In Italia, via libera definitivo del Consiglio dei ministri alla riforma voluta dal
ministro Brunetta nella Pubblica amministrazione. Si tratta del cosiddetto provvedimento
"antifannulloni". Il servizio di Fausta Speranza:
Un'Authority
di controllo, un’agenzia della valutazione: è questa, per Brunetta, la grande novità.
Il ministro per la Pubblica amministrazione e l’Innovazione, che dà il nome alla riforma,
sottolinea che l’Authority verrà organizzata nelle prossime settimane al più alto
livello possibile. Taglio allo stipendio e licenziamenti, ma anche premi al merito
solo agli statali più produttivi: Brunetta sintetizza così la riforma abbastanza complessa
messa a punto in soli 14 mesi. Per poi sottolineare un punto: “Ci sarà più mobilità,
oggi è volontaria, non lo sarà più”. Potrà capitare che il dipendente sia spostato
a seconda delle necessità: da un'area dove è meno utile ad una dove lo è di più. Illustrata
lunedì scorso alle parti sociali, la normativa è stata emendata rispetto alla formulazione
originaria, dopo i passaggi in Conferenza unificata Stato-Regioni e in parlamento,
anche se, assicura Brunetta, resta imperniata sul meccanismo degli incentivi economici
legati alla produttività, e alle sanzioni disciplinari fino al licenziamento (unite
a decurtazioni dello stipendio) per i "fannulloni". Sarà attuata subito dopo la pubblicazione
in Gazzetta ufficiale, anche se con un periodo di sperimentazione di due anni. Da
parte sua, il premier Berlusconi, in conferenza stampa congiunta con il ministro Brunetta,
ha sottolineato che si vuole ridare "fiducia e merito ai molti lavoratori eccellenti
che fanno parte della pubblica amministrazione”. Il responsabile del dipartimento
Settori pubblici della Cgil nazionale, Michele Gentile, afferma che la riforma è “un
grave attacco al diritto alla contrattazione nei settori pubblici e segna il ritorno
al primato della gestione da parte della politica dei diritti del lavoro nelle pubbliche
amministrazioni e nei settori della conoscenza”. Secondo il sindacato Rdb Cub-Pubblico
impiego, che ha indetto uno sciopero per il 23 ottobre, la riforma Brunetta della
pubblica amministrazione “è finalizzata ad ulteriori tagli alle risorse per il funzionamento
e il personale pubblico, un ulteriore passo indietro rispetto al livello di protezione
sociale che lo Stato dovrebbe garantire ai cittadini”.
Sempre in Italia,
c’è ancora molta tensione nel mondo politico dopo la sentenza della Corte Costituzionale
che ha bocciato il lodo Alfano, la legge che prevedeva l’immunità durante il mandato
per le quattro più alte cariche dello Stato. Intanto, il premier Berlusconi ridimensiona,
almeno in parte, le critiche rivolte al capo dello Stato. Servizio di Giampiero Guadagni: Sono
in molti in queste ore al lavoro per rasserenare il clima tra le istituzioni dopo
la sentenza sul lodo Alfano. Tra questi, certamente i presidenti di Senato e Camera,
Renato Schifani e Gianfranco Fini, che ieri hanno incontrato il capo dello Stato,
Giorgio Napolitano, al quale hanno dato atto del suo rigoroso rispetto della Costituzione.
Supereremo anche questo momento, si è limitato a dire Napolitano rispondendo ad una
domanda dei giornalisti. E questa mattina, il premier Berlusconi, in una intervista
televisiva, ha smorzato almeno in parte i toni nei confronti del Quirinale. Per il
futuro, ha detto, sono convinto che sia possibile una leale dialettica tra presidenza
della Repubblica e governo. Berlusconi ha però ribadito che Napolitano è stato un
protagonista della sinistra e niente potrà cambiare la sua storia. E ha inoltre confermato
le dure critiche alla Consulta, definita organo non super partes. Ieri sera, in occasione
dell’ufficio politico del Pdl, Brelusconi aveva anche risposto indirettamente a Fini
che lo aveva invitato a rispettare Corte Costituzionale e capo dello Stato. Il rispetto,
ha detto Berlusconi, è dovuto anche al presidente del Consiglio, unica figura eletta
dal popolo. Il premier ha escluso comunque l’ipotesi di una manifestazione di piazza.
In piazza vuole invece andare l’Italia dei Valori di Antonio Di Pietro, che chiede
le dimissioni del premier ed elezioni anticipate. Posizione non condivisa dal resto
dell’opposizione. Pd e Udc difendono l’operato del capo dello Stato e accusano Berlusconi
di volersi porre al di sopra della Costituzione.