Usa: sulla riforma sanitaria, Chiesa e pro-life chiedono il rispetto della vita
Da domani le associazioni pro-life hanno in programma di inondare letteralmente il
Congresso per 48 ore di messaggi che mettano in chiaro che cosa renderebbe giusta
la riforma sanitaria. A Capitol Hill - dopo una breve pausa estiva caratterizzata
da dibattiti molto accesi sul tema - è ricominciata la discussione del testo della
riforma. Durante il suo intervento del 9 settembre scorso davanti al Congresso, il
presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha promesso che l’aborto non sarà finanziato
con fondi federali. Una promessa apprezzata anche dalla Chiesa cattolica, che chiede
il rispetto della vita dal suo concepimento. A non lasciare tranquilli i movimenti
pro-life, però, è che nel testo attualmente in discussione, il 3200, non c’è traccia
dell’esclusione dell’aborto dai servizi finanziati dalla sanità pubblica del futuro.
E gli emendamenti per inserirla come clausola sono finora stati respinti. Anche i
vescovi statunitensi stanno tenendo sotto strettissima osservazione la riforma: la
sanità deve essere garantita a tutti e la vita e la dignità di ogni persona umana
va rispettata. E i presuli non stanno perdendo occasione per ribadilrlo. Il vescovo
di Tucson, Gerald Frederick Kicanas, vicepresidente della Conferenza episcopale degli
Stati Uniti, citato dall’Osservatore Romano, ha spiegato che “la complessità delle
proposte per riformare il sistema sanitario negli Stati Uniti ha causato grande confusione
e preoccupazione”, sottolineando che la Chiesa è “profondamente preoccupata, in particolare
per i poveri e le persone comunque vulnerabili”. Sull’aborto poi il presule aveva
ribadito che “nessuna legge dovrebbe costringere qualcuno a pagare per la distruzione
della vita”. E lo stesso vescovo ha sostenuto la necessità che i cattolici si mobilitino
in attesa del varo definitivo della riforma. A luglio il vescovo di Rockville Centre,
William Francis Murphy, presidente della Commissione episcopale sulla giustizia interna
e lo sviluppo umano, aveva scritto in una lettera al Congresso che “una sana riforma
sanitaria che rispetti la vita e la dignità di tutti è un imperativo morale e un fondamentale
dovere nazionale". Prima di lui già il presidente del Comitato per le attività pro-life
della Conferenza episcopale, il cardinale Justin Francis Rigali, arcivescovo di Philadelphia,
aveva scritto a una commissione del Congresso e l’arcivescovo di Boston, il cardinale
Sean Patrick O'Malley, aveva messo in chiaro che “i vescovi sono desiderosi di supportare
un piano per l’assistenza sanitaria universale” ma che non sosterranno mai un piano
che "possa aprire la strada agli aborti in futuro". (V.F.)