2009-10-03 16:30:08

Essere cristiani davanti alla sfida delle mafie: se ne discute in Calabria


La Chiesa combatte contro tutte le mafia attraverso l’impegno quotidiano per cambiare la cultura in cui queste crescono e si sviluppano. Anche quest’anno la diocesi calabrese di Oppido-Palmi, un’area molto colpita dalla malavita organizzata, ha organizzato un’assemblea dedicata al tema della comunità cristiana “ di fronte alla sfida della ‘ndrangheta”, che si chiude oggi. “La ‘ndrangheta è anticristiana – ha detto il direttore del Centro diocesano per la pastorale e la cultura di Palermo, Giuseppe Savagnone -. Il compito della Chiesa non è quello di intervenire dal punto vista militare o di repressione: ma l’intervento della Chiesa è quello più importante di tutti, perché può colpire il cuore della questione che è una questione culturale”. Per Savagnone la Chiesa ha “un mandato che è quello di cambiare quella cultura che fa scaturire atteggiamenti non conformi alla fede cristiana, come la ‘ndrangheta”. “La Calabria oggi – ha spiegato – deve riscoprire il suo futuro, e attraverso il suo futuro riscoprire la speranza. La Chiesa ha un deposito evangelico che è tutto incentrato sulla speranza”. Il compito del cristiano è quello di “lavorare per una società diversa, costruendo un futuro diverso”. Non si tratta, quindi, di “approntare una strategia anti ‘ndrangheta – ha detto Savagnone - ma di recuperare una strategia ed una pastorale autenticamente neotestamentaria che in tante parti oggi è scaduta e dove si va avanti mantenendo l’esistente”. E’ tutta una questione di “testimonianza”: “Non servono i piagnistei. Dobbiamo insistere e lavorare verso una pastorale che parta dal territorio, una pastorale che aiuti a riscoprire il futuro e la speranza e che educhi alla cittadinanza e al bene comune testimoniando la comunione”. Ad aprire i lavori dell’assemblea sono stati il vescovo della diocesi di oppido-Palmi, mons. Luciano Bux, che ha messo in chiaro che questa iniziativa non è stata pensata per essere l’“ennesima conferenza sulla ‘ndrangheta, ma al contrario, è la comunità ecclesiale, in tutte le sue componenti, che si ferma a leggere il territorio per capire cosa significa concretamente vivere da cristiani nella Piana di Gioia Tauro”. Questa necessità – ha spiegato il presule – è nata dopo che il Papa durante la visita “ad limina” ha chiesto al vescovo quale fosse l’influsso del fenomeno sulla comunità cristiana. Essere cristiani – si legge in una nota firmata dal vicario generale, mons. Giuseppe De Masi - significa dire “nei fatti e nei gesti concreti della nostra vita quotidiana, e non solo verbalmente, il nostro no alla ‘ndrangheta e alla cultura mafiosa di morte, del malaffare, dell’arroganza e dei compromessi”.(V.F.)







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