Gli Usa pronti a colloqui diretti con la Corea del Nord. L'Iran non rinuncia al nucleare
Gli Stati Uniti sono pronti a colloqui diretti con la Corea del Nord sul nucleare.
Lo ha detto un portavoce del Dipartimento di Stato americano. Scopo dei colloqui è
convincere Pyongyang a tornare ai negoziati con il 5+1, fermi da aprile. Intanto il
presidente iraniano Ahmadinejad si è detto pronto a negoziare con le potenze mondiali
sui temi internazionali, ma non sul diritto di Teheran al nucleare. Sul futuro scenario
internazionale in tema di disarmo nucleare, Alessandra De Gaetano ha raccolto
il commento di Ahmad Rafat, giornalista iraniano, già presidente della Stampa
Estera in Italia:
R. – Io
credo che la riconferma di Ahmadinejad da parte di Khamenei come presidente della
Repubblica è un po’ una riconferma della sua politica estera, cioè un affrontare l’Occidente
a muso duro su questa vicenda nucleare. Pertanto credo che non ci sarà nessuno sviluppo
positivo, ma l’Europa andrà verso l’inasprimento delle sanzioni, perchè a livello
internazionale c’è il veto russo-cinese e pertanto alla fine si arriverà ad una situazione
di scontro aperto con sviluppi che potrebbero anche essere drammatici.
D.
– Come valuta la richiesta dell’Unione Europea di un incontro urgente tra le autorità
di Teheran e le potenze del 5+1? Quali potrebbero essere i risultati?
R.
– Se nessuna delle due parti cambierà posizione non potrà dare alcun risultato, perché
l’Europa chiede la sospensione e l’Iran dice che non discute di questo. Pertanto è
una riunione inutile, salvo che l’Europa accetti il programma nucleare iraniano oppure
l’Iran rinunci al programma nucleare, che a me pare impossibile: sia una soluzione
che l’altra.
D. – Quale sarà, secondo lei, il futuro
scenario internazionale, dopo la scelta dell’Unione Europea di procedere senza Russia
e Cina all’inasprimento delle sanzioni contro l’Iran?
R.
– Le sanzioni, se non sono rispettate da tutti e condivise da tutti, dimostra l’esperienza
del passato che non diano grandi risultati. Ci sarà una riduzione dei rapporti commerciali
tra l’Europa e l’Iran e un’estensione di questi rapporti con Cina, Russia ed altri
Paesi.
D. – Gli Stati Uniti
stanno spingendo per una risoluzione sul disarmo nucleare, che dovrebbe essere discussa
il 24 settembre al Palazzo di Vetro e, il prossimo appuntamento, anche al G20 di Pittsburgh.
Quali saranno, secondo lei, le prossime sfide?
R.
- Io credo che il mese di settembre si deciderà come comportarsi con l’Iran: in maniera
unitaria e dura oppure in una maniera divisa, ognuno a modo suo.
Israele-Libano “Israele
non si tirerà indietro davanti agli attacchi”. Lo ha detto il premier israeliano,
Benjamin Netanyahu, sul lancio di missili dal Libano verso la Galilea, avvenuto venerdì.
Netanyahu è volato al Cairo per discutere con il presidente egiziano, Hosni Mubarak,
degli ultimi sviluppi del processo di pace in medio oriente. Prima della ripresa dei
colloqui di pace con i palestinesi, ha detto, c’è ancora lavoro da fare. Oggi l’inviato
di Washington per il Medio Oriente, George Mitchell, è arrivato in Israele, dove incontrerà
il presidente israeliano, Shimon Peres, che proprio questa mattina ha lasciato l’ospedale
Tel Hashomer di Tel Aviv. Il premio Nobel 86enne era stato tenuto una notte sotto
osservazione dopo essere svenuto ieri durante un comizio. I medici hanno dichiarato
che dagli esami clinici non risulta alcuna causa particolare del malore: non si è
trattato, hanno specificato, “né di crisi cardiaca né di ictus”.
