Nel XVIII secolo il sacerdote campano, Matteo Ripa, dedicò la sua vita alle missioni
nelle terre dell'Estremo Oriente cinese. La sua opera missionaria ha gettato un ponte
che a tre secoli di distanza continua ad unire il capoluogo partenopeo e la Cina in
un dialogo tra culture che rafforza il rapporto tra i due popoli. A questo patrimonio
di reciproci scambi secolari attinge il convegno “Un ponte tra Oriente e Occidente:
Napoli e la Cina”, voluto dall’arcivescovo di Napoli, cardinale Crescenzio Sepe, che
si è aperto ieri pomeriggio a Napoli. “L’esperienza di Matteo Ripa – ha osservato
il cardinale citato dal Sir -, la sua testimonianza, il suo credere fermamente nella
possibilità concreta del dialogo tra culture e religioni differenti, il suo progetto
di inculturazione insegnano a noi, uomini del terzo millennio, non più abituati a
credere ai sogni, che le idee sane non conoscono frontiere”. Se in tempi lontani e
diversi dal nostro, “Ripa seppe gettare un ponte tra Napoli e la Cina, oggi in un
mondo globalizzato, che annulla le distanze ma non avvicina i popoli, è doveroso continuare
a costruire il ponte del dialogo”. È significativo, secondo il porporato, “il valore
simbolico di questo convegno in un momento in cui il mondo sembra essere lacerato
da nuove divisioni, da una latente e pericolosa xenofobia, da individualismi di parte
che rischiano di arrestare il cammino della storia verso l’unità dei popoli”. Il card.
Sepe crede quindi che dalle grandi religioni “deve partire l’esempio, la testimonianza
di una nuova alleanza capace di dialogo per ragionare pacificamente sui drammi che
ancora affliggono l’umanità e dividono i popoli e condurre l’economia sulla via di
un’etica che garantisca lo sviluppo e il progresso di tutto l’uomo e di tutti gli
uomini”. “Questo Convegno – afferma infine il cardinale - apre le porte alla speranza
di un futuro pacificato e alla consapevolezza che solo insieme, uniti, salveremo il
mondo”. Il convegno si è poi avvalso dell’intervento dello storico Andrea Riccardi,
fondatore della Comunità di Sant'Egidio, che nella sua relazione si è soffermato sui
rapporti tra Oriente e Occidente alla luce della globalizzazione che ridefinisce tutte
le identità. “Ormai i mondi si intrecciano – ha osservato Riccardi -. Si intrecciano
nello scambio di messaggi. Lo fanno nelle convivenze nuove determinate dall’immigrazione,
come qui a Napoli, che ospita una così grande comunità cinese, anche se non è nuova
ad accogliere i cinesi. Nessuno è più estraneo”. Ma “l’unità di questo mondo non sarà
fatta dal mercato, dagli scambi, dai riflettori accecanti della globalizzazione. Non
credo a un mondo unificato solo dall’economia. C’è bisogno di un grande lavoro culturale,
per apprendere il lessico del vivere insieme tra mondi, comunità, differenti”. Per
lo storico “il mondo ha bisogno di cultura perché, nella realtà quotidiana, come sul
virtuale, si vive insieme tra genti diverse. Spesso lo choc della diversità e la paura
di orizzonti troppo larghi genera il fondamentalismo fanatico e aggressivo”. C'è quindi
bisogno “di cultura, di uno sforzo di comprensione di altri mondi, di geopolitica,
di senso della storia”. L’umanesimo della cultura “aiuta a far nascere quella civiltà
del convivere, che non è la vittoria dell’una o dell’altra civiltà, ma lo stare insieme
nella differenza”. (M.G.)