2009-10-01 15:21:51

60 anni del Consiglio d'Europa: intervista con mons. Aldo Giordano


Al Consiglio d’Europa si discute oggi dei poteri della delegazione russa: un gruppo di 72 parlamentari ha chiesto di rimetterli in discussione per il mancato rispetto di alcuni impegni da parte di Mosca. Ieri è stato chiesto a Mosca di autorizzare l'accesso in Abkhazia e Ossezia del Sud degli aiuti umanitari. All’Assemblea parlamentare, che si concluderà venerdì, domani si parlerà anche del futuro del Consiglio d’Europa alla luce dei 60 anni di esperienza compiuti quest’anno. Priorità del Consiglio d’Europa è la tutela dei diritti umani. Dell’importanza della difesa della dignità della persona e delle sfide attuali Fausta Speranza ha parlato con mons. Aldo Giordano, Osservatore Permanente della Santa Sede a Strasburgo:RealAudioMP3

R. - Io penso che avere un organismo come il Consiglio d’Europa che si occupa dei diritti sia una cosa importante perché i diritti sono decisivi per l’umanità. Certamente oggi non possiamo limitarci a fare delle liste, degli elenchi dei diritti; noi ci troviamo abbastanza d’accordo, c’è un consenso su alcuni principi, ma il problema è oggi domandarsi qual è il contenuto dei diritti, come li interpretiamo e come li applichiamo in concreto. Allora, certamente noi andiamo incontro ad alcuni rischi o ad alcuni problemi. Abbiamo oggi un grande incrocio di culture, di popoli e di religioni e ogni tradizione sembra avere i propri diritti. E quindi ci domandiamo come possiamo fondare l’universalità dei diritti: questo mi sembra un tema molto importante sul quale la Chiesa ha un contributo certamente significativo da dare. Non potrebbe esistere un Consiglio d’Europa stesso se non ci fosse universalità dei diritti almeno a livello europeo, ma non potrebbero esistere organismi come l’Onu a livello mondiale se non intravedessimo che ci sono dei diritti e dei doveri naturalmente condivisi a livello universale. Un altro problema che io vedo qui a Strasburgo è anche quello del rischio della frammentazione dei diritti. Invece di difendere i diritti dell’uomo e applicarli in tutte le situazioni, cominciamo a definire i diritti del bambino, dell’adolescente del ragazzo, della donna, della donna che lavora, dei nomadi, dei bisessuali, dei transessuali, etc. Non so se il nostro rischio è che andiamo a parcellizzare i diritti e quindi perdiamo il discorso di fondo del valore della persona umana, che va tenuto in conto in tutte le situazioni. Un altro aspetto che potrebbe essere problematico è che cominciamo anche ad inventarci, in qualche maniera, dei nuovi diritti: per sostenere i diritti di certi gruppi rischiamo di dimenticarci che sostenere i diritti di un gruppo potrebbe far del danno ai diritti di altri gruppi o addirittura della maggioranza. Questo credo che sia il rischio verso cui andiamo incontro. Questo esigerebbe la capacità di una grossa riflessione sia a livello sociale, sia a livello filosofico, e credo anche a livello teologico. Bisognerebbe creare degli spazi dove poter fare questa riflessione.
 
D. - Per questa riflessione, mons. Giordano, potrebbe essere utile guardare all’origine di tutto il discorso sui diritti umani e al fine, cioè all’obiettivo più alto di tutto ciò?
 
