Democratizzazione, sviluppo economico e migrazioni in Africa. Le conquiste dell'ultimo
ventennio
Un clima di pace e il perseguimento della giustizia sono condizioni imprescindibili
per lo sviluppo politico dell’Africa. A quindici anni dal primo Sinodo per l’Africa,
i Padri Sinodali tornano a riunirsi per la seconda Assemblea dei Vescovi africani,
che si terrà in Vaticano dal 4 al 25 ottobre proprio sui temi della riconciliazione,
della giustizia e della pace. A partire dagli anni Novanta, molti Stati africani hanno
intrapreso un cammino di emancipazione dalle dittature e ogni volta che è stata coinvolta
nelle dinamiche di transizione politica, la Chiesa si è fatta promotrice delle istanze
democratiche. Sugli effetti delle riforme liberali introdotte nel continente, Silvia
Koch ha intervistato Pratibha Thaker, membro dell’Economist Intelligence
Unit. Ascolta l'intervista doppiata, in versione italiana e inglese:
D. - Come
giudica le riforme democratiche applicate dalla maggioranza dei governi africani negli
ultimi venti anni?
R. - Nell’ultimo decennio ci sono state elezioni
libere in tutta una serie di Paesi. Per rendersi conto della portata delle innovazioni
democratiche, basti considerare alcuni dati relativi al passato: durante gli anni
Sessanta si sono contati ventuno colpi di stato nel continente, diciotto negli anni
Ottanta e non più di cinque nella fase di passaggio dal 1990 al 2000. In molti paesi
è stato intrapreso un processo di riforma del quadro istituzionale e, se venticinque
anni fa solo quattro regimi potevano dirsi “democratici” (Senegal, Botswana, Zimbabwe
e Mauritius), oggi sono 45 i governi eletti con un sistema multipartitico. Infine,
ricordo che un importante momento di cesura nella storia della democratizzazione africana
è stata la fine della guerra civile in Angola.
D. - Gli effetti positivi
di questa generale ventata di democratizzazione arrivano facilmente alle popolazioni,
alla gente comune?
R. - Sicuramente i cambiamenti democratici si riflettono
in ambiti diversi e numerosi fattori, dallo sviluppo economico alla graduale liberalizzazione
politica, ne sono conseguenza ed espressione. In particolare, negli ultimi dieci anni
numerosi investitori cinesi si sono fatti avanti sulla scena africana e questa presenza
asiatica sta influenzando molto l’economia interna del continente.
D.
- Come mai solo negli ultimi anni si è iniziato a parlare in maniera costante di pirateria?
È, questo, un fenomeno nuovo nelle relazioni internazionali?
R. - Quella
della pirateria è una grossa problematica internazionale che ha radici profonde, nonostante
se ne parli, è vero, solo da poco. È un traffico che coinvolge il mondo intero in
quanto, per contrastare la pirateria, tutte le navi che transitano per il Golfo di
Aden, e che sono circa ventimila ogni anno, devono dotarsi di una serie di dispositivi,
contratti e assicurazioni e questo fa lievitare molto i costi di gestione delle imbarcazioni.
D.
- C’è un legame tra il cambiamento climatico che sta interessando l’Africa e la sicurezza
internazionale?
R. - Il cambiamento climatico è un flagello che si abbatterà
sull’Africa. Si prevede che questo continente sarà il più colpito dagli effetti dallo
stravolgimento degli ecosistemi naturali, proprio perché per il 75% le economie africane
dipendono dall’agricoltura. L’innalzarsi del livello dei mari e la siccità colpiranno
fortemente il settore rurale creando instabilità sociale e insicurezza alimentare.
Il dramma della carestia ha colpito addirittura regioni un tempo prospere, come il
Senegal e il Sudafrica. Il diffondersi delle carestie in Africa rappresenta una minaccia
anche per l’Europa e per gli altri Paesi occidentali. L’insicurezza alimentare provoca,
infatti, un aumento di sommosse e disordini politici, a livello locale, e un conseguente
incremento dell’emigrazione clandestina, sulla scena internazionale. Si è calcolato
che negli ultimi dieci anni circa un milione di immigrati clandestini hanno trovato
il modo di entrare in Europa e se non si interviene a monte, nella tutela dell’ecosistema
rurale locale africano e nella promozione del settore agricolo, ci si troverà a fronteggiare
dei flussi sempre maggiori di clandestini che arrivano in Europa. L’attuale tendenza
dell’Unione Europea, di “chiusura” nei confronti dell’immigrazione, non rende più
sicure le sue frontiere; al contrario, la politica dei respingimenti produce un incremento
dei traffici criminali, in quanto questa gente, che in Africa non ha di che vivere,
cercherà ad ogni costo il modo per giungere, illegalmente, in Europa.