Intervento di Mons. Francesco COCCOPALMERIO, Arcivescovo titolare di Celiana, Presidente
del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi
S. E. R. Mons. Francesco COCCOPALMERIO, Arcivescovo titolare di Celiana, Presidente
del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi (CITTÀ DEL VATICANO)
Scelgo
un argomento connesso direttamente con il servizio che svolgo nella Curia Romana e
cioè parlo dell'attività legislativa delle Conferenze episcopali nel Continente africano.
Come
ben sapete, il Codice di diritto canonico del 1983 ha scelto di essere tendenzialmente
una legge quadro, nel senso che ha stabilito alcune regole di vita ecclesiale piuttosto
generali e ha lasciato poi alle varie Chiese particolari le determinazioni concrete
adattate ai vari luoghi e alle varie culture.
La scelta operata dal Codice
è stata molto saggia: da una parte, infatti, le cose essenziali devono essere uguali
per tutte le Chiese particolari, mentre, dall' altra, ciò che essenziale non è non
deve essere imposto a tutti, così che siano valorizzate tutte le tradizioni e le culture.
La
scelta del Codice ci presenta pertanto due postulati: quello dell'unità e quello della
diversificazione.
Il postulato dell'unità. Siamo tutti ben consapevoli che
il diritto canonico è l'espressione dell'unità della Chiesa come società. La chiesa
non è una multinazionale, dove i dirigenti cercano soluzioni secondo gli interessi
dei singoli momenti, ma è una comunità configurata come società da Cristo Gesù, che
nei secoli ha coniato la propria esperienza di fede in principi dottrinali e in regole
di condotta che esprimono la sua unità.
Il postulato della diversificazione.
È chiaro che nuove situazioni richiedono nuove soluzioni. Nel nostro caso, le peculiarità
delle Chiese che si trovano in Africa richiedono soluzioni normative adatte a tali
situazioni. Non dobbiamo imporre alle Chiese in Africa ciò che non è essenziale Dobbiamo
rispettare e valorizzare le loro culture giuridiche e le loro tradizioni normative.
Uno dei modi per attuare la valorizzazione di tali particolarità è quello
della legislazione canonica, a cui le varie Chiese, o, meglio, le varie Conferenze
Episcopali sono chiamate a lavorare.
A che punto siamo in tale lavoro?
Una
recente statistica ci fa conoscere che su 34 Conferenze episcopali 20 devono ancora
emanare i decreti attuativi secondo le indicazioni del Codice di diritto canonico.
Colgo l'occasione di questo Sinodo per prospettare alle Conferenze episcopali
l'importanza del servizio della legislazione canonica.
Cari confratelli, Vescovi
africani, attuate con impegno i due postulati della unità e della diversità: pienamente
fedeli alla normativa universale, mettete però in risalto, anche con norme particolari
da voi sapientemente emanate, le peculiarità delle vostre Chiese.
Porterete
così un contributo qualificato alla comunione ecclesiale e specificamente un riconoscimento
alle ricchezze tradizionali e culturali che fanno delle Chiese in Africa cellule di
prorompente vitalità per il Corpo della Chiesa universale.