Formare laici per la pastorale universitaria, obiettivo discusso all'incontro della
Ccee di Oporto. Intervista con don Ferenc Janka
Il ruolo dei laici nella Pastorale universitaria è fondamentale, ma c’è bisogno anche
di formazione per poterli aiutare a trasmettere meglio il Vangelo nelle aule universitarie.
Con questa riflessione si è concluso ieri pomeriggio ad Oporto in Portogallo l’incontro
europeo dei delegati nazionali e vescovi di pastorale universitaria. Il convegno,
promosso dal Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa (Ccee), ha visto la partecipazione
di oltre 60 delegati provenienti da tutto il vecchio continente. Marina Tomarro
ha intervistato don Ferenc Janka, vicesegretario generale del Ccee:
R. - Abbiamo
fatto una riflessione sul ruolo dei laici: in che modo possiamo coinvolgerli nella
pastorale universitaria? Abbiamo ascoltato l’esperienza della Polonia, dove cresce
questa collaborazione volontaria degli studenti nella pastorale universitaria. Si
organizza un incontro annuale ed una formazione continua di questi volontari. Un’esperienza
molto importante ed interessante era anche la pastorale universitaria in Germania,
dove ci sono collaboratori professionisti laici che fanno questa attività con una
formazione di teologia, di psicologia, di pedagogia. Questo, secondo me, è molto importante:
vuol dire che un’esperienza della vita cristiana, dei collaboratori della pastorale
universitaria, deve puntare sulla prassi della fede e questa prassi mostrerà in trasparenza
la grazia di Dio, grazie alla quale poi si troveranno persone che hanno occhi per
vedere e orecchie per sentire. D. - Di fronte ad un’Europa così
laicizzata, in che modo è possibole far giungere il messaggio del Vangelo nelle università? R.
- La difficoltà comune nella nostra società europea è talvolta l’assenza del cristianesimo.
Tanti non conoscono la bellezza della vita cristiana, il messaggio di Cristo. Secondo
me, il nostro primo compito è accettare questa situazione ma non in modo passivo:
si deve mostrare la prospettiva della verità nella carità. La scienza, cioè, non basta,
ci vuole una dimensione etica di tutte le scienze. Questo mondo globalizzato ci rende
vicini ma non ci rende fratelli. Diventiamo fratelli soltanto attraverso l’amore e
la carità. Per poter vivere questa carità ci vuole Dio che ci rende testimoni di questa
bellezza di vita, che poi può anche essere una prospettiva per la realtà universitaria
europea. D. - Perché è importante questo confronto europeo fra
delegati di pastorale universitaria? R. - La realtà europea
è molto variegata. Il nostro scopo, quindi, non è trovare qualcosa di unitario per
tutta la pastorale europea, ma attraverso lo scambio delle esperienze possiamo approfondire
la nostra identità ed anche la nostra missione per la pastorale universitaria. Secondo
me, lo scopo dei nostri incontri è sempre questo: imparare a vedere la nostra realtà
con nuovi occhi.