Stati
Uniti - Riforma sanitaria Negli Stati Uniti, per la prima volta dalla sua elezione,
una grande folla è scesa in piazza per manifestare contro il presidente, Barack Obama,
e la sua riforma sanitaria. I manifestanti lo accusano di “statalismo”. Valentina
Fizzotti
“La
riforma sanitaria di Obama mi farà ammalare”, c’era scritto su uno dei cartelli sollevati
dalle decine di migliaia di persone che ieri a Washington hanno marciato dalla Casa
Bianca alla sede del Congresso americano. Per chi protesta, accusando il governo di
guardare addirittura al socialismo sovietico o cubano, la riforma che punta a offrire
assistenza al 97 per cento degli americani costa troppo e peserà tutta sulle tasche
dei contribuenti: “Nati liberi, tassati a morte”, scandiscono i manifestanti davanti
a Capitol Hill. Intanto a Minneapolis il presidente difendeva la sua riforma davanti
a una platea di 15mila sostenitori. Obama ha detto non accetterà lo status quo, “non
questa volta”: la riforma, ha messo in chiaro, resta la sua priorità e non permetterà
che le cose restino come sono. La Chiesa cattolica americana, che ha chiesto più volte
una riforma che garantisca l’assistenza per tutti e il rispetto della vita, aveva
apprezzato il discorso pronunciato mercoledì da Obama davanti al Congresso, in cui
il presidente ha promesso che nessun finanziamento federale andrà all’aborto. Le polemiche
sul tema, però, non si placano: i gruppi antiabortisti temono che l’interruzione di
gravidanza resti inserita nei servizi sanitari offerti dallo Stato come nella bozza
presentata. E la tensione resta molto alta: venerdì un attivista pro-life è stato
assassinato mentre stava manifestando davanti a una scuola del Michigan.
Italia
Si sono chiusi oggi a Chianciano Terme gli Stati generali dell’Udc. Nel suo
intervento conclusivo il leader Pieferdinando Casini ha rilanciato il progetto di
un nuovo partito di centro, allargato ai moderati insoddisfatti del bipolarismo. Significative
le convergenze con il presidente della Camera Fini che ieri ha duramente polemizzato
a distanza con il leader della Lega soprattutto sul tema immigrazione. Servizio di
Giampiero Guadagni.
Da
una parte le continue tensioni tra i cofondatori del Pdl Berlusconi e Fini; dall’altra
le forti fibrillazioni nel Pd in vista del congresso. Nella politica italiana sembrano
dunque potersi aprire scenari nuovi. L’Udc si propone allora come forza di cambiamento
e accelera la costruzione del Grande Centro. Rifiutando, in vista delle regionali
di marzo, tutte le offerte di alleanze organiche. L’ultima, questa mattina, dal segretario
del Pd Franceschini, al quale Casini risponde: non si possono fare accordi solo per
mandare a casa Berlusconi. La pensa così anche Francesco Rutelli, che a Chianciano
si è mostrato sensibile ai movimenti al centro perché preoccupato di un eventuale
spostamento a sinistra del Pd. L’attacco più duro di Casini è a Bossi, che agita lo
spauracchio delle elezioni anticipate nel caso qualche alleato volesse fare a meno
della Lega. Il leader Udc risponde: noi siamo pronti alle urne, ma in Parlamento c’è
una maggioranza ampia che non intende piegarsi ai continui ricatti del Carroccio.
In questo senso c’è una sostanziale sintonia, dopo la rottura dei mesi scorsi, con
il presidente della Camera Fini. Che ieri, in un discorso più volte applaudito dalla
platea centrista, è tornato a polemizzare con la Lega sul tema immigrazione, sottolineando
che accanto ai doveri vanno anche riconosciuti i diritti. Fini ha poi auspicato il
superamento dell’antistorica contrapposizione tra laici e cattolici: l’occasione,
dice, può essere il dibattito a Montecitorio sul testamento biologico. Fini ha poi
difeso il bipolarismo, osteggiato dall’Udc, ma ha riconosciuto i limiti di quello
italiano. E ha sollecitato la costruzione di una democrazia rappresentativa e governante.
