2009-10-09 11:03:51

Intervento di Mons. Francesco COCCOPALMERIO, Arcivescovo titolare di Celiana, Presidente del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi


S. E. R. Mons. Francesco COCCOPALMERIO, Arcivescovo titolare di Celiana, Presidente del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi (CITTÀ DEL VATICANO)



Scelgo un argomento connesso direttamente con il servizio che svolgo nella Curia Romana e cioè parlo dell'attività legislativa delle Conferenze episcopali nel Continente africano.

Come ben sapete, il Codice di diritto canonico del 1983 ha scelto di essere tendenzialmente una legge quadro, nel senso che ha stabilito alcune regole di vita ecclesiale piuttosto generali e ha lasciato poi alle varie Chiese particolari le determinazioni concrete adattate ai vari luoghi e alle varie culture.

La scelta operata dal Codice è stata molto saggia: da una parte, infatti, le cose essenziali devono essere uguali per tutte le Chiese particolari, mentre, dall' altra, ciò che essenziale non è non deve essere imposto a tutti, così che siano valorizzate tutte le tradizioni e le culture.

La scelta del Codice ci presenta pertanto due postulati: quello dell'unità e quello della diversificazione.

Il postulato dell'unità. Siamo tutti ben consapevoli che il diritto canonico è l'espressione dell'unità della Chiesa come società. La chiesa non è una multinazionale, dove i dirigenti cercano soluzioni secondo gli interessi dei singoli momenti, ma è una comunità configurata come società da Cristo Gesù, che nei secoli ha coniato la propria esperienza di fede in principi dottrinali e in regole di condotta che esprimono la sua unità.

Il postulato della diversificazione. È chiaro che nuove situazioni richiedono nuove soluzioni. Nel nostro caso, le peculiarità delle Chiese che si trovano in Africa richiedono soluzioni normative adatte a tali situazioni. Non dobbiamo imporre alle Chiese in Africa ciò che non è essenziale Dobbiamo rispettare e valorizzare le loro culture giuridiche e le loro tradizioni normative.

Uno dei modi per attuare la valorizzazione di tali particolarità è quello della legislazione canonica, a cui le varie Chiese, o, meglio, le varie Conferenze Episcopali sono chiamate a lavorare.

A che punto siamo in tale lavoro?

Una recente statistica ci fa conoscere che su 34 Conferenze episcopali 20 devono ancora emanare i decreti attuativi secondo le indicazioni del Codice di diritto canonico.

Colgo l'occasione di questo Sinodo per prospettare alle Conferenze episcopali l'importanza del servizio della legislazione canonica.

Cari confratelli, Vescovi africani, attuate con impegno i due postulati della unità e della diversità: pienamente fedeli alla normativa universale, mettete però in risalto, anche con norme particolari da voi sapientemente emanate, le peculiarità delle vostre Chiese.

Porterete così un contributo qualificato alla comunione ecclesiale e specificamente un riconoscimento alle ricchezze tradizionali e culturali che fanno delle Chiese in Africa cellule di prorompente vitalità per il Corpo della Chiesa universale.








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