A Padova i funerali di don Ruggero Ruvoletto, il missionario italiano ucciso a Manaus
dieci giorni fa. Il ricordo di mons. Marchiò
Commozione questa mattina nella cattedrale di Padova, dove sono state celebrate le
esequie di don Ruggero Ruvoletto, il missionario assassinato il 19 settembre scorso
nella città brasiliana di Manaus, dove si trovava in missione. I funerali sono stati
presieduti dal vescovo di Padova, Antonio Mattiazzo, attorniato da mons. Francesco
Biasin, vescovo di Pesqueira, e DA altri cinque vescovi provenienti dalle diocesi
del Nordest del Brasile. La cronaca da Padova di Silvio Scacco:
Don Ruggero
Ruvoletto, 52 anni, studi di ecclesiologia a Roma, dal 95 al 2003 direttore del Centro
missionario diocesano, arriva in Brasile proprio sei anni e dallo scorso anno, a Manaus,
ha iniziato a collaborare ad un progetto della diocesi locale in un area con fortissime
tensioni sociali e una violenta malavita. E proprio qui, il 19 settembre scorso ha
donato la propria vita, in ginocchio, freddato da due colpi alla testa. Attorno alla
sua bara, in cattedrale oggi, le quattro sorelle, i molti parenti, un numero esorbitante
di confratelli, amici e collaboratori delle tante iniziative missionarie della diocesi,
tutti coloro che hanno avuto modo di apprezzare l’entusiasmo e la solidità umana e
cristiana di don Ruggero.
Nella sua omelia, il vescovo
Antonio Mattiazzo ha sottolineato come don Ruggero abbia dato il meglio di sé nella
missione e, nella missione, il meglio di sé l’ha dato con il dono della vita. Ha messo
al servizio della missione la sua fede e la sua umanità. Un’umanità - ha continuato
monsignor Mattiazzo - ricca di cuore e di umanità, che lo portava a relazioni cordiali
e calorose. Il vescovo poi ha ricordato come don Ruggero abbia affrontato la fatica,
i rischi, le tribolazioni della missione, con la fiducia e il coraggio che vengono
dalla fede e dalla preghiera. Il missionario - ha ricordato infine mons. Mattiazzo
- non è un colonizzatore o un manager di azienda; va a lavorare in missione non per
il guadagno materiale, ma per offrire gratuitamente il bene più prezioso: Gesù Cristo
e il suo Vangelo, Vangelo di giustizia, di solidarietà, di amore, di pace e di speranza.
E per tutto questo, don Ruggero ha saputo dare la vita.
Al
termine delle esequie, il vescovo della diocesi brasiliana di Caruaru, mons. Bernardino
Marchiò, uno dei presuli presenti in cattedrale, ha tratteggiato al microfono
di Christiane Murray un ritratto di don Ruggero, del quale era molto amico:
"Era un sacerdote
semplice ma molto profondo. Un sacerdote che sapeva amare e sapeva servire tutti.
Quando si è aperta la missione di Manaus - perché tutta la Chiesa del Brasile è aperta
alla missione, alla grande problematica dell’Amazzonia - lui si è messo a disposizione
e poi ho anche mandato un sacerdote di Caruaru per lavorare con lui. Si trovava nella
periferia di Manaus, una periferia che è cresciuta immensamente in questi ultimi anni.
Ormai tutti cercano la città: la città ha molte cose buone ma raccoglie anche tanti
problemi, tanti frutti dell’ingiustizia e della corruzione, legati ad una mancanza
di sicurezza e di politiche pubbliche. Don Ruggero ha cercato di lavorare in questo
senso: per la pace, per servire, per annunciare il Vangelo. Delle volte il Vangelo
ci chiede anche la vita e sappiamo che don Ruggero ha dato la sua vita per far capire
a tanta gente che non si può vivere nel proprio guscio, nel proprio egoismo personale,
ma si deve vivere a servizio di tutti. Don Ruggero ha lasciato quest’esempio per tutti
noi e noi ringraziamo il Signore per la sua vita".