Proseguono i combattimenti a Mogadiscio tra i guerriglieri islamici shabaab e le forze
governative, appoggiate da una missione dell’Unione africana. Negli ultimi quattro
mesi, i morti sono stati centinaia e gli sfollati hanno raggiunto quota 250.000. Da
Mogadiscio, Matteo Fagotto: La città assediata
dalle milizie islamiche dello Shabaab e abbandonata da più di metà della popolazione
sta vivendo il Ramadan più sanguinoso degli ultimi vent’anni. Solo nell’ultima settimana
i morti sono stati più di 40, per la maggior parte donne e bambini, vittime di una
guerra senza quartiere che non risparmia nessuno. Devastata da quasi vent’anni di
guerra civile, alla mercé di bande e di rapitori pronti a vendersi al miglior offerente,
Mogadiscio assomiglia sempre più a una città fantasma. Alle quattro del pomeriggio
i negozi chiudono e la gente si rintana in casa lasciando le strade in mano alle milizie
islamiche che si contendono i quartieri a colpi di kalashnikov e rpg. Da una parte
all’altra della Makkah Al Mukarramah, la strada principale che
taglia la città da nord a sud, lo Shabaab e le truppe del governo di transizione si
scontrano per il controllo delle aree vitali di Mogadiscio: porti, aeroporti e linee
di rifornimento che le autorità somale mantengono a fatica, grazie anche al supporto
dei cinquemila uomini della missione di pace dell’Unione africana. Senza il supporto
economico della comunità internazionale, senza un esercito e con una marina costretta
a operare senza navi, il governo di transizione è in difficoltà contro una ribellione
islamica che diventa ogni giorno più forte e aggressiva. Ormai apertamente affiliato
ad Al Qaeda, lo Shabaab mira a rovesciare il presidente Sheikh Sharif e fare della
Somalia una testa di ponte per la creazione di un regno islamico nel Corno d’Africa
dove addestrare martiri e terroristi, una minaccia che molti somali sperano stimoli
la comunità internazionale a interessarsi a una crisi che non conosce fine, costata
la vita a più di un milione di persone.