2009-09-25 11:41:18

Il cardinale Cordes sugli Esercizi spirituali a Taiwan per i responsabili degli organismi caritativi. Il racconto del suo incontro con i superstiti del ciclone Morakot


E’ rientrato a Roma il cardinale Paul Josef Cordes, presidente del Pontificio Consiglio Cor Unum, che a Taiwan ha promosso, dal 6 all’11 settembre scorsi, un corso di Esercizi spirituali per i responsabili degli istituti caritativi della Chiesa cattolica dell’Asia. L’iniziativa ha riunito 450 persone, tra cui 6 cardinali e 60 vescovi, provenienti da 29 nazioni e 260 diocesi. L’incontro si è tenuto nell'Università cattolica di Fu Jen a Taipei ed ha avuto per tema le parole di Gesù, “L’avete fatto a me…” tratte da un passo del Vangelo di Matteo. A Taiwan il cardinale Cordes, ha visitato anche la zona devastata dal tifone Morakot, per portare la consolazione del Signore a quanti sono stati colpiti dal disastro naturale. I partecipanti agli Esercizi spirituali, si sono soffermati sull’esortazione del Papa, contenuta nella “Caritas in veritate”, per una formazione del cuore. Roberto Piermarini ha chiesto al cardinale Cordes come è nata l’idea di organizzare questi Esercizi spirituali a livello continentale – prima a Guadalajara per le Americhe ed ora a Taiwan per l’Asia - per coloro che operano nel campo della carità.RealAudioMP3

R. - Proprio per attualizzare le encicliche di Benedetto XVI “Deus caritas est” e “Caritas in veritate”, abbiamo pensato di offrire al mondo della Caritas, al mondo degli aiuti, qualcosa che sottolinei la dimensione strettamente spirituale della nostra missione. E per questo abbiamo offerto un corso di Esercizi spirituali. Lo abbiamo organizzato per la prima volta l’anno scorso, a Guadalajara, in Messico, per tutte e due le Americhe. In tutto il continente, la reazione è stata tale che abbiamo visto non solo l’entusiasmo, ma anche la necessità di offrire questo ritiro. La riflessione di padre Cantalamessa è stata davvero un grande evento. E quando ho raccontato tutto questo al Santo Padre, gli ho chiesto se potevamo organizzarlo anche in Asia e il Papa ha detto subito di sì. Il lavoro caritativo, soprattutto per la Chiesa che rappresenta una minoranza cristiana in Asia, è molto importante, perchè la Caritas è la finestra tramite la quale la componente cristiana, il gruppo della Chiesa cattolica, si rende visibile. Così adesso abbiamo promosso questo ritiro a Taipei, in Taiwan, per tutta l’Asia.

 
D. – Quanti i partecipanti e da dove venivano?

 
R. – In tutto i partecipanti erano 450, fra direttori e presidenti delle organizzazioni caritative: 6 cardinali, 60 vescovi, tanti preti e laici. Erano presenti anche i piccoli Paesi, spesso dimenticati, come il Nepal, il Myanmar, la Cambogia e, ovviamente, le grandi nazioni come l’India e le Filippine. Per tutti loro è stato un evento certamente spirituale, e sono tornato con la mente alle Giornate Mondiali della Gioventù, per la presenza a Taipei, di molti giovani che provenivano da piccoli Paesi, spesso in una situazione difficile per la Chiesa cattolica, come il Vietnam, e c’era anche un gruppo della Cina continentale. Per loro è stato molto importante vivere la Chiesa universale e vedere che non sono isolati, che non sono soli. Hanno ripreso vigore spirituale così, ma anche entusiasmo per la loro missione.

 
D. – Come hanno vissuto i partecipanti, provenienti da tutti i Paesi dell’Asia, questo corso di Esercizi spirituali?

 
R. – Abbiamo chiesto anche di scriverci le loro esperienze, per avere una piccola risonanza. Si vede come loro siano stati toccati da questo evento. Ad esempio, un direttore della Caritas del Turkmenistan ha scritto che spesso troppa informazione durante i Congressi stanca, ma “questa volta abbiamo potuto prendere personalmente nella comunità il cibo per i nostri cuori, il cibo della Parola di Dio, della preghiera, della testimonianza, della gioia di stare insieme”. Questa volta il ritiro è stato predicato dal responsabile del ramo maschile delle suore di Madre Teresa, il missionario indiano Yesudas, e l’ha fatto molto, molto bene. Un vescovo delle Filippine ha scritto: “Una nuova Pentecoste. La nostra vocazione è di appartenere a Gesù. Non sarò più lo stesso, dopo questi esercizi”. Siamo, quindi, molto contenti.

 
D. – Perché avete scelto il tema: “L’avete fatto a me”, tratto dal Vangelo di Matteo?

 
R. – Questo tema tocca esattamente la problematica più profonda di fare il bene, scoprire di farlo per il bene agli altri, a coloro che stanno in difficoltà, a coloro che stanno nella miseria. Farlo nel nome di Gesù! Scoprire nel bisognoso - come dice Madre Teresa – il volto di Cristo, perché dobbiamo sempre sottolineare lo stretto legame tra il primo comandamento e il secondo, che vuol dire “amare Dio e amare il prossimo” come afferma il Papa nella sua enciclica. La questione di Dio e della fede è legata strettamente alla questione della Carità, nel fare del bene all’altro.

 
D. – Nel corso della sua visita a Taiwan, lei ha visitato anche le persone colpite dal ciclone Morakot, a Taiwan. Che cosa ci può raccontare di questo incontro con i profughi?

 
R. – Mi volevano mostrare i danni materiali causati dal ciclone, ma i danni sono gli stessi dappertutto. E io ho detto: “Voglio vedere le persone colpite”. Abbiamo avuto questo incontro ben preparato da un missionario svizzero, che da 25 anni sta con questa gente. Si tratta di nativi, e quindi gente del paese, della montagna. E’ stato molto commovente... molto commovente. E’ venuta anche la sorella del presidente di Taiwan, che è una buona cattolica. Si vede in tali incontri che portare i saluti del Papa, portare l’internazionalità della Chiesa cattolica, fa molto bene alla gente, dà una spinta. Qualche volta pensiamo che i soldi siano la cosa più importante, ma la dimensione emozionale, psicologica, la dimensione di fede in questi incontri è molto più importante di un assegno. In questo senso, per noi, è una grande soddisfazione fare questo lavoro.







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