FOCSIV-Volontari nel mondo: per una maggiore cooperazione con la società civile africana
Promuovere riforme strutturali, lanciare iniziative finalizzate a uno sviluppo di
lungo periodo e puntare al massimo coinvolgimento degli attori locali: sono queste
le linee-guida messe in atto in Africa dalle Organizzazioni non governative. Strategie
sviluppatesi negli ultimi anni, con l’idea di accostarsi al continente con un approccio
meno “a senso unico” e di emergenza. Su questo e altri temi rifletterà il Sinodo dei
Vescovi per l’Africa, che si svolgerà in Vaticano dal 4 al 25 ottobre, sui temi della
riconciliazione, della giustizia e della pace. Si tratta della seconda Assemblea Speciale
dei vescovi per questo continente, a distanza di quindici anni dalla prima, tenutasi
nel 1994. Sulle caratteristiche della cooperazione di matrice cattolica in Africa,
Silvia Koch ha intervistato Sergio Marelli, Direttore Generale della
FOCSIV-Volontari nel mondo. Ascolta l'intervista:
D. - Quali
sono le principali Ong attive nel continente africano?
R. - L’Africa
resta una delle priorità delle oltre 160 organizzazioni italiane, che hanno quasi
tutte dei progetti nel continente. Posso ricordare le tre grandi federazioni che raggruppano
buona parte delle Ong: la FOCSIV (Federazione Organismi Cristiani Servizio Internazionale
Volontariato), il COCIS (Coordinamento delle Organizzazioni non governative per la
Cooperazione Internazionale allo Sviluppo) e il CIPSI (Coordinamento di Iniziative
Popolari di Solidarietà Internazionale). Insieme, queste tre federazioni sono presenti
in tutti i paesi africani.
D. - Nel panorama di associazioni impegnate
in Africa, esistono forme di collaborazione tra le Ong di matrice cattolica e i soggetti
“laici”?
R. - La ricerca di forme di collaborazione e di coordinamento
delle attività delle singole Ong è da sempre una peculiarità della cooperazione italiana.
Molte associazioni sono di piccole o medie dimensioni e trovano quindi una forma di
sostegno nella sinergia di azioni con le altre. La frammentazione e la sovrapposizione
di interventi risulta sempre, al contrario, poco efficace.
D. - Quali
sono le maggiori problematiche del continente Africa, e, dunque, i principali settori
in cui operate?
R. - Non vi è una selezione a monte degli ambiti di
intervento, dal momento che la metodologia generalmente adottata è quella di rispondere
ai bisogni dei partners locali. Nonostante ciò, si può statisticamente affermare che
i tre grandi settori che assorbono la maggior parte dei progetti nel continente, sono
quello socio-sanitario, l’educazione e il sostegno all’apparato agricolo. Quasi tutti
i programmi sono articolati, integrati e multisettoriali, nel senso che includono,
al proprio interno, questi tre diversi campi di intervento. Tuttavia, dal momento
che gran parte della popolazione africana è costituita da comunità rurali, lo sviluppo
del sistema agricolo costituisce, in particolar modo, la base da cui partire per risollevare
le sorti del continente.
D. - Come si manifestano gli effetti della
crisi economica mondiale a livello locale?
R. - Le crisi sono molteplici
- economico-finanziaria, alimentare e quella generata dai cambiamenti climatici –
e hanno conseguenze drammatiche, in Africa come nel resto del sud del mondo. I devastanti
sintomi della recessione economica hanno già iniziato a manifestarsi: contrazione
delle risorse che i governi e le imprese dei paesi ricchi si erano impegnati a investire
per lo sviluppo del sud del mondo; svalutazione di buona parte delle monete locali;
diminuzione delle rimesse degli emigrati, per effetto dell’aumento della disoccupazione
nei paesi industrializzati. Se la comunità internazionale non affronterà da subito
e con misure significative questi fenomeni, di grande impatto sui paesi poveri, queste
economie saranno ulteriormente indebolite e le popolazioni locali maggiormente colpite
dalla fame, dall’instabilità politica e sociale. Inoltre, molte realtà africane, che
risultano ancora escluse dal sistema economico mondiale, subiranno gli effetti della
recessione finanziaria specialmente in un secondo momento: si può dunque prevedere
un ulteriore peggioramento della situazione attuale, in alcune aree del continente.