L'Iran lancia in via sperimentale due nuovi missili a media gittata. L'inquietudine
della comunità internazionale. Intervista con il prof. Ennio Di Nolfo
Nuovo esperimento missilistico iraniano. Teheran ha infatti lanciato oggi razzi definiti
“a lungo e medio raggio”, dopo che ieri aveva eseguito un test con missili a corto
raggio nel corso di esercitazioni militari condotte dai Guardiani della rivoluzione.
Proprio secondo i Pasdaran, tra i razzi messi in orbita oggi figurano i missili "Sejil"
- con una gittata di 2.000 km - e "Shahab-3", con una portata fra i 1.300 e i 2.000
km: potenzialmente, dunque, sono in grado di raggiungere Israele e le basi Usa nel
Golfo. Ma tali missili potrebbero diventare una minaccia reale? Giada Aquilino
lo ha chiesto al prof. Ennio Di Nolfo, esperto di Relazioni internazionali
e docente emerito all’Università di Firenze:
R. - Credo
che per ora siano una minaccia simbolica. Non sono missili a lunga ma a media gittata.
Se è vero che possono raggiungere fino a duemila chilometri di distanza, bisogna pure
ricordare che i missili a lunga gittata raggiungono i 16 mila chilometri di distanza:
dall’Unione Sovietica, a suo tempo, potevano raggiungere gli Stati Uniti e viceversa
e questo faceva la differenza. Ciò non toglie che, sebbene siano armi simboliche e
convenzionali, è il momento in cui vengono lanciate che dà loro un significato preciso.
E’ il momento in cui scade il termine entro il quale gli iraniani - alla fine di settembre
- devono rendere conto all’Aiea della loro politica nucleare. Devono chiudere, se
possibile, o aprire - anche se può sembrare un paradosso - un negoziato serio con
i 5+1 che stanno cercando, finora vanamente, di trattare con loro. Mi pare di percepire
una voluta ambiguità da parte iraniana, perché da un lato Ahmadinejad ha abbassato
un po’ i toni dei suoi proclami e, dall’altro, con questi lanci e con la rivelazione
del secondo sito nucleare a Qom mostra di avere a disposizione strumenti capaci davvero
di raggiungere Israele. D. - Secondo alcuni osservatori il vero
obiettivo delle grandi manovre di Teheran sarebbe quello di ridimensionare l’opposizione
interna, cioè i critici di Ahmadinejad… R. - È possibile, ma
si tratta di sapere anche come l’opposizione interna sia informata di queste cose.
Ovviamente, i responsabili principali dell’opposizione sono al corrente dell’andamento
della situazione. Ma l’opposizione potrebbe avere successo soltanto se riuscisse a
far leva sulle masse che si rivolgono alle piazze e se le piazze riuscissero a persuadere
i capi supremi del regime iraniano a non sostenere più la presidenza di Ahmadinejad:
credo che ciò possa essere plausibile ma poco credibile. D.
- Il primo ottobre, a Ginevra, ci sarà la riunione del 5+1, ovvero di Stati Uniti,
Gran Bretagna, Francia, Russia, Cina e Germania. Cosa ne potrebbe nascere? R.
- Un inasprimento delle misure non militari e di contenimento dell’aggressività degli
iraniani, con provvedimenti che riguarderanno certamente la finanza ed il commercio
internazionale.