Intervista con Mons. Giorgio Biguzzi, Vescovo di Makeni (SIERRA LEONE)
E come abbiamo sentito stamani è stato lanciato un appello per l’abolizione della
pena di morte. La proposta è partita dal vescovo di Makeni, in Sierra Leone, e presidente
della conferenza episcopale nel paese, mons. Giorgio Biguzzi. Ascoltiamolo
al microfono di Paolo Ondarza.
R. – In Serria
Leone c’è nella legge la possibilità della pena di morte. Il guaio è che è stata usata
da regimi passati, spesso come un sistema per eliminare gli avversari politici. Mai
la dottrina della Chiesa ha voluto questo: la pena di morte non è ammissibile. Io
– ma non solo io – ho lanciato qui nel Sinodo, anche qualche giorno fa, nella discussione
libera, questo tema perché il Sinodo ne faccia un punto fermo per tutto il continente.
D.
– Come viene recepito il no della Chiesa alla pena di morte nel suo Paese?
R.
– Io penso che la gran parte dei nostri cattolici lo accettano e lo vogliono. C’è
però – devo riconoscerlo – un certo gruppo che pensa, ritiene che per i crimini più
gravi sia una “giusta retribuzione”, per così dire.
D. – Anche tra i cattolici?
R.
– Anche tra i cattolici c’è chi la pensa così. C’è stata per esempio la Commissione
Giustizia e Pace nelle proprie raccomandazioni fatte al governo della Sierra Leone,
una delle raccomandazioni fatte che dovrebbero essere vincolanti per il governo è
quella dell’abolizione della pena di morte. Però, appena è stato pubblicato il rapporto
della Commissione, c’è stata una risposta dal governo in carica all’epoca che diceva:
“No, non possiamo accettare l’abolizione della pena di morte per tutti i crimini.
Per alcuni, molto gravi, la conserviamo”. Quindi non c’è ricezione generale di questo
messaggio, che venga abolita in maniera completa.
D. – Nel suo intervento,
lei ha formulato una proposta che ha ricevuto anche molti consensi …
R. – Sì:
alle Chiese dell’Europa e del Nord America. Questo lo sento molto. Ho visto che gli
altri vescovi sono d’accordo, e sono loro molto grato. Perché l’evangelizzazione e
la crescita della Chiesa nell’Africa sub sahariana la si deve all’aiuto in personale
e in mezzi da parte delle Chiese dell’Occidente. Oggigiorno, però, queste Chiese intervengono
e fanno progetti di sviluppo con i loro uffici. Questo è l’appello che voglio rivolgere,
proprio cordialmente, umilmente. Io dico: perché fare questi progetti di sviluppo
creando altre organizzazioni parallele a noi, e non invece attraverso le nostre Caritas
o attraverso i nostri uffici diocesani di sviluppo, attraverso le nostre Commissioni
di Giustizia e Pace?
D. – Dall’aula del Sinodo lei ha rivolto un appello: che
il Papa venga a visitare la Sierra Leone …
R. – Noi abbiamo già fatto domanda
ufficiale attraverso i canali propri, cioè attraverso il nunzio e abbiamo ricevuto
risposta che la domanda è arrivata a Roma. Noi speriamo che venga a confermarci nella
fede e a gioire, anche, dell’ospitalità e della cordialità e della vitalità della
nostra piccola Chiesa.