R. - Certamente da una parte dobbiamo andare all’inizio, quindi andare alle radici. Noi abbiamo radici culturali di diritti, se parliamo di Europa. Abbiamo delle radici in Grecia, a Gerusalemme, abbiamo delle radici nel diritto romano e soprattutto abbiamo le radici nell’evento del Cristianesimo che è stato una grandissima novità come compimento di una ricerca umana. Per quanto riguarda il fine credo che oggi l’orizzonte della nostra riflessione debba essere l’umanità intera. Come europei dobbiamo domandarci come potrebbe essere oggi questa nostra tradizione, questa nostra storia a servizio di tutte le regioni della terra. Ma anche noi possiamo imparare anche con una certa umiltà dagli altri continenti e dalle altre terre. Una delle originalità che noi abbiamo come Chiesa è quella che vogliamo difendere o sostenere l’interezza della persona, non un aspetto della persona. E nella recente Enciclica del Papa mi sembra molto interessante questo aspetto. E’ chiaro che dobbiamo rispettare tutti gli uomini e quindi dobbiamo lavorare per la famiglia universale. Siamo in un mondo legato, interdipendente, siamo in mondo globalizzato e quindi non possiamo più far finta che siamo lontani e ognuno vive nel suo spazio lontano: siamo nello stesso spazio, siamo nella stessa casa. Però questo esige anche - come il Papa fa notare nella sua Enciclica - che non si possono più considerare le varie dimensioni dell’uomo quasi separate. Se parliamo di lavoro, di politica, di economia, di scienza o di famiglia, o di sviluppo demografico, o di aborto, etc. i temi sono tutti legati: l’economia è legata alla famiglia, la famiglia è legata alla bioetica, la bioetica è legata al problema delle scienze, alla politica, all’economia. C’è questa interdipendenza della dimensione dell’uomo. Quindi dovremmo contribuire a servire questa ricchezza enorme dell’uomo senza ridurlo, senza eliminarne delle dimensioni o senza ridurlo a poche dimensioni o forse a una sola dimensione. L’umanità esiste in tutti gli individui umani e le persone, quindi la Chiesa difende l’umanità tutta dove esiste. Questo mi sembra tipico della Chiesa e mi sembra molto moderno perché questa è una risposta alle domande della globalizzazione ed è anche una risposta ad un senso di povertà di umanità che spesso sentiamo sulle strade dell’Europa. C'è un’umanità povera e triste perché alle volte non trova più un senso per il proprio esistere e non trova più il fondamento della propria ricchezza. Dobbiamo restituire la ricchezza dell’umano.
 
D. - Da questa umanità, mons. Giordano, sembra emergere sempre più un bisogno di spiritualità, una domanda di religiosità che in qualche modo chiede tutto quello che lei ha detto. E' così?
 
R. - A differenza anche di pochi anni fa notiamo questo crescere di una domanda e spesso questa domanda non ha una risposta. E' una domanda aperta a tutte le direzioni, che incontra anche un po’ sentieri interrotti, però c’è la domanda e quindi è anche un momento privilegiato. E' un momento importante per cercare di sentire la domanda e donare la risposta. Credo che le religioni in genere e - direi - il cristianesimo in maniera speciale toccano questo punto. La religione cristiana o meglio il Cristianesimo, l’annuncio di Gesù Cristo e il Vangelo sono una proposta di senso alla vita. Riaprono il cielo azzurro sulla vita delle persone. Finché siamo chiusi nel terrestre potremmo anche tentare una vita molto riuscita e forse è giusto tentarla però alla fine saremmo dei disperati, sempre, perché le domande esistenziali poi emergono. Le domande sulla felicità, sull’amore, sul dolore, la domanda se esiste un oltre la morte sono domande di fondo e la vita prima o dopo ce le pone seriamente. Davanti a queste domande si intuisce come il Cristianesimo sia veramente una bella notizia: c’è una buona notizia ed è una bella notizia. Mi piace anche sottolineare questo aspetto: come l’umanità cerca in fondo il vero e l’Europa di oggi cerca il vero anche quando non è cosciente. Cerca un senso, cerca il bello, cerca l’amore, cerca il bene e queste tre categorie che abbiamo chiamato il “verum”, il “bonum” e il “pulchrum”, convergono nell’unità e nell’unum, trovano veramente una luce nel cristianesimo. Ci piacerebbe comunicare e far vedere che l’umanità ha la possibilità di questa enorme ricchezza. E' triste vedere che alle volte o non siamo capaci a dirlo, oppure sembra che non ci sia spazio per questa notizia e per cui ci accontentiamo di molto di meno.
 
D. – Però c’è motivo di speranza…
 
R. – La speranza nasce dal fatto che per il Cristo Risorto tutto è possibile, anche se noi oggi vediamo in Europa spesso la presenza del Cristo crocifisso, quindi lo vediamo soffrire. Lo vediamo soffrire nelle crisi della finanza, nella crisi della famiglia, nella crisi di senso, nella difficoltà che l’Europa ha di posizionarsi rispetto ad altre regioni del mondo. Lo vediamo crocifisso anche nelle difficoltà che abbiamo tra cristiani, perché la divisione tra cristiani è sofferenza. Il Crocifisso continua la sua Passione in qualche maniera, è Lui che continua a morire per l’Europa perché Lui ha già dato la vita per queste sofferenze dell’Europa, però il Crocifisso è solo il volto più nascosto, più misterioso. L’altro volto è il Risorto, che ha promesso di rimanere fra di noi fino alla fine dei tempi. Per cui, Lui è presente in Europa e Lui può veramente tutto e Lui ci ha detto che ci precedeva in Galilea, quindi ci precede già in Europa, ci precede già a Strasburgo, ci precede a Bruxelles. E' molto illuminante pensare che Lui ci precede ed è già là, è già là per questa nostra umanità.







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