Un tema caro anche al capo dello Stato Napolitano. Che, ricevendo ieri i presidenti
delle Camere dei Paesi del G8, ha ribadito il ruolo insostituibile del Parlamento.
Stenta
a decollare la sanatoria per colf e badanti in Italia "A piu' di dieci giorni
dall'inizio della regolarizzazione di colf e badanti extracomunitari senza permesso
di soggiorno, i numeri forniti dal Ministero dell'Interno deludono le aspettative”.
Lo sostiene l'Associazione nazionale datori di lavoro domestico, che denuncia soprattutto
una forte preoccupazione da parte delle famiglie italiane, a fronteggiare le spese
richieste per la sanatoria. Ce ne parla Cecilia Seppia.
La sanatoria
per colf e badanti stenta a decollare. Secondo i dati forniti dal Ministero dell’Interno
infatti a fronte delle 750 mila domande previste, sarebbero ad oggi solo 46 mila le
richieste inviate dai datori di lavoro per mettere in regola collaboratori domestici.
Il Viminale parla di una partenza lenta ma confida in una rapida ripresa a fine mese,
per l’opposizione si tratta di un provvedimento che non prende in considerazione i
reali bisogni delle famiglie. La mancata corsa in ogni caso potrebbe dipendere da
diversi fattori, come spiega Liliana Ocmin segretario confederale
della Cisl:
“Sostanzialmente i problemi sono due. Da un lato, il requisito
per l’assunzione delle collaboratrici familiari: oggi viene richiesto il reddito di
20 mila euro. Dall’altro, il datore di lavoro fa un poco i conti, perché non sono
soltanto i 500 euro forfettari cui deve far fronte, ma anche i contributi pregressi
e successivi. Quindi, si deve anche considerare il budget che poi comporterà mensilmente,
più il vincolo di minimo 20 ore. Un altro particolare sulle colf è se svolgono lavori
ad ore in diverse famiglie. Quindi, concilia anche con l’esigenza economica, perché
non è detto che mi debbano per forza servire quattro ore al giorno, posso anche fare
in modo diverso, in maniera da contenere i costi e nello stesso tempo metterla in
regola”.
Cifre alla mano, comunque per i sindacati si tratta di una
legge inadeguata che penalizza le categorie più deboli, ancora Liliana Ocmin:
“Sarebbe
importante anche dare delle agevolazioni, affinché le stesse non gravino sulla famiglia.
Proviamo a pensare che chi ne avrà più bisogno sicuramente sono gli anziani a basso
reddito, potrebbero anche essere delle madri sole o delle persone in situazioni più
difficili, della gente meno abbiente. Non si può dare una risposta solo a coloro che
se lo possono permettere, perché non si tratta di un lusso”.
L’universo
sommerso dei lavoratori stranieri pagati in nero rischia dunque di rimanere tale,
ma intanto il governo promette assistenza alle famiglie e maggiore chiarezza sulla
tempistica e i procedimenti per la regolarizzazione di colf e badanti.
Terremoto
in Venezuela Alle 3.40 ora locale un terremoto di magnitudo 6,4 ha colpito
il Venezuela. Sette persone sono rimaste ferite nel crollo di diverse costruzioni
alla periferia della capitale, Caracas. Il terremoto, il più forte in America Latina
degli ultimi anni, secondo gli esperti, ha lasciato alcune aree senza elettricità.
Secondo il Geological Survey statunitense l’epicentro della scossa è stato localizzato
in mare, a 23 a nordest di Puerto Cabello, uno dei principali porti petroliferi della
nazione. Il responsabile dei servizi di emergenza venezuelani, Luis Diaz Curbello,
ha detto che il terremoto è stato avvertito in tutto il Paese, ma che lo Stato più
colpito è quello di Falcon. Non ci sarebbero danni agli impianti petroliferi.
E’
morto Norman Borlaug A 95 anni è morto in Texas il premio Nobel per la Pace
Norman Borlaug, l’agronomo inventore della “rivoluzione verde”. Lo scienziato fu premiato
dall’Accademia di Stoccolma nel 1970 per aver combattuto con le sue scoperte la fame
nel mondo. Le sue ricerche si erano concentrate sulle coltivazioni ad alto rendimento
nel Terzo mondo.
Cuba - Almeida E’ morto ieri all’Avana per una crisi
cardio-respiratoria il numero tre del regime, Juan Almeida Bosque, il “comandante
poeta” della rivoluzione. Il vicepresidente del Consiglio di Stato e membro del Politburo
del comitato centrale del Partito Comunista Cubano aveva 82 anni. Il governo cubano
ha ricordato come Almeida “fu sempre in prima linea nei combattimenti al fianco del
capo della rivoluzione” e ha proclamato per domani una giornata di lutto nazionale.
Nel rispetto delle sue stesse volontà, la sua salma non sarà esposta e il comandante
sarà sepolto con gli onori militari nel mausoleo del III Frente Oriental Mario Munoz
Monroy.
Afghanistan L’esercito afghano ha fatto sapere che decine
di talebani sono morti in uno scontro nella provincia occidentale di Farah. La battaglia
è iniziata dopo l’uccisione, da parte dei miliziani, di tre soldati americani e sette
afghani in un’imboscata. Intanto l’agenzia di stampa Ap riferisce un’indiscrezione
del Pentagono secondo la quale Washington annuncerà ufficialmente l’avvio di un nuovo
programma che permetterà ai prigionieri dell’esercito statunitense in Afghanistan
di difendersi. I detenuti nel carcere militare di Baghram avranno diritto a un difensore
d’ufficio e la possibilità di presentarsi di fronte a un nuovo comitato del riesame.
Kazakhistan Almeno 38 persone sono morte nell’incendio divampato
nel sud est del Kazakhistan in una clinica di riabilitazione per le tossicodipendenze.
Le autorità hanno fatto sapere che 40 persone fra medici e pazienti sono state messe
in salvo. Il ministro per le Emergenze ha dichiarato che negli ultimi 8 mesi del 2009
ci sono stati quasi 10mila incendi in Kazakhistan, spesso causati dalle violazioni
delle norme sulla sicurezza.
Hong Kong- Cina A Hong Kong i giornalisti
sono scesi in piazza per protestare contro Pechino e chiedere il rispetto della libertà
di stampa. La polizia cinese è accusata di aver maltrattato e fermato tre reporter
televisivi che filmavano le recenti proteste nella provincia occidentale dello Xinjiang.
Zimbabwe Il
presidente dello Zimbabwe, Robert Mugabe, si è detto soddisfatto dei colloqui con
l’Unione Europea appena conclusi ad Harare, i primi in 7 anni. L’Europa ha però chiarito
che non è ancora arrivato il momento di eliminare le sanzioni contro lo Zimbabwe e
che il processo delle riforme nel Paese è ancora troppo lento. Intanto il premier
del governo di unità nazionale, il leader dell’opposizione Morgan Tsvangirai, ha rassicurato
il suo partito, il Movimento per un cambiamento democratico (Mdc), sul peso reale
del suo ruolo all’interno dell’esecutivo, creato dietro pressioni internazionali per
risolvere la crisi politica nel Paese. (Panoramica internazionale a cura di Valentina
Fizzotti) Bollettino del Radiogiornale della Radio
Vaticana Anno LIII no. 256
E' possibile ricevere gratuitamente,
via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La
richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.org/italiano.