L'integrazione sociale delle donne africane: un fattore di sviluppo per le comunità
stesse
Secondo l’Annuario statistico della Chiesa 2007, in Africa sono oltre 16.000 gli istituti
cattolici di assistenza e di beneficenza, che combattono tutte le forme di “povertà”
umana. La difesa dei soggetti emarginati rappresenta uno degli strumenti principali
per la risoluzioni delle crisi che affliggono il continente. Lo sottolinea l’Instrumentum
Laboris, documento che raccoglie le linee-guida del secondo Sinodo per l’Africa, che
avrà luogo in Vaticano dal 4 al 25 ottobre, sul tema della riconciliazione, della
giustizia e della pace. A quindici anni di distanza dalla prima Assemblea Speciale
dedicata a questo continente, il Sinodo dei Vescovi torna dunque a riflettere sull’Africa.
Pauline Zongo Yameogo, della Ocades-Caritas del Burkina Faso, spiega al microfono
di Dulce Araujo l’importanza, per il progresso delle società stesse, di un
inserimento coerente della donna nelle varie comunità africane. Ascolta l'intervista
in lingua originale francese:
D. - Sig.ra
Zongo, che strade intraprenderete per rinforzare la coscienza della donna nel senso
del suo sviluppo integrale e, conseguentemente dello sviluppo della società?
R.
- Noi diamo sempre più la parola alla donna e la aiutiamo a prendere coscienza, ad
avere fiducia in sé stessa, a sapere che può parlare senza paura e che ha diritto
di parola. Questo è importante perché si può lavorare per la promozione della donna,
ma è la stessa donna che deve impegnarsi, e noi prendiamo misure affinché la donna
capisca, affinché smetta di aver paura, affinché abbia fiducia in sé stessa, affinché
sappia che ha mezzi per poter difendersi, per poter dire ciò che pensa del posto che
le è dato a livello della società. Quando vediamo, per esempio che, a livello del
Burkina-Faso, convenzioni internazionali sono stati ratificate, che delle leggi favorevoli
al diritto della donna sono state adottate e che tutto questo non è messo totalmente
in pratica e che le donne se ne stanno zitte, è un silenzio che non è normale. È necessario
che la donna sappia che deve parlare, che è lei che si deve alzare per difendere i
propri diritti” .
D. – Bisogna sottolineare anche il ruolo dell’uomo
nel processo che deve condurre all’emancipazione della donna come forma di promozione
della società nel suo insieme. Che vie privilegiate per arrivare a questo?
R.
- Quando parliamo di donne, gli uomini non sono esclusi. Il lavoro è far prendere
loro sempre più coscienza del fatto che è necessario che accettino di dare la parola
alla donna, che accettino di ascoltarla, che si impegnino anche loro nella promozione
della donna, perché tutti abbiamo da guadagnare da questo, la famiglia innanzitutto,
ma anche l’uomo, la società. Noi non lavoriamo lasciando da parte l’uomo. Noi non
ci opponiamo a loro perché a livello della creazione non sono stati opposti. Dio creò
l’uomo e la donna insieme e in armonia. Ed è in armonia che lavoriamo. Per esempio:
quando facciamo un pozzo in un villaggio, incontriamo uomini e donne insieme e ognuno
dà la propria opinione, ognuno ha la propria responsabilità. Ed è insieme ed in armonia
che costruiamo, non in opposizione come alcuni vorrebbero che fosse. Noi lavoriamo
in un’ottica di complementarietà. È questa la nostra visione fondamentale. Per questo
non opponiamo la donna all’uomo. Sono sempre associati e ognuno ha il proprio ruolo,
la propria responsabilità. Bisogna trovare soluzioni insieme per i problemi di sviluppo
che abbiamo.
D. - C’è qualche altro aspetto che vorrebbe sottolineare?
R. - Ciò che vorrei dire è che ci sono procedure, nozioni che provengono
da fuori, che non sono nostre. Non le ignoriamo. Ascoltiamole, osserviamole, interroghiamoci
su di esse, ma pensiamo che è fondamentale partire dalla nostra cultura e partire
dal Vangelo. È in questo modo che faremo la promozione della donna in Burkina-Faso,
perché non possiamo svilupparci con la cultura degli altri. È attraverso la nostra
cultura, evangelizzata, che faremo la promozione della donna in Burkina-Faso.