2009-09-17 15:21:59

Rapporto-Proposta della Cei sulla sfida educativa da oggi nelle librerie


''Nel nostro tempo, l'educazione è diventata, in maniera nuova, un problema. Soprattutto, sono diventati più incerti e problematici i rapporti tra le generazioni, in particolare riguardo alla trasmissione dei modelli di comportamento e di vita”. E' quanto scrive il cardinale Camillo Ruini, presidente del Comitato Cei per il progetto culturale, nella prefazione del Rapporto-Proposta dal titolo 'La sfida educativa'. Al centro del volume, da oggi nelle librerie, la necessità di affrontare concretamente l’emergenza educativa, creando una solida alleanza e promuovendo una collaborazione a tutto campo anche con i non credenti. Il Rapporto-Proposta sarà prersentato a Roma il prossimo 22 settembre. Il servizio di Cecilia Seppia.RealAudioMP3

 
Da un lato fare luce sulla crisi e la debolezza dell’educazione e della formazione che caratterizzano la nostra società, dall’altro fornire risposte concrete per superare quella che sempre di più si pone come una vera emergenza. Questi gli obiettivi del Rapporto-Proposta del Comitato per il progetto culturale della Conferenza episcopale italiana, da oggi in tutte le librerie. Una fotografia della situazione educativa in Italia che tiene conto dei problemi ma anche delle risorse, incoraggiando un ritorno all’intelligenza, ai valori, al raggiungimento del bene comune. “Educare, sottolinea il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei, vuol dire accompagnare ciascun individuo, lungo tutta la sua esistenza, nel camino che lo porta a diventare persona, ad assumere quella forma per cui un uomo è autenticamente uomo”. Nella crisi epocale che travolge la scuola, i maestri, la tradizione diventa perciò prioritario un processo umano e globale, che lungi dal creare "buoni cittadini o solo buoni cattolici - spiega il cardinale Camillo Ruini - presidente del Comitato, sappia invece creare uomini veri". Per far questo però non basta una trasmissione tecnica di saperi e abilità, occorre invece, secondo le parole del porporato, un lavoro complesso, concreto che miri a ricostruire un ideale antropologico oggi perduto, una storia e una cultura di cui dobbiamo farci carico - con la nostra libertà, ricordandoci che per essere liberi occorre soprattutto sapere, ma solo l’educazione ben riuscita ci garantisce il retto uso della libertà. Perché questo si realizzi, come emerge dalle pagine del rapporto, bisogna infine creare una sorta di alleanza per l’educazione che sappia coinvolgere il maggior numero di interlocutori, in tutti quei luoghi, come la scuola, la famiglia, il lavoro in cui la difesa e l’implementazione di questo bene pubblico, è fondamentale.

 
Sui contenuti e le finalità del Rapporto-Proposta “La sfida educativa”, Emanuela Campanile ha sentito Ernesto Diaco, vice responsabile del progetto: RealAudioMP3

R. – L’obiettivo è quello di provocare una riflessione ulteriore sulle cause ma anche sulle direzioni che dobbiamo intraprendere per affrontare questa sfida, questa questione educativa. Se ne parla spesso in termini di un’emergenza – forse anche con un allarmismo un po’ esagerato – però raramente si va oltre un’analisi, magari anche la messa in luce di alcune contraddizioni, di alcuni fenomeni spiacevoli della nostra società. Il Rapporto-Proposta tenta d’indicare alcune direzioni, non è solo un’analisi con dei dati.

 
D. – Chi sono gli attori principali di questo Rapporto-Proposta?

 
R. – Non si ferma solo a ragionare di famiglia, di scuola e di comunità cristiana, ma si parla di educazione in termini del mondo del lavoro, dell’impresa. Si parla di educazione ragionando di consumi, di spettacolo, ovviamente anche di mezzi della comunicazione e di sport. Si cercano di vedere tutti gli elementi in gioco nel processo educativo, anche quelli che talvolta vengono sottovalutati.

 
D. – Il ruolo della comunità cristiana qual è?

 
R. – La comunità cristiana ha un patrimonio educativo straordinario, talvolta forse da riscoprire e da aggiornare. C’è una responsabilità a suscitare nuove educazioni vocative. Questo, forse, è quello che la comunità cristiana, oggi, può maggiormente fare non solo per stessa ma per il Paese.

 
L’educazione è dunque un bene pubblico che va difeso in ogni ambito. Ma per quale motivo spesso prevale una forma di indifferenza generalizzata nei confronti di un’emergenza, di una sfida prioritaria e ineludibile? Emanuela Campanile lo ha chiesto a Mario Pollo, docente di pedagogia generale e sociale della Facoltà di Scienze della Formazione alla Lumsa di Roma:RealAudioMP3

R. – Spesso noi viviamo troppo centrati sul consumare il presente, sul vivere su ciò che il momento offre dimenticando la dimensione progettuale che è tipica della condizione umana: dimentichiamo che l’uomo deve vivere e sviluppare se stesso secondo un progetto. E si pensa invece che la persona si sviluppi più per occasioni, per accadimenti contingenti che, piuttosto, per un’azione che segue una linea progettuale. Allora, la crisi profonda della progettualità che vive la nostra cultura, mette anche in crisi il concetto di educazione.

 
D. – L’educazione è un qualcosa che nasce – suppongo – da una collaborazione. Chi sono gli attori principali che dovrebbero coalizzarsi perché l’emergenza educativa non sia più emergenza?

 
R. – Oggi l’educazione non è più inscrivibile solo all’interno della famiglia o della scuola, dell’associazionismo, della Chiesa: cioè, delle tradizionali istituzioni educative. Ma deve espandersi all’intera vita sociale, cioè, la società deve diventare una società educante. Questo è un vecchio tema della pedagogia sociale che era quello di fare in modo che la società diventi educante. Quindi, accanto all’azione degli educatori tradizionali, classici, la comunità locale dovrebbe sviluppare attività, azioni, luoghi che favoriscano l’educazione delle nuove generazioni.

 
D. – Forse gli stessi adulti dovrebbero essere educati ... perché, si pensa sempre ai più giovani, però i giovani sono educati dagli adulti …

 
R. – Il problema è che noi oggi siamo di fronte a molti adulti infantili, cioè adulti che non hanno maturato la loro “adultità” e quindi, ad esempio, il senso profondo di responsabilità nei confronti delle nuove generazioni, la capacità – ad esempio – di sottomettere i loro impulsi ad un piano dei valori, alla capacità di vivere la sofferenza, il dolore, la sconfitta … cioè, adulti che abbiano elaborato profondamente la propria “adultità”! E quindi, occorre un’azione che aiuti gli adulti a conquistare la propria “adultità”. Però, c’è un vantaggio: che se un adulto si mette a servizio dell’educazione, si impegna nell’educativo, mentre aiuta il giovane a crescere sviluppa anche la propria “adultità”. Quindi, l’educazione è un luogo in cui l’adulto può aiutare il giovane a crescere ma può diventare egli stesso più adulto. (Montaggio a cura di Maria Brigini)







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