Le iniziative delle Pom in vista dell'ottobre missionario che si apre domani in tutte
le Chiese del mondo. Intervista con padre Giulio Albanese
Ispirata dal titolo “Vangelo senza confini”, la Chiesa italiana si prepara da domani
a vivere il mese di ottobre tradizionalmente dedicato alle missioni. Un titolo che
esprime con precisione l’intenzione di Benedetto XVI di rilanciare la missio ad
gentes, secondo quanto auspicato nel suo Messaggio per la Giornata missionaria
mondiale del 18 ottobre prossimo. Per questo mese particolare, le Pontificie Opere
Missionarie itaòiane hanno preparato una serie di sussidi multimediali formativi per
comunità e famiglie, oltre a raccogliere durante l’anno somme destinate ad alimentare
il “Fondo universale” per le Chiese di recente formazione e dotate scarsi mezzi di
sopravvivenza. Alessandro De Carolis ne ha parlato con padre Giulio Albanese,
direttore delle riviste delle Pontificie Opere Missionarie:
R. - Lo slogan
che le Pontificie Opere Missionarie italiane hanno coniato per questo ottobre missionario
è “Vangelo senza confini” e leggendo la lettera che è stata scritta dal Santo Padre
in occasione della Giornata missionaria mondiale si ha la sensazione che l’evangelizzazione
davvero si proponga come la globalizzazione intelligente, oserei dire, perspicace
di Dio: cioè, un modo davvero illuminato - proprio grazie alla Parola di Dio - di
affermare valori sacrosanti: pace, giustizia, solidarietà, attenzione al creato e
così via.
D. - "Non c’è Chiesa senza missione" afferma
il Papa, ma non c’è neanche Chiesa senza solidarietà concreta. In cosa consiste il
Fondo universale di solidarietà che per un intero anno le Pontificie Opere Missionarie
raccolgono per le Chiese in terra di missione?
R.
- Risponde innanzitutto e soprattutto a un’istanza di giustizia distributiva, perché
bisogna capire che la "torta" va tagliata in parti uguali. Noi solitamente pensiamo
ai nostri missionari - penso a quelli di origine italiana che operano nelle giovani
Chiese nel sud del mondo - ma non dimentichiamo che oggi la Chiesa, per esempio nel
grande continente africano, sta crescendo. C’è un clero autoctono, vi sono Congregazioni
religiose locali che naturalmente non hanno le stesse disponibilità finanziarie che
hanno altri missionari. Allora, da questo punto di vista le Pontificie Opere Missionarie
affermano la solidarietà davvero in una prospettiva universale.
D.
- Anche le pubblicazioni delle Pontificie Opere Missionarie sono in prima linea per
informare e formare le persone alla missione: con quali iniziative?
R.
- Quando si parla di animazione missionaria l’intento è quello innanzitutto e soprattutto
di comunicare la passione per la Missio ad gentes alla comunità cristiana,
alla comunità parrocchiale. Ci sono alcuni aspetti che vanno sottolineati. Innanzitutto,
quello della spiritualità, della preghiera, che non dimentichiamo è la prima forma
di apostolato. Vi è un secondo aspetto molto importante che è quello dell’informazione:
un po’ tutto il mondo missionario è impegnato nel dare voce a chi non ha voce e da
questo punto di vista l’informazione è la prima forma di solidarietà. C’è un terzo
aspetto importante che caratterizza proprio questi sussidi ed è quello vocazionale:
è proprio vero quello che scriveva nell’Enciclica Redemptoris missio Giovanni
Paolo II: sono trascorsi 2000 anni, ma si ha la sensazione che la missione sia ancora
agli inizi, proprio perché sono ancora molte le necessità non solo di ordine materiale,
ma direi soprattutto spirituale. E poi c’è un quarto aspetto che va sottolineato che
è quello della condivisione. Tuttavia, quando si parla delle offerte bisogna stare
attenti perché Benedetto XVI ha sottolineato l’urgenza di coniugare quella che è l’offerta
- il segno della propria solidarietà - con l’acquisizione di nuovi stili di vita.
D.
- In tempi di crisi è in crisi anche la sensibilità verso i missionari o no?
R.
- Certamente, in tempo di crisi chiaramente si registra una diminuzione delle offerte,
ma questo direi che è un dato che va bene al di là delle istituzioni ecclesiastiche,
delle istituzioni missionarie. Però, è anche vero che un momento di crisi può rappresentare
una straordinaria opportunità per le comunità cristiane. In fondo, l’icona che noi
troviamo nel Vangelo dell’obolo messo nel tempio dalla vedova ci fa capire e comprendere
che ciò che conta da un punto di vista evangelico innanzitutto e soprattutto è la
qualità della fede, perché nella misura in cui davvero viviamo questo atteggiamento
di attenzione agli ultimi nella semplicità, nell’acquisizione di nuovi stili di vita,
ecco che le nostre offerte in un modo o nell’altro genereranno comunque frutti copiosi.