESA-FAMIGLIA
DI DIO IN AFRICA 22. Come ricercare, a partire dalla positiva esperienza delle
commissioni Iustitia et Pax o di altre simili iniziative, una pedagogia di riconciliazione
suscettibile di rispondere a traumi comunitari spesso dimenticati e di rendere le
persone attori responsabili di un cambiamento positivo? Un piano di azione pastorale
é stato proposto dalla Conferenza Episcopale Sénégal-Guinea Bissau-Mauritania.
I
LAICI 23. Perché i cristiani sono così poco impegnati nella società politica? Il
Vangelo ha qualcosa da esporre ai leader cristiani a proposito dei loro impegni?
MEZZI
DI COMUNICAZIONE 24. Come ripristinare la funzione positiva della PAROLA come supporto
educativo a riconciliazione, giustizia e pace, quando essa stessa è svalutata dagli
abusi, le menzogne, la propaganda odiosa o di disprezzo di alcuni media?
IL
CLERO 25. I nostri Pastori come possono vivere il “primato del servizio” nelle
nostre Chiese e comunità? In quanto agenti di evangelizzazione, come possono considerarsi
al servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace?