Parità e reciprocità tra partners del nord e del sud del mondo. Ecco le nuove linee-guida
della cooperazione italiana
Un nuovo approccio alla cooperazione internazionale, basato sulla parità e la responsabilità
reciproca: è uno degli strumenti fondamentali, per l’Africa, per uscire dalla crisi
economica e rafforzare la società civile. Un tema attuale, che sarà affrontato durante
il secondo Sinodo dei Vescovi per l’Africa, che si terrà in Vaticano dal 4 al 25 ottobre,
sul tema della riconciliazione, della giustizia e della pace. A distanza di quindici
anni dalla prima Assemblea Speciale dedicata a questo continente, i vescovi tornano
quindi a riflettere sull’Africa. Sul nuovo approccio della cooperazione internazionale
Silvia Koch ha intervistato Pierfrancesco Sacco, consigliere della Direzione
generale Cooperazione e Sviluppo del Ministero degli Afari Esteri italiano. Ascolta
l'intervista:
D. - In
cosa consiste la riformulazione delle relazioni internazionali in ambito di cooperazione?
R.
- L’elemento più innovativo del nuovo approccio alla cooperazione è l’idea di collaborazione,
partnership, parità e responsabilità reciproca. Uno degli obiettivi prioritari è il
rafforzamento della società civile nei paesi partners, fondamentale per dare concretezza
al principio dell’ownership. Questo concetto esprime l’appartenenza ai Paesi poveri
dei loro processi di sviluppo, qualificandola in termini di democraticità. A tal fine
è indispensabile, tra le altre cose, disporre di mezzi di comunicazione validi e solidi.
D.
- Questo comporterà, a suo avviso, una riduzione dei fondi devoluti alle attività
di sviluppo?
R. - Io mi auguro di no. Il complesso dei finanziamenti
per lo sviluppo deve essere al centro dell’attenzione anche nell’agenda politica internazionale.
Questo è necessario per fronteggiare l’impatto grave della crisi finanziaria sui paesi
del Sud del mondo.
D. - Quali saranno i nuovi rapporti tra le Istituzioni
italiane preposte alla cooperazione allo sviluppo e la società civile?
R.
- Per quanto concerne il contesto italiano, per i prossimi anni si prevede un coinvolgimento
diretto degli attori della società civile nazionale non solo nella fase di attuazione
dei progetti, ma anche nell’elaborazione delle nuove linee-guida settoriali e nella
pianificazione delle attività istituzionali finalizzate alla cooperazione.
Riguardo
alla società civile locale, la nostra cooperazione ha una lunga tradizione di collaborazioni,
che si realizzano anche attraverso le attività delle numerose Ong italiane, partners
delle Ong dei Paesi in questione. Questa filiera sarà rafforzata con l’adozione di
strategie destinate appositamente ad accrescere il coinvolgimento e il protagonismo
degli attori locali nei nostri programmi di sviluppo.
D. - A causa della
grave recessione economica che stiamo vivendo, nel 2008 si è registrata globalmente
una drastica riduzione delle risorse destinate dagli Stati industrializzati ai Paesi
poveri. Crede che queste linee-guida, da Lei illustrate, troveranno un adeguato supporto
finanziario?
R. - Io ho fede nella sostenibilità del nuovo approccio
allo sviluppo. Invito l’opinione pubblica a registrare le dichiarazioni e gli impegni
che le classi politiche, di diversi paesi occidentali, hanno assunto in ambito di
cooperazione. Abbiamo dei gravi vincoli di bilancio, è vero, ma penso che questo aspetto
qualificante della politica estera degli Stati industrializzati non potrà non avere
il giusto peso anche in sede di programmazione finanziaria, nelle varie Nazioni. Noi,
in quanto Direzione Generale Cooperazione allo Sviluppo, siamo molto incoraggiati
anche dagli appelli che, recentemente, lo stesso Pontefice ha lanciato in questa direzione.