Ai nostri microfoni, la soddisfazione del rabbino Laras e di mons. Paglia per la ripresa
della Giornata di riflessione ebraico-cristiana
La Giornata di riflessione ebraico-cristiana del 17 gennaio tornerà a essere celebrata
in Italia. Sulle reazioni all'importante annuncio fatto ieri al termine dell’incontro
del presidente della Conferenza episcopale italiana, cardinale Angelo Bagnasco, con
i rabbini Giuseppe Laras, presidente dell'Assemblea rabbinica italiana, e Riccardo
Di Segni, rabbino capo della Comunità ebraica di Roma, ci riferisce Fausta Speranza:
L’iniziativa
nasce nel ’90 e dal 2005 ha per tema le “Dieci Parole” o Decalogo, rivelate a Mosè
sul monte Sinai. L’anno scorso c’è stata un’interruzione, in un momento di perplessità
della comunità ebraica riguardo alla nuova formulazione - voluta da Benedetto XVI
in seguito alla pubblicazione del motu proprio "Summorum Pontificum" - della preghiera
“Oremus et pro Iudaeis": si recitava nella liturgia del Venerdì Santo prima del Concilio
Vaticano II e verrà utilizzata solo dalle comunità che celebrano questa forma del
rito latino. Dell’importanza della ripresa della Giornata di riflessione comune, abbiamo
parlato con il Presidente dell'assemblea rabbinica Italiana, il rabbinoGiuseppe Laras:
R. – E’ importante
perché riflettere insieme su punti capitali delle Sacre Scritture, che sono molto
importanti, può – anzi, senz’altro avrà – ripercussioni benefiche all’interno non
solo delle nostre comunità, ma della società in generale. Il riprendere il rapporto
e, soprattutto, riflettere insieme sulle 10 Parole, può dare un contributo a rafforzare
il senso di spiritualità all’interno della società. Naturalmente, una spiritualità
che deve sempre tradursi nei comportamenti, quindi nell’etica.
Il
cardinale Bagnasco ha voluto ribadire che non c’è cambiamento nell’atteggiamento che
la Chiesa cattolica ha sviluppato nei confronti degli ebrei soprattutto dal Concilio
Vaticano II. Il presidente Laras sottolinea l’importanza di queste parole:
R.
– Sicuramente, perché nell’ambito della comunità ebraica c’era stata qualche perplessità
e anche qualche preoccupazione in ordine a quell’inserimento della Liturgia del Venerdì
Santo: alcuni ritenevano che questo avrebbe potuto far pensare ad una ripresa di un
intento conversionistico da parte della Chiesa nei confronti degli ebrei. Evidentemente,
averlo ribadito già tempo fa da parte del cardinale segretario di Stato Bertone e
poi averlo ieri sottolineato e ripreso da parte del presidente della Cei, ha costituito
un elemento ulteriore di tranquillità e di fiducia. Per cui – ripeto – il rapporto
può essere ripreso, anche se devo dire che il rapporto tra l’ebraismo italiano e la
Chiesa non è stato mai interrotto: abbiamo sempre tenuto i rapporti e abbiamo entrambi
– lo voglio dire – lavorato in vista di una ricostituzione di questo rapporto a cui
entrambi tenevamo molto.
Del significato della Giornata
di riflessione comune su testi delle Sacre Scritture abbiamo parlato anche con mons.
Vincenzo Paglia, presidente della Commissione della Conferenza episcopale
italiana per l’ecumenismo e il dialogo, che innanzitutto ha espresso la sua soddisfazione
per la ripresa:
R. – A me pare particolarmente significativa, questa
ripresa: è una ripresa, appunto, che si fonda sulle 10 Parole. Io ricordo che rimasi
sorpreso quando Papa Benedetto, alla Gmg di Colonia, visitando la Sinagoga, si espresse
proprio sulla importanza che cristiani ed ebrei, nelle rispettive differenze di due
religioni diverse, potessero tuttavia riscoprire una comune missione di comunicare
al mondo il valore straordinario dei 10 Comandamenti: un patrimonio assolutamente
decisivo in un mondo che sta perdendo ogni punto di riferimento. Nonostante ciò che
ci divide, ci sono molte cose che ci uniscono e ci aiutano a donare un messaggio di
speranza a questo nostro mondo.
Il cardinale Bagnasco
ha espresso anche preoccupazione per i focolai di antisemitismo e antigiudaismo. Accrescere
amicizia e stima reciproche è importante anche in relazione a questo. Ancora mons.
Paglia
R. – L’incontro e la comprensione reciproca,
anzi, stringere una sorta di alleanza di uomini spirituali è un argine per comunicare
non solo l’amicizia reciproca ma anche per comunicare al mondo quella speranza che
viene dai credenti. C'è la diversità delle religioni, in questo caso tra ebraismo
e cristianesimo, e tuttavia – non bisogna dimenticare – le due religioni hanno un
grande patrimonio in comune. La vicinanza e l’amicizia tra i credenti delle due parti
è di grande vantaggio per un mondo più umano, più solidale e – appunto – per sconfiggere
quelle presenze di antigiudaismo, di antisemitismo che ancora si ripresentano.