2009-09-21 17:07:38

Democratizzazione, sviluppo economico e migrazioni in Africa. Le conquiste dell'ultimo ventennio


Un clima di pace e il perseguimento della giustizia sono condizioni imprescindibili per lo sviluppo politico dell’Africa. A quindici anni dal primo Sinodo per l’Africa, i Padri Sinodali tornano a riunirsi per la seconda Assemblea dei Vescovi africani, che si terrà in Vaticano dal 4 al 25 ottobre proprio sui temi della riconciliazione, della giustizia e della pace. A partire dagli anni Novanta, molti Stati africani hanno intrapreso un cammino di emancipazione dalle dittature e ogni volta che è stata coinvolta nelle dinamiche di transizione politica, la Chiesa si è fatta promotrice delle istanze democratiche. Sugli effetti delle riforme liberali introdotte nel continente, Silvia Koch ha intervistato Pratibha Thaker, membro dell’Economist Intelligence Unit. Ascolta l'intervista doppiata, in versione italiana e inglese: RealAudioMP3

D. - Come giudica le riforme democratiche applicate dalla maggioranza dei governi africani negli ultimi venti anni?

R. - Nell’ultimo decennio ci sono state elezioni libere in tutta una serie di Paesi. Per rendersi conto della portata delle innovazioni democratiche, basti considerare alcuni dati relativi al passato: durante gli anni Sessanta si sono contati ventuno colpi di stato nel continente, diciotto negli anni Ottanta e non più di cinque nella fase di passaggio dal 1990 al 2000. In molti paesi è stato intrapreso un processo di riforma del quadro istituzionale e, se venticinque anni fa solo quattro regimi potevano dirsi “democratici” (Senegal, Botswana, Zimbabwe e Mauritius), oggi sono 45 i governi eletti con un sistema multipartitico. Infine, ricordo che un importante momento di cesura nella storia della democratizzazione africana è stata la fine della guerra civile in Angola.

D. - Gli effetti positivi di questa generale ventata di democratizzazione arrivano facilmente alle popolazioni, alla gente comune?

R. - Sicuramente i cambiamenti democratici si riflettono in ambiti diversi e numerosi fattori, dallo sviluppo economico alla graduale liberalizzazione politica, ne sono conseguenza ed espressione. In particolare, negli ultimi dieci anni numerosi investitori cinesi si sono fatti avanti sulla scena africana e questa presenza asiatica sta influenzando molto l’economia interna del continente.

D. - Come mai solo negli ultimi anni si è iniziato a parlare in maniera costante di pirateria? È, questo, un fenomeno nuovo nelle relazioni internazionali?

R. - Quella della pirateria è una grossa problematica internazionale che ha radici profonde, nonostante se ne parli, è vero, solo da poco. È un traffico che coinvolge il mondo intero in quanto, per contrastare la pirateria, tutte le navi che transitano per il Golfo di Aden, e che sono circa ventimila ogni anno, devono dotarsi di una serie di dispositivi, contratti e assicurazioni e questo fa lievitare molto i costi di gestione delle imbarcazioni.

D. - C’è un legame tra il cambiamento climatico che sta interessando l’Africa e la sicurezza internazionale?

R. - Il cambiamento climatico è un flagello che si abbatterà sull’Africa. Si prevede che questo continente sarà il più colpito dagli effetti dallo stravolgimento degli ecosistemi naturali, proprio perché per il 75% le economie africane dipendono dall’agricoltura. L’innalzarsi del livello dei mari e la siccità colpiranno fortemente il settore rurale creando instabilità sociale e insicurezza alimentare. Il dramma della carestia ha colpito addirittura regioni un tempo prospere, come il Senegal e il Sudafrica. Il diffondersi delle carestie in Africa rappresenta una minaccia anche per l’Europa e per gli altri Paesi occidentali. L’insicurezza alimentare provoca, infatti, un aumento di sommosse e disordini politici, a livello locale, e un conseguente incremento dell’emigrazione clandestina, sulla scena internazionale. Si è calcolato che negli ultimi dieci anni circa un milione di immigrati clandestini hanno trovato il modo di entrare in Europa e se non si interviene a monte, nella tutela dell’ecosistema rurale locale africano e nella promozione del settore agricolo, ci si troverà a fronteggiare dei flussi sempre maggiori di clandestini che arrivano in Europa. L’attuale tendenza dell’Unione Europea, di “chiusura” nei confronti dell’immigrazione, non rende più sicure le sue frontiere; al contrario, la politica dei respingimenti produce un incremento dei traffici criminali, in quanto questa gente, che in Africa non ha di che vivere, cercherà ad ogni costo il modo per giungere, illegalmente, in Europa.








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