Intervista con Mons. Gabriel Charles Palmer Buckle, Arcivescovo di Accra, Ghana
Ampio spazio al Sinodo dei vescovi è stato dedicato alla sfida posta alla Chiesa africana
dalla diffusione tra i giovani dei gruppi neo-pentecostali. Un problema presente in
Ghana dove la comunità cattolica, nata meno di 150 anni fa, svolge un ruolo di primaria
importanza a livello sociale, educativo e sanitario. Nel Paese il processo di inculturazione
deve fare i conti con un diffuso sincretismo religioso: infatti, nonostante il cristianesimo
sia la religione maggiormente professata, buona parte della popolazione resta legata
alle tradizionali forme di spiritualità. Lo conferma l’arcivescovo di Accra in Ghana,
mons. Gabriel Charles Palmer Buckle intervistato dal nostro inviato al Sinodo
Paolo Ondarza:
R. – In Ghana
il cattolicesimo è arrivato appena 129 anni fa. I cattolici, nel Ghana, sono più o
meno il 16 per cento della popolazione; è il gruppo religioso più grande. Come Chiesa
abbiamo più del 20-21 per cento di tutti i centri sanitari del Paese e più del 15
per cento delle scuole di tutto il Ghana è gestito dalla Chiesa cattolica.
D.
– Lei diceva che è una realtà tutto sommato giovane, la Chiesa si è radicata in un
terreno che, da un punto di vista anche religioso aveva delle altre tradizioni ed
ecco che si presenta quindi il rischio di un sincretismo religioso…
R. – Certamente.
L’otto per cento della popolazione è ancora adesso aderente a queste religioni ancestrali.
E’ compito nostro – particolarmente in quest’era in cui parliamo dell’inculturazione
– capire la differenza tra una cultura religiosa che magari agisce contrariamente
al cattolicesimo, al cristianesimo, e una cultura religiosa che si presenta più come
una cultura sociale che può aiutare l’inculturazione stessa.
D. – In Ghana
sono presenti le comunità pentecostali, di cui si è parlato anche qui al Sinodo. In
particolare, si è evidenziato il fatto che queste comunità facciano presa soprattutto
tra i giovani…
R. – Devo dire che questa è una preoccupazione abbastanza grande.
L’Africa è molto giovane, più del 65 per cento della popolazione è al di sotto dei
35 anni. Dobbiamo ammettere che le sette, le chiese cosiddette pentecostali utilizzano
molto i mass media, la televisione ed internet per offrire un messaggio diciamo religioso,
pseudo-cristiano, una sorta di cristianesimo sentimentale. E allora quando al giovane
viene chiesto di fare delle scelte forti, per il cattolicesimo in particolare c’è
a volte qualche difficoltà e per questo abbiamo bisogno della pastorale d’accompagnamento.
Già il 23 per cento del Paese si dice aderente a queste sette pentecostali e parecchi
di questi aderenti sono cattolici che si sono allontanati dalla fede. La verità è
che dopo qualche tempo – cinque o dieci anni – si accorgono che quello che viene offerto
lì è fasullo e ritornano quindi alla Chiesa cattolica. Nel frattempo, però, sono stati
fatti danni allo spirito. E’ una sfida ma siamo pronti ad affrontarla.
D. –
In che modo questo Sinodo può accompagnare e guidare la vita della sua Chiesa?
R.
– E’ la mia prima esperienza. E’ tutta la Chiesa universale ad essere riunita in ascolto,
in preghiera sull’Africa e quest’Africa ha una potenzialità enorme. Basta vedere ad
esempio le vocazioni che provengono dall’Africa o anche quanti cattolici che provengono
dall’Africa siano all’altezza della vita politica. C’è perciò una potenzialità enorme
e certamente – come diceva il Santo Padre – ci sono anche delle sfide. Tutta la Chiesa
si preoccupa di vedere ed indagare in quale direzione lo Spirito Santo vuole che la
stessa Chiesa cattolica vada. La Chiesa è una famiglia ed è una: santa, cattolica
ed apostolica. Quest’esperienza la sto vivendo in modo molto forte e sento veramente
una gioia profonda. Come diceva un Padre della Chiesa: “Ex Africa semper aliquid novi”,
cioè dall’Africa viene sempre qualche novità. So che quest’assemblea ci porterà ad
una novità non solo per l’Africa ma per tutta la Chiesa universale.