Il cardinale Cordes sugli Esercizi spirituali a Taiwan per i responsabili degli organismi
caritativi. Il racconto del suo incontro con i superstiti del ciclone Morakot
E’ rientrato a Roma il cardinale Paul Josef Cordes, presidente del Pontificio
Consiglio Cor Unum, che a Taiwan ha promosso, dal 6 all’11 settembre scorsi, un corso
di Esercizi spirituali per i responsabili degli istituti caritativi della Chiesa cattolica
dell’Asia. L’iniziativa ha riunito 450 persone, tra cui 6 cardinali e 60 vescovi,
provenienti da 29 nazioni e 260 diocesi. L’incontro si è tenuto nell'Università cattolica
di Fu Jen a Taipei ed ha avuto per tema le parole di Gesù, “L’avete fatto a me…” tratte
da un passo del Vangelo di Matteo. A Taiwan il cardinale Cordes, ha visitato anche
la zona devastata dal tifone Morakot, per portare la consolazione del Signore a quanti
sono stati colpiti dal disastro naturale. I partecipanti agli Esercizi spirituali,
si sono soffermati sull’esortazione del Papa, contenuta nella “Caritas in veritate”,
per una formazione del cuore. Roberto Piermarini ha chiesto al cardinale Cordes
come è nata l’idea di organizzare questi Esercizi spirituali a livello continentale
– prima a Guadalajara per le Americhe ed ora a Taiwan per l’Asia - per coloro che
operano nel campo della carità.
R. - Proprio
per attualizzare le encicliche di Benedetto XVI “Deus caritas est” e “Caritas in veritate”,
abbiamo pensato di offrire al mondo della Caritas, al mondo degli aiuti, qualcosa
che sottolinei la dimensione strettamente spirituale della nostra missione. E per
questo abbiamo offerto un corso di Esercizi spirituali. Lo abbiamo organizzato per
la prima volta l’anno scorso, a Guadalajara, in Messico, per tutte e due le Americhe.
In tutto il continente, la reazione è stata tale che abbiamo visto non solo l’entusiasmo,
ma anche la necessità di offrire questo ritiro. La riflessione di padre Cantalamessa
è stata davvero un grande evento. E quando ho raccontato tutto questo al Santo Padre,
gli ho chiesto se potevamo organizzarlo anche in Asia e il Papa ha detto subito di
sì. Il lavoro caritativo, soprattutto per la Chiesa che rappresenta una minoranza
cristiana in Asia, è molto importante, perchè la Caritas è la finestra tramite la
quale la componente cristiana, il gruppo della Chiesa cattolica, si rende visibile.
Così adesso abbiamo promosso questo ritiro a Taipei, in Taiwan, per tutta l’Asia.
D.
– Quanti i partecipanti e da dove venivano?
R.
– In tutto i partecipanti erano 450, fra direttori e presidenti delle organizzazioni
caritative: 6 cardinali, 60 vescovi, tanti preti e laici. Erano presenti anche i piccoli
Paesi, spesso dimenticati, come il Nepal, il Myanmar, la Cambogia e, ovviamente, le
grandi nazioni come l’India e le Filippine. Per tutti loro è stato un evento certamente
spirituale, e sono tornato con la mente alle Giornate Mondiali della Gioventù, per
la presenza a Taipei, di molti giovani che provenivano da piccoli Paesi, spesso in
una situazione difficile per la Chiesa cattolica, come il Vietnam, e c’era anche un
gruppo della Cina continentale. Per loro è stato molto importante vivere la Chiesa
universale e vedere che non sono isolati, che non sono soli. Hanno ripreso vigore
spirituale così, ma anche entusiasmo per la loro missione.
D.
– Come hanno vissuto i partecipanti, provenienti da tutti i Paesi dell’Asia, questo
corso di Esercizi spirituali?
R. – Abbiamo chiesto
anche di scriverci le loro esperienze, per avere una piccola risonanza. Si vede come
loro siano stati toccati da questo evento. Ad esempio, un direttore della Caritas
del Turkmenistan ha scritto che spesso troppa informazione durante i Congressi stanca,
ma “questa volta abbiamo potuto prendere personalmente nella comunità il cibo per
i nostri cuori, il cibo della Parola di Dio, della preghiera, della testimonianza,
della gioia di stare insieme”. Questa volta il ritiro è stato predicato dal responsabile
del ramo maschile delle suore di Madre Teresa, il missionario indiano Yesudas, e l’ha
fatto molto, molto bene. Un vescovo delle Filippine ha scritto: “Una nuova Pentecoste.
La nostra vocazione è di appartenere a Gesù. Non sarò più lo stesso, dopo questi esercizi”.
Siamo, quindi, molto contenti.
D. – Perché avete
scelto il tema: “L’avete fatto a me”, tratto dal Vangelo di Matteo?
R.
– Questo tema tocca esattamente la problematica più profonda di fare il bene, scoprire
di farlo per il bene agli altri, a coloro che stanno in difficoltà, a coloro che stanno
nella miseria. Farlo nel nome di Gesù! Scoprire nel bisognoso - come dice Madre Teresa
– il volto di Cristo, perché dobbiamo sempre sottolineare lo stretto legame tra il
primo comandamento e il secondo, che vuol dire “amare Dio e amare il prossimo” come
afferma il Papa nella sua enciclica. La questione di Dio e della fede è legata strettamente
alla questione della Carità, nel fare del bene all’altro.
D.
– Nel corso della sua visita a Taiwan, lei ha visitato anche le persone colpite dal
ciclone Morakot, a Taiwan. Che cosa ci può raccontare di questo incontro con i profughi?
R.
– Mi volevano mostrare i danni materiali causati dal ciclone, ma i danni sono gli
stessi dappertutto. E io ho detto: “Voglio vedere le persone colpite”. Abbiamo avuto
questo incontro ben preparato da un missionario svizzero, che da 25 anni sta con questa
gente. Si tratta di nativi, e quindi gente del paese, della montagna. E’ stato molto
commovente... molto commovente. E’ venuta anche la sorella del presidente di Taiwan,
che è una buona cattolica. Si vede in tali incontri che portare i saluti del Papa,
portare l’internazionalità della Chiesa cattolica, fa molto bene alla gente, dà una
spinta. Qualche volta pensiamo che i soldi siano la cosa più importante, ma la dimensione
emozionale, psicologica, la dimensione di fede in questi incontri è molto più importante
di un assegno. In questo senso, per noi, è una grande soddisfazione fare questo lavoro.