Il nunzio a Praga: il Papa darà nuovo vigore alla Chiesa ceca
Un viaggio nel cuore dell’Europa per rinnovare le ragioni della fede e della speranza.
Sulle aspettative e il significato più profondo di questa visita di Benedetto XVI
in Cechia, Sergio Centofanti ha intervistato mons. Diego Causero, nunzio
apostolico a Praga:
R.
– C’è un interesse di tutti, credenti e non credenti. I cattolici però – soprattutto
i laici – aspettano il Papa come uno che viene per ridare un po’ di vigore alla Chiesa.
Una Chiesa che è leggermente appesantita e rallentata.
D.
– Qual è, dunque, la situazione della comunità cattolica e quali sono le sfide principali
della Chiesa in questo Paese?
R. – E’ una comunità che
è uscita da un periodo di oppressione e di persecuzione, che è rimasta sempre sotto
questa cappa di qualcuno che ha comandato, che ha diretto e che non ha mai ripreso
completamente coraggio. E’ una Chiesa numericamente piccola, perché rappresenta forse
un 30 per cento - o leggermente meno - della popolazione. Ma è piena di fermenti,
che mi pare siano vivaci soprattutto nei giovani: sia nei giovani preti sia nei giovani
laici. La Chiesa ceca ha una situazione particolare, perché è vissuta per 200 anni
sotto due aspetti diversi di secolarismo: prima c’era il secolarismo stile rivoluzione
francese e poi c’è stato il periodo comunista, in cui la religione è stata direttamente
avversata come oppio dei popoli. Ha quindi vissuto 200 anni di continuo anticattolicesimo.
D.
– I dati ci dicono che nella Repubblica Ceca c’è un alto numero di atei. E’ vero?
R.
– Non so se sono atei. Sono non affiliati ad una religione. Credo che la maggior parte
non sia nemmeno atea. Una volta mi è successo di discutere con dei senatori, i quali
ad un certo punto volevano trasmettere quest’idea: “Non siamo atei, non siamo cattolici
né cristiani” e trovarono una frase per spiegare la loro posizione: “Siamo trascendentalisti”.
Suppongo sia una specie di religione naturale, fatta a loro immagine e somiglianza,
per cui credono che c’è qualcuno al di sopra, ma quel qualcuno è quello che la mia
ragione deciderà.
D. – In questo contesto quali sono
le priorità della Chiesa nella Repubblica Ceca?
R. –
Ricreare un nucleo, una base di cristiani, i quali abbiano una buona formazione religiosa.
Non solo una buona formazione religiosa, ma anche il sentimento d’una comunità che
ha contato sempre nella vita della Cechia, ha contato profondamente e che può contare
ancora. Poi una comunità che sia gioiosa, perché in Cechia uno arriva ed ha l’idea
di un paesaggio che è totalmente cristiano, bello. Tra l’altro è il più bel barocco
dell’Europa. E’ un sentimento particolare che dovrebbe tornare nella Chiesa, orgogliosa
del suo passato, perché ciò che in Cechia è orgoglio dei cechi e desiderio dei turisti
per le loro visite è fondato dalla Chiesa oppure ispirato da essa. Occorre quindi
una catechesi che sia molto buona, un’indipendenza dalla paura e quest’immagine della
Chiesa gioiosa perché ha una tradizione enorme di cui la Repubblica Ceca deve essere
fiera.
D. – Quali sono i suoi auspici, le sue speranze?
R.
– Ciò che io vorrei in particolare è che la Chiesa ceca riprendesse un po’ di vigore,
si rianimasse, perché finora credo che parte dell’influenza della Chiesa sia rimasta
limitata da una specie di relazione con il Paese che era quella di rammarico per le
persecuzioni ricevute. Un atteggiamento un po’ rivendicativo nei confronti dello Stato,
che non ha aiutato a risolvere i problemi che erano pendenti e infatti sono ancora
tutti lì, irrisolti. Ciò che spero, quindi, è che il Papa riesca a dare animo ai vescovi,
senso di unità ai sacerdoti e il gusto di annunciare e di evangelizzare. La Chiesa
deve presentarsi cioè come quello che è.
Due momenti importanti
della visita del Papa saranno l’incontro, domani pomeriggio, con il mondo accademico
e gli studenti universitari nel Castello di Praga, e la Messa, domenica mattina, a
Stará Boleslav, nella festa di San Venceslao, a cui parteciperanno migliaia di giovani
e ai quali il Papa rivolgerà un messaggio speciale. Gli studenti universitari cattolici,
da parte loro, hanno scritto una lettera a Benedetto XVI. Al microfono di Marketa
Sindelarova, e ne parla Lenka Ceskova, una studentessa dell’Università
fondata dall’imperatore Carlo IV nel 1348:
“Abbiamo
voluto scrivere una lettera al Santo Padre perché sappiamo che lui è un ex professore
universitario e tiene molto alla pastorale universitaria e soprattutto volevamo rispondere
ai suoi appelli rivolti a noi studenti universitari. Volevamo rispondere col nostro
sì, col nostro ‘fiat’. Volevamo dirgli che siamo coscienti della nostra corresponsabilità
per il futuro dell’Europa e che facciamo il nostro meglio per rispondere alle sue
aspettative. Volevamo anche rassicurarlo della nostra lealtà e del nostro amore verso
di lui. Volevamo quindi lanciare un appello alla responsabilità per quanti lavorano
nei mass media perché dicano e scrivano la verità, cioè informino la gente in modo
obiettivo riguardo al messaggio del Santo Padre e al vero senso delle sue parole”.