Domenica prossima la canonizzazione di fratel Rafael Arnáiz Barón, oblato cistercense
Benedetto XVI presiederà domenica prossima a Roma, in Piazza San Pietro, alle 10.00,
la Messa di canonizzazione di 5 Beati. Tra loro figura fratel Rafael Arnáiz Barón,
oblato dell’Ordine cistercense vissuto nel secolo scorso. Giovane esuberante, pieno
di vita, intelligente e brillante negli studi, avviato ad una promettente carriera,
spinto da un forte desiderio di interiorità, ha scelto la vita monastica lottando
fino alla morte contro il diabete. Tiziana Campisi ha chiesto a suor Augusta
Tescari, trappista e postulatrice della Causa di canonizzazione, di tracciare
un profilo del religioso nato a Burgos, in Spagna:
R. – E’ il
più giovane dei cinque canonizzati di domenica prossima. E’ morto a 27 anni ed ha
vissuto interamente nel XX secolo: i suoi nipoti parteciperanno alla canonizzazione.
Apparteneva ad una famiglia molto agiata; studente di architettura a Madrid, ha interrotto
gli studi per entrare nella Trappa di San Isidro de Dueñas, ma dopo quattro mesi di
noviziato si è ammalato di una forma molto molto grave di diabete mellito, per cui
è dovuto rientrare in famiglia. E’ ritornato quattro volte nel monastero, uscendone
sempre per il riacutizzarsi della sua malattia. L’ultima volta che è rientrato ha
avuto una crisi molto forte ed è morto di coma diabetico, il 26 aprile 1938. D.
– Cosa ha portato alla canonizzazione di fratel Rafael? R. –
Si è scoperto Rafael per i suoi scritti, nel senso che lui aveva la penna molto facile
ed ha lasciato molte lettere e diari spirituali. Quando è morto, tutti hanno riconosciuto
che era stato un ottimo monaco, anche se è entrato come “oblato”, cioè come religioso
senza voti perché nella sua situazione non poteva seguire esattamente la Regola: dunque
in una posizione umiliante, all’ultimo posto … Ma, pur di seguire la sua vocazione
monastica lui ha accettato, anzi, ha proposto questa condizione abbastanza umiliante.
Nei suoi scritti è apparsa in pieno la spiritualità, che è molto semplice ma profondissima,
un’esperienza di Dio estremamente profonda, esperienza della grandezza di Dio, della
bontà di Dio, della sua misericordia, della sua signoria sulla storia … una grandissima
devozione all’Eucaristia, alla Madonna … D. – Come guardare
oggi alla figura di fratel Rafael? R. – Aveva tutto nella vita,
perché la sua famiglia era agiata. Liberamente ha scelto e deciso la vocazione monastica
e l’ha perseguita fino all’ultimo con una tenacia e con una decisione che oggi sembrano
abbastanza incredibili, perché i nostri giovani non si decidono mai, né per il matrimonio
né per la vita religiosa, e hanno paura di affrontare una decisione. Allora, io direi
che la prima cosa che colpisce in Rafael è proprio questo: questa decisione che gli
veniva da Dio di seguire Gesù fino all’ultimo, in qualsiasi condizione: ma di seguirlo.
E poi, il suo amore straordinario per l’Eucaristia, l’adorazione eucaristica e la
Madonna con cui parlava come si parla con una madre e con Gesù come si parla con un
amico, dipendendo in tutto da loro.