L'appello del Papa per l'Indonesia colpita dal terremoto. Il vescovo di Padang: non
chiedo soldi ma carità
Il Papa ha espresso il suo profondo dolore per le vittime del devastante terremoto
che ha colpito l’isola indonesiana di Sumatra mercoledì scorso. In un telegramma a
firma del cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone, inviato al nunzio apostolico
a Giacarta, Leopoldo Girelli, Benedetto XVI assicura la sua preghiera per quanti sono
morti e le loro famiglie, invocando forza e consolazione divina su quanti stanno soffrendo.
Il Papa incoraggia inoltre i soccorritori e lancia un appello agli aiuti. Aiuti richiesti
dallo stesso governo di Giacarta. Intanto il bilancio del sisma è stato nuovamente
aggiornato: sono almeno mille e cento le vittime, più di duemila i feriti, decine
di migliaia gli sfollati ed un’area urbana di oltre tre milioni di abitanti, quella
di Padang, completamente distrutta e colpita nella notte da una nuova forte scossa.
Ora c’è il rischio di epidemie. Sulla situazione Sergio Centofanti ha sentito
il vescovo di Padang, mons. Martinus Dogma Situmorang:
R. – La gente
del Paese ha dato una risposta molto positiva in termini di solidarietà, però c’è
tanto da fare per assistere materialmente, psicologicamente e anche spiritualmente
le persone. Non si tratta solo di seppellire i morti ma di incoraggiare i sopravvissuti,
soprattutto quelle famiglie che hanno subito molte perdite.
D.
- Si temono migliaia di vittime…
R. – Sì, migliaia
senz’altro, perché dicono che le case completamente distrutte sono più di 15 mila.
D.
– E c’’è bisogno dell’aiuto internazionale…
R. –
Senz’altro. Il vicepresidente ha detto che servono almeno tre miliardi di dollari
americani per il momento: l’aiuto internazionale è sempre un’occasione per rafforzare
questo sentimento di unità, per far sentire l’umanità come una famiglia.
D.
- Come sta reagendo la popolazione dell’Indonesia di fronte a questa catastrofe?
R.
– Molto positivamente. Non so se è un effetto emotivo e durerà poco ma, per esempio,
io come vescovo di Padang ho già ricevuto offerte, promesse di aiuti: uno dei vantaggi
di dare gli aiuti alla Chiesa è la certezza che l’aiuto non vada perso.
D.
– Lei ha visto qualche episodio particolare, qualcosa che l’ha colpita?
R.
– Sì, quello che mi ha colpito è vedere a Padang i volontari che fanno di tutto, scavano
anche a mani nude per cercare qualche persona ancora in vita. C’è un senso di unità
in questo momento. Ci siamo incontrati con persone di varie etnie, di varie religioni,
e ci sentiamo tutti uniti.
D. – Lei vuole rivolgere
un appello particolare dai microfoni della Radio Vaticana?
R.
– Sì. Questi disastri naturali da dove vengono? Hanno solo cause naturali? Oppure
c’è stato qualche effetto negativo dovuto ai nostri comportamenti nel corso della
storia? E’ un momento di riflessione. E’ un appello molto forte a custodire la natura
e poi a custodire l’un l’altro, perché siamo membri della stessa famiglia umana. In
questo momento di dolore, ciascuno dovrebbe sentirsi vicino, dovrebbe domandarsi cosa
fare. Pregare, portare parole di conforto, mostrare in che modo si possano alleviare
le sofferenze. Ciascuno deve interrogare se stesso. Lo chiedo a tutti, a chiunque
mi senta, che si rivolga a se stesso e si domandi di fronte al Signore, all’umanità:
in questo momento cosa posso fare? Cosa devo fare? Troverà il suo modo e la sua misura.
Io non voglio chiedere soldi … ma la carità, il sentirsi membri della stessa famiglia:
e senz’altro ognuno sentirà il dovere ma anche la gioia e la responsabilità di rispondere,
di fare, di essere vicino, così i nostri pesi saranno alleggeriti perché saranno condivisi
da tanti.