Il nuovo segretario generale del Consiglio d'Europa, Jagland: bisogna rendere l'istituzione
più flessibile
Pronunciamento forte stamane sulla situazione del Caucaso all’Assemblea parlamentare
del Consiglio d’Europa, che ieri pomeriggio ha eletto il suo nuovo segretario generale,
il laburista norvegese Thorbojorn Jagland. Il servizio da Strasburgo della nostra
inviata Fausta Speranza:
L’Assemblea
parlamentare ha chiesto alla Russia di autorizzare gli osservatori dell’Unione Europea
a recarsi in Abkhazia e Ossezia del Sud, di togliere tutte le restrizioni all’accesso
di aiuti umanitari in queste due regioni e di permettere ai civili georgiani di circolare
liberamente attraverso le due frontiere amministrative entro la fine di quest’anno.
In un dibattito sulla guerra tra la Georgia e la Russia, ad un anno dall’inizio del
conflitto, l’Assemblea ha deplorato il fatto che si constatino pochi progressi tangibili
per affrontare le conseguenze del conflitto e che si assista persino in numerose regioni
ad un deterioramento della situazione. Dunque, un pronunciamento forte e dell’intenzione
di avere nel prossimo futuro parole e azioni più incisive, ci ha parlato il nuovo
segretario generale, Thorbojorn Jagland:
"We
have to start a reform process of the Organisation…
Dobbiamo cominciare
le riforme del Consiglio per rendere l’organizzazione più flessibile e più visibile
per i cittadini”.
Così, il nuovo segretario generale, Thorbojorn
Jagland, sottolinea ai microfoni di Radio Vaticana le priorità del suo mandato. Ricorda
poi che c’è troppo lavoro per la Corte le cui procedure, infatti, si cerca di snellire
e ci sono conflitti aperti sul continente dei quali occorre occuparsi. La sfida è
sempre quella della difesa dei diritti umani in continua evoluzione come spiega nell’intervista
che ha rilasciato alla Radio Vaticana il responsabile della direzione generale dei
diritti umani del Consiglio d’Europa, Philippe Boillat:
“Vous
savez que pour le Conseil de l’Europe…
Lei sa che per il Consiglio d’Europa
i diritti dell’uomo sono sostanzialmente quelli riconosciuti nella Convenzione europea
dei diritti dell’uomo, che celebrerà il suo 60.mo anniversario l’anno prossimo, essendo
stata firmata a Roma nel maggio (novembre) 1950. E’ necessario dire che i diritti,
come presentati nella Convenzione dei diritti dell’uomo, sono stati interpretati dalla
Corte in una giurisprudenza estesa ed evolutiva. Sulla base dei diritti iscritti nella
Convenzione europea dei diritti dell’uomo, la Corte ha potuto cioè sviluppare una
giurisprudenza in ambiti che gli autori non immaginavano nemmeno al momento della
stesura della Convenzione stessa. Dal momento in cui questa è prevista dalla legge
in circostanze molto particolari, anche se è vero oggi - come lei sa - che il protocollo
6 e il protocollo 13 che aboliscono definitivamente la pena di morte. Questo significa,
lo ripeto, che sulla base di una disposizione che prevedeva la pena di morte, la Corte
ha valutato che per un condannato a morte il fatto di dover attendere per anni, a
volte addirittura decine di anni, l’esecuzione della condanna a morte, costituisce
un trattamento inumano e degradante e quindi in questo senso si può dire che la Corte
ha, in un certo senso, anticipato i protocolli 6 e 13 ed aveva, quindi, di fatto abolito
la pena di morte”.
Anche Philippe Boillat chiede maggiore visibilità
e non solo per cittadini:
“Il ne fait aucune doute que le Conseil
de l’Europe…
Non c’è alcun dubbio che il Consiglio d’Europa e le sue
attività manchino di visibilità, non soltanto agli occhi del grande pubblico, ma anche
agli occhi delle autorità dei nostri Stati membri. Credo che oggi il Consiglio d’Europa
svolga un ruolo assolutamente fondamentale nella nuova architettura europea. Credo
sia il garante della sicurezza democratica e della stabilità democratica in tutto
il continente. Nel corso degli anni, esso ha in effetti adottato tutta una serie di
strumenti essenziali per la tutela dei diritti umani. Questi strumenti comportano
anche propri meccanismi di controllo, il che significa che gli Stati si adoperano
affinché gli impegni presi ratificando tali strumenti siano effettivamente controllati
da organi imparziali ed indipendenti”.
In definitiva, Philippe Boillat
traccia un bilancio:
“Et même dans des Etats plus anciens, des
progrès considérables…
Perfino negli Stati più antichi sono stati fatti
grandi progressi nel miglioramento del rispetto dei diritti dell’uomo, dello Stato
di diritto e della democrazia : non si può che felicitarsene, anche se c’è ancora
tanta strada da fare. A fronte di ciò, e questa volta vedo il bicchiere “mezzo vuoto”,
ci sono alcuni Stati “anziani” nel Consiglio d’Europa dei quali non si penserebbe
mai - e prendo ad esempio la questione delle condizioni di vita nelle prigioni - che
già da tempo avrebbero dovuto prendere misure necessarie per rispondere agli standard
europei. Qui c’è una certa delusione per quanto riguarda l’osservanza del rispetto
dei diritti dell’uomo. Ho fatto questo esempio, ma ne potrei fare molti altri: per
quanto riguarda i processi equi, per quanto riguarda la libertà d’espressione… Vediamo
che in tutti gli Stati membri del Consiglio d’Europa, nonostante i progressi stati
compiuti nel corso degli ultimi anni, ci sono ancora violazioni flagranti dei diritti
dell’uomo”.