2009-10-12 15:18:07

Nulla di fatto per la missione diplomatica Usa in Medio Oriente


“Occorrono atti concreti per il rilancio dei negoziati di pace in Medio Oriente”. Sono le parole dell’inviato speciale statunitense per la regione, George Mitchell, dopo il sostanziale nulla di fatto della sua missione a Gerusalemme. Alle parole del rappresentante di Washington fa riscontro il pessimismo della diplomazia egiziana che parla di tempi lunghi per la ripresa del dialogo. A fare da sfondo alla situazione di stallo la mancata riunificazione tra i palestinesi. Di questi temi Giancarlo La Vella ha parlato con Maria Grazia Enardu, esperta di Medio Oriente, docente di Storia delle relazioni Internazionali all’Università di Firenze:RealAudioMP3

R. – La missione di Mitchell non ha avuto successo e, per di più, nei giorni in cui Gerusalemme era molto animata da manifestazioni contro la crescita della presenza ebraica, soprattutto nella città orientale. Il vero punto, però, lo farà la signora Clinton tra una settimana, quando, secondo quanto stabilito un mese fa durante il summit a tre a Washington tra Obama, Nethanyau e Abu Mazen, si era detto che, tempo un mese, il segretario di Stato americano avrebbe fatto una ricognizione e presentato un rapporto. Dal linguaggio e dal contenuto di questo rapporto si vedrà se gli americani considerano totalmente ferma la situazione o se prevedono qualche ulteriore passo.
 
D. – Quanto stanno influendo sulla situazione le questioni interne sia israeliana che palestinese?
 
R. – I palestinesi dovrebbero sulla carta fare a gennaio elezioni sia per il Parlamento, sia per il presidente. Ma di queste consultazioni non si parla, il che è molto preoccupante. Da parte israeliana, al governo c’è una coalizione di destra che, se facesse passi concreti verso la parte palestinese, automaticamente andrebbe in crisi. Quindi, c’è una sorta di doppia paralisi su due fronti. Molto attivo in questi giorni e molto preoccupato è stato re Abdallah di Giordania, che ha avvisato il governo israeliano che la situazione sta veramente sfuggendo di mano e, soprattutto, ha detto che c’è il rischio che la Lega Araba ritiri il piano di pace che prevede il pieno riconoscimento di Israele da parte di tutti i Paesi arabi, purché ritorni ai confini del ’67.
 
D. – Siamo abituati ad una comunità internazionale sempre molto presente nelle questioni israelo-palestinesi. Possiamo dire che oggi c’è una maggiore unità, su posizioni favorevoli ad una distensione nella regione mediorientale?
 
R. – Direi che c’è soprattutto un maggior frastagliamento. La comunità internazionale guarda allo stesso tempo con attenzione e con scetticismo. E all’interno di essa ci sono attori che stanno avviando una nuova politica. Ad esempio, la Turchia, Paese musulmano non arabo e da sempre amico d’Israele, sta mostrando grande freddezza verso Israele, sia annullando esercitazioni militari congiunte, sia anche rompendo un certo fronte del no e mettendosi d’accordo con gli armeni, certo con un’intesa che poi va verificata all’atto pratico. Comunque questo atteggiamento turco in Israele sta provocando grandissime preoccupazioni.







All the contents on this site are copyrighted